PALERMO. È stato considerato, per anni, un pericolo per l’uomo.

Lui è il «temibile» Gongilo, meglio conosciuto dai siciliani come «Tiro» o anche «Tira ciautu», una specie, come spiegano gli zoologi, del tutto innocua, ma importantissima per gli ecosistemi.

«Si tratta di un piccolo rettile che si nutre di invertebrati – spiega Gabriele Giacalone, zoologo della Cooperativa Silene -. Le sue abitudini sono elusive, ma ricopre un ruolo fondamentale negli ecosistemi poiché rappresenta un importante anello della catena alimentare, che funge sia da predatore che da preda.

Inoltre, il Gongilo, come anche altre specie di rettili, favorisce la dispersione di alcune piante come il fico d’India. Nelle zone ad elevata aridità, infatti, durante la stagione secca, questo piccolo rettile si nutre anche dei frutti delle piante succulente, come appunto il fico d’India, che risultano essere un’importante fonte di approvvigionamento idrico. L’ingestione e la successiva espulsione dei semi, attraverso le feci, fa sì che queste piante vengano disperse nel territorio aumentando, così, le loro capacità di colonizzazione. Questo meccanismo di dispersione dei semi ad opera dei nostri piccoli sauri è noto come saurocoria».

Predilige terreni sabbiosi e spesso lo si trova sotto pietre, cataste di legname o altri rifugi. Sebbene vi sia la credenza popolare che si tratti di una specie pericolosa o nociva per l’uomo, gli esperti assicurano che è tutto frutto di una fervida immaginazione. La specie, infatti, è molto timida e innocua.

A minacciare la sua tranquilla esistenza sono la frammentazione degli habitat, l’uso di pesticidi e sostanze chimiche in agricoltura, e l’uccisione da parte del gatto domestico.

«Probabilmente questa specie è arrivata in Sicilia dal Nord Africa – prosegue Giacalone – come “clandestino” in carichi di merci. La sua diffusione in Italia, oltre che la Sicilia, comprende anche la Sardegna e altre piccole isole». Il Gongilo, appartenente alla famiglia degli Scincidi, da adulto può raggiungere i 30 cm di lunghezza ma solitamente mantiene dimensioni più ridotte. È dotato di una testa piccola e un corpo cilindrico. Le zampe, estremamente ridotte, sono poco usate e, di solito si muove, serpeggiando.

«Nonostante sia un rettile, le femmine di queste specie danno alla luce dai tre ai dieci piccoli vivi. Sebbene la sua dieta non sia, del tutto, nota, sappiamo che preda vari artropodi, chiocciole ed altri invertebrati. È diurno e, se spaventato, scappa via tra le piante. Dove il clima lo impone, questa specie trascorre il letargo in appositi rifugi», conclude lo zoologo della Cooperativa Silene.

Un altro rettile leggendario, sull’Isola, è il Saettone occhi rossi, noto anche come colubro d’Esculapio. La fantasia popolare attribuisce a questi serpenti delle doti particolari. Secondo antichi racconti infatti questa specie sarebbe in grado di succhiate il latte dalle mammelle delle vacche, attorcigliandosi alle loro zampe posteriori. A causa di questa sua presunta abitudine viene chiamato in siciliano «Impasturavacche»: «Ovviamente nulla di tutto ciò è vero –conclude Giacalone – in quanto è anatomicamente impossibile che un serpente possa compiere un’azione del genere. Probabilmente, dato che la dieta di questo serpente include anche ratti e topi, ne fa un assiduo frequentatore di stalle e granai».

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