Attenzione, bisogna distinguere tra animali selvatici, allo stato brado, selvaggi o rinselvatichiti, le differenze sono sostanziali. A mettere in guardia l’opinione pubblica da una confusione che non giova alla nostra fauna è Evelina Isola, naturalista.

Isola è una di quei fortunati che sono riusciti a fare della propria passione un lavoro. Genovese, laureata in Scienze naturali, con successivo dottorato in Scienze della Terra, si occupa di divulgazione scientifica e didattica ambientale, collaborando con parchi naturali, musei e acquari, tra cui anche l’Acquario di Genova. Insieme a un medico genovese consigliere comunale a Moneglia, Paola Marinari, negli anni scorsi ha lanciato il progetto “I cavalli selvaggi dell’Aveto-Wildhorsewatching” che fa di questi animali una risorsa ambientale e turistica.

Quelli dell’Aveto sono cavalli selvaggi, e gli altri animali selvaggi di cui si parla?

«Facciamo chiarezza – dice la naturalista – Selvatico è l’animale che appartiene a una specie non addomesticata. Caprioli, daini, cervi, lupi, volpi, per fare qualche esempio, sono selvatici. Le specie selvatiche sono indicate nella legge dell’11 febbraio 1992 “in materia di norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio” che ne regola la caccia. Si definiscono allo stato brado gli animali domestici che hanno un padrone e vengono lasciati, in gruppi più o meno numerosi, all’aperto, senza ricoveri, ma non perdono il contatto con l’uomo. Bovini e suini a volte sono allevati allo stato brado. Rinselvatichiti è il termine giusto per quegli animali che appartengono a specie domestiche ma, per diversi motivi, vivono liberi da più generazioni, hanno perso il contatto con l’uomo, presentano caratteristiche stabili e vivono in un’area definita. È il caso dei cavalli dell’Aveto, che noi chiamiamo “selvaggi” per usare un termine più suggestivo di “rinselvatichito”. Un caso non frequente».

Eppure animali selvaggi spuntano un po’ come funghi, anche in Liguria.

«Bisogna appunto vedere se hanno le caratteristiche di cui parlavo. I cavalli dell’Aveto vivono senza contatti con l’uomo da più di una quindicina d’anni, comprendono generazioni nate allo stato libero e hanno ripreso il modo di vivere del cavallo selvatico. E hanno trovato un habitat come quello del loro antenato selvatico, che in Europa si è estinto soltanto all’inizio del secolo scorso. Vivono in un’area ricca di vegetazione adatta ai loro bisogni e di acqua, abbastanza isolata, e lontana da strade a densa frequentazione. Tutto questo fa di loro degli animali rinselvatichiti o selvaggi, in grado di vivere in modo autonomo e senza creare problemi irrisolvibili».

Neri o bai, dal mantello marrone-rossiccio con criniera e coda neri, i cavalli selvaggi dell’Aveto grazie alle escursioni organizzate da Wildhorsewatching si possono osservare, non troppo da vicino e in silenzio, alle pozze d’acqua e ai ruscelli dove vanno a bere prima di nascondersi nelle faggete, al riparo dal caldo dell’estate e dagli insetti. Nelle ore fresche del mattino i puledri giocano e corrono sui prati. I più anziani erano rimasti senza proprietario, dopo avere lavorato nelle vallate. Lasciati allo stato selvatico, si sono riprodotti liberamente, il loro numero è passato da una decina di capi a una cinquantina. Le nuove generazioni non hanno mai avuto rapporti con l’uomo. La loro vita e il loro comportamento, secondo gli etologi, sono simili a quelli dei cavalli selvaggi d’America e della Mongolia. Come i loro antenati selvatici sono divisi in clan in cui uno stallone e una femmina hanno un ruolo dominante e a un certo momento giovani maschi e femmine lasciano il gruppo d’origine per andare a formarne di nuovi. Nel Parco dell’Aveto, ricco di vegetazione e di acqua e protetto, hanno trovato l’habitat ideale.

