I gatti riconoscono i loro parenti? Questa la domanda posta negli ultimi giorni dal “National Geographic”. A rispondere è stato John Bradshaw, esperto del comportamento animale e docente presso la prestigiosa università inglese di Bristol. 

Intanto va fatta chiarezza su un punto: la maggior parte dei gatti non potrà mai riunirsi con padri e nonni. Le colonie feline infatti, spiega Bradshaw, sono basate sulla cooperazione multi generazionale fra femmine, nonne e i cuccioli. I gatti maschi non sono coinvolti nella crescita dei piccoli. 

“Una volta separati dalla madre – continua Bradshaw – i gattini sembrano perdere la memoria di lei abbastanza rapidamente ed è difficile che riescano a riconoscerla in un secondo momento”. In sostanza, dall’incontro con la madre o con la nonna, un gatto potrà riconoscere al massimo gli odori familiari, ma non certo avere un’idea di famiglia così come ce la immaginiamo noi. Si tratta di un meccanismo chiamato associazione primaria che, insieme con l’abbinamento per fenotipo, genera l’apprendimento di tratti familiari (come un odore sentito in giovane età appunto). Da lì si crea una linea temporale base con cui è possibile confrontare altri animali nel corso del tempo. 

Alcune specie hanno bisogno di riconoscere i parenti per sopravvivere e riprodursi. E’ il caso dello scoiattolo di terra del Belding che è in grado di identificare l’odore dei fratelli anche dopo mesi di separazione. Questa capacità è particolarmente importante per le sorelle, che si difendono insieme contro i predatori nella loro nativa California. Le gatte selvatiche, invece, sono in grado di riconoscere i loro parenti maschi e ciò serve loro per evitare l’accoppiamento. 

Anche immagini e suoni possono essere utilizzati per ricordare. I delfini, ad esempio, hanno l’incredibile capacità di memorizzare i fischi dei loro familiari anche per 20 anni. D’altronde, la loro straordinaria memoria è ben nota nel mondo animale. Gli studi hanno dimostrato che alcuni scoiattoli di terra riconoscono i parenti ma non reagiscono in modo molto vistoso. Una cosa simile succede anche ai gatti. Lo hanno affermato i ricercatori dell’Università di Tokyo, ma qualsiasi proprietario di gatto avrebbe potuto raccontarlo. Il micio riconosce la voce dell’amico umano, ma si comporta (quasi sempre) come se non gli importasse e non spreca energie scomponendosi per fare le feste o per obbedire a dei comandi. 

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