I cani milanesi non sono mai stati tanto chic. La loro eleganza, fatta di capi sartoriali cuciti con stoffe di pregio, è simile a quella della loro padrona. Il look degli amici a quattrozampe? Si abbina perfettamente a quello di chi tiene il guinzaglio. «Ma nel rispetto dell’animale» precisa Giovanna Temellini, creatrice del marchio Dog-à-porter che propone abbigliamento per cani con sei linee diverse per le varie razze (ogni tre mesi si aggiunge una razza in più), taglie che vanno dalla xxs alla xxl e un numero di cartamodelli, per l’outfit del bassotto come per quello del bulldog, che cresce di giorno in giorno. Sì, perché ogni morfologia ha le sue esigenze. Se la padrona indossa il cappottino nero in cashmere, anche il suo cane ha lo stesso indumento, con il medesimo tessuto. Stessa cosa se porta un giubbotto imbottito. Con una differenza: il cappuccio ha le orecchie. «Esternamente il capo è uguale, ma dentro è diverso — spiega Temellini — perché la stoffa a contatto con il pelo non deve dare problemi di confort. Abbiamo realizzato uno studio con veterinari o tolettatrici per capire quali tessuti utilizzare a contatto. Per esempio: il jersey va bene, mentre la fodera, ossia il poliestere, elettrica il pelo, per cui è stata scartata. Inoltre le fibre devono essere antibatteriche e anche in grado di isolare l’umidità che rimane all’esterno e non tocca la superficie dell’animale». I colori, poi seguono Pantone e le tendenze delle fashion week. «Adesso sono molto richieste le tinte di grigio, dal grigio chiaro all’antracite».

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Dog-à-porter e la seconda collezione (chic) per il cane
Gli inizi e lo sviluppo

Oltre alla bellezza del «dog dress», ogni capo è pensato dal marchio Dog-à-porter per far star bene l’animale.«La morfologia è uno studio continuo — aggiunge la creatrice — il cane deve essere libero di muoversi e di sporcarsi. Un cane di razza ha le misure standard, ma un meticcio, magari ha il collo più largo e va seguito con un su misura. In ogni modo, ogni indumento è testato per essere lavato in lavatrice, magari con il ciclo delicato per il cashmere». Ma come è nata la collezione? «La prima è stata lanciata un anno fa, ora siamo alla seconda… E tutto è nato da mia figlia che mi ha detto: “Mamma, non abbiamo niente per proteggere Willy (il cane, ndr.) dalla pioggia”. Da lì, ho perfezionato il primo prototipo e abbiamo avuto l’idea di proporre una collezione». Ora, il business non riguarda soltanto Milano. «Abbiamo clienti in Romagna e in Svizzera, siamo partiti con l’ecommerce e pensiamo di aprire una boutique nel centro di Milano». Per i cani più esigenti esistono anche gli accessori, come l’accappatoio e le cuffie per la pioggia. E per la cliente che cerca un look da grande serata si può pensare a una maglia in velluto elasticizzato. «Ok, il cane chic, ma sempre sobrio e nel rispetto dell’animale e delle sue esigenze: non è un bambolotto». Mentre per il gatto i primi capi sono previsti per Natale.

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