Il Parco dell’Aveto, nell’entroterra del Tigullio, tutela una delle zone più belle e significative dell’Appennino Ligure. Il territorio protetto, poco più di 3.000 ettari, interessa tre valli, la Val d’Aveto, la Val Graveglia e la Valle Sturla, che presentano ciascuna caratteri peculiari. La Val d’Aveto comprende paesaggi di alta montagna, pascoli ed estese faggete. I cavalli vivono tra i mille e i mille e seicento metri di altezza, spostandosi a seconda delle condizioni climatiche – gli ambienti variano dai prati e dai pascoli alle immense faggete, a zone umide palustri, lacustri e riparie – nutrendosi di erba e foglie di faggio. Qui leccano rocce ricche di minerali di cui hanno bisogno, mangiano, oltre all’erba, bacche e rametti che contengono vitamine e altre sostanze utili alla loro salute. Brucando vegetazione di scarsa qualità, rifiutata dai bovini, i cavalli migliorano la biodiversità. I continui spostamenti dei branchi permettono ai terreni dove pascolano di rigenerarsi periodicamente. Inoltre il territorio del parco dell’Aveto e delle zone limitrofe è così ampio che i cavalli non interferiscono con le altre specie animali, neppure con l’uomo. Un complesso di caratteristiche ambientali difficili da trovare tutte insieme altrove. Molti studenti in etologia equina e veterinaria arrivano in valle per studiare il comportamento in natura di questi animali. Ma anche appassionati di cavalli e di natura vengono a visitare il Parco sulle tracce dei cavalli selvaggi.

Wildhorsewatching offre la possibilità di scoprire angoli nascosti del nostro entroterra, trasformando in opportunità di crescita per la comunità locale ciò che alcuni avevano visto come un problema e proteggendo i cavalli selvaggi dall’intolleranza umana. Osservare i cavalli allo stato selvaggio è il modo migliore per comprendere il loro linguaggio e il loro comportamento sociale.

Di recente si è parlato di “vacche selvagge” tra Mele e Masone, nell’entroterra del Ponente genovese. Vederle è difficile, quasi impossibile perché vivono nei boschi e si spostano solo di notte ma sembra che siano almeno sei vacche e si siano già riprodotti. Ha raccontato la loro storia un gruppo di giovani con il cortometraggio “Vacche ribelli”, visibile anche online su Vimeo. Gli animali sono stati ripresi con video-trappole collocate nei boschi.

«Non ne so molto – dice Isola – per definire selvaggi questi bovini bisogna vedere se rispondono alle caratteristiche che ho elencato. Comunque i bovini non possono trovare qui l’habitat dei loro progenitori selvatici perché questi si sono estinti non pochi decenni fa come nel caso del cavallo ma almeno cinquemila anni fa. In natura, allo stato libero, sarebbero una specie alloctona. Si avrebbero anche problemi nella convivenza con l’uomo perché il bovino ha una modalità di pascolo che richiede il trasferimento da un’area all’altra: mentre il cavallo bruca l’erba spostandosi, e lascia quindi in vita la parte più bassa della vegetazione, il bovino bruca da fermo, se rimane per un certo tempo in un’area produce un vuoto, può quindi vivere allo stato brado ma per non danneggiare l’ambiente non deve perdere il contatto con l’uomo. Inoltre, come è noto, mentre il cavallo in caso di pericolo fugge, i bovini sono dotati di corna e se si sentono minacciati le usano. Tra l’altro non caricano soltanto i tori, possono farlo anche le vacche».

Altri animali rinselvatichiti presenti in Liguria sono alcuni cani: «Non sono numerosi, comunque si possono ibridare con i lupi e quindi rappresentano un pericolo per l’integrità di questa specie» – le capre a Portofino e Portovenere – «problematiche perché brucano strappando l’erba», e diversi volatili. Ma indubbiamente i cavalli dell’Aveto sono le star della nostra regione.

«Se la Liguria ha una specie scientificamente riconosciuta come rinselvatichita – osserva Isola – si valorizza una nostra tipicità. Ma non bisogna chiamare selvaggio qualsiasi animale libero. Facendo così si diffondono informazioni sbagliate, non è che un cavallo lasciato libero, cioè abbandonato, automaticamente diventi un bel cavallo selvaggio. E non dimentichiamo che l’abbandono di animali è un reato che non bisogna certo incoraggiare».

I cavalli dell’Aveto hanno anche i loro nemici: cacciatori, agricoltori che a volte subiscono danni dalla loro presenza. Il progetto Horsewatching finora è riuscito a difendere questi animali, anche per la notorietà che ha dato loro, ma occorrerebbe una normativa adatta. Purtroppo quella attuale non prevede l’esistenza di cavalli rinselvatichiti o selvaggi. Per la legge italiana il cavallo è un animale domestico da reddito e questo rende difficile risarcire agricoltori che abbiano subito danni dai cavalli dell’Aveto: gli indennizzi sono previsti per danni causati dai selvatici. E la normativa in questo ambito deve essere nazionale.

«La natura cambia – commenta Isola – e la normativa deve prendere atto dei cambiamenti. Per affrontare la presenza del cavallo in natura bisogna stabilire deroghe per popolazioni specifiche. La Regione potrebbe istituire un “santuario” per i cavalli selvaggi dell’Aveto ma occorre un intervento anche a livello nazionale».

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