Li trovi nei vicoli del centro storico di Roma, acciambellati in Campidoglio o accanto alla Bocca della Verità. A raccontare la lunga storia d’amore tra la Capitale e i suoi felini è il libro edito da Newton Compton “I gatti di Roma”. Un romanzo a quattro mani scritto da Monica Cirinnà e Lilli Garrone, ovvero da una militante nel movimento animalista, la prima, e da una narratrice di storie feline, la seconda. Le autrici, partendo dal passato, svelano così le vite, le curiosità e le leggende dei gatti romani, perché gli abitanti a quattro zampe di Torre Argentina, della Piramide e persino della periferia della città, sono ormai un simbolo della Capitale, entrato a pieno titolo nell’immaginario collettivo: basti pensare ai calendari e cartoline che ritraggono i felini al sole su qualche monumento, panchina o cornicione, e che vanno a ruba nelle librerie o nelle edicole.

Nel libro si parte con la storia del primo gatto “romano de’ Roma”: di lui non si conosce il nome, ma si pensa che abitasse sulla Salaria, nella periferia nord, in una capanna protostorica di Fidene. Si tratta di un micio domestico a tutti gli effetti, che viveva in casa con i padroni, giocava con i bambini e amava stare accanto al fuoco. Il destino con lui fu crudele: mentre stava forse facendo le fusa, la capanna prese fuoco e per il povero animale non ci fu scampo. Tra i mici narrati, c’è poi il gatto di Tarquinia, un bel soriano acquattato in attesa di un boccone sfuggito ai commensali. Un felino etrusco ben pasciuto che si può vedere dipinto nell’antica Tomba del Triclinio. Ancora, si racconta di Iulius, il gatto del Foro che visse durante il regno di Augusto, e di Felicla, la micetta raffigurata in una stele funeraria a Porta Pia, fatta scolpire da una matrona. Nelle pagine del libro si legge infatti che il gatto, nella Roma antica, veniva considerato un compagno nella vita terrena, ma anche in quella oltre la morte.

E’ nella Roma Imperiale, che il felino conosce la definitiva consacrazione. In un tempio, dove oggi sorge la chiesa di Santo Stefano del Cacco, è stata rinvenuta una piccola statua di una gatta che si può ammirare sul primo cornicione di Palazzo Grazioli, in via della Gatta, appunto. Ma di storie feline, nel racconto di Cirinnà e Garrone, ce ne sono tantissime: è romano il randagio del celebre cartone animato della Walt Disney “Gli Aristogatti”, che cantava “se tanto me dà tanto godo e me ne vanto d’esse Romeo er mejo der Colosseo”! Dai protagonisti delle famose colonie della Capitale, ai singoli personaggi a quattro zampe, nel libro si narra la storia di Gregorio, detto anche “il miglior quirinalista accreditato a Roma”; di Balù il faraone, di Elsa, che si è perduta in metropolitana, e dei gatti del Romeow, il cat bistrot della Capitale gestito da Maurizio e Valentina.

E’ qui che ogni giorno Maos, Frida, Lamù, Irì, Nino e Romeo, tutti mici adottati dai proprietari del locale di Ostiense, ricevono a suon di fusa, i clienti del bistrot. Immancabile, nel volume, la parte dedicata ai personaggi più celebri di Roma, che in qualche modo hanno avuto a che fare con i felini: come il poeta Trilussa, che scrive in versi l’inno all’amore del gatto innamorato. Oppure Alberto Sordi, che nel famosissimo film “Un americano a Roma”, nei panni di Nando Mericoni, viene sorpreso nei pressi del Portico d’Ottavia mentre parla al “gatto mammone”. Una scena che è entrata a far parte della cultura romanesca! Ma la storia d’amore non è ancora finita, perché i romani continuano ad avere un’atavica passione per i mici: basti pensare, come si racconta nel libro, all’alta concentrazione di “gattare” che si registra nella Capitale, mamme di animali miagolanti che disseminano piatti di croccantini qua e là lungo le vie dell’Urbe.

Monica Cirinnà e Lilli Garrone “I gatti di Roma” (Newton Compton Editori; pp. 318; 12 euro)

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