UDINE. L’hanno coccolata, stretta tra le braccia, hanno giocato e interagito dandole da bere e da mangiare. I detenuti del carcere di Udine hanno ricevuto un’ospite particolare nei giorni scorsi. Si chiama Milka ed è un bovaro del bernese di 4 anni.L’animale è stata la grande protagonista del progetto “Mi curo di te”, l’intervento di assistenza che per la prima volta ha visto coinvolti i detenuti di via Spalato.Dieci gli incontri della durata di un’ora a cadenza settimanale con cinque detenuti in regime di semilibertà. A tenerli, con il supporto del Sert, è stata la coadiutrice del cane, Giorgia Cigui.«Sono state proposte attività di interazione guidata, attraverso le quali i partecipanti sono entrati in contatto con Milka: come dare un bocconcino, come fare le carezze e altro ancora». «Le persone coinvolte – aggiunge – sono state invitate a guardare, toccare, ascoltare l’animale e stimolate a descrivere le sensazioni provate e a distinguere le caratteristiche peculiari del cane. Hanno anche dato piccoli comandi, passeggiato e interagito con l’animale».«Il lavoro – spiega – si è concentrato molto sulle dimensioni di relazione di tipo biografico, ludico e sull’esercizio cognitivo. I detenuti hanno raccontato il loro rapporto con i bambini fin dall’infanzia. Lavorare su questo tipo di dimensione, ricordare le proprie esperienze con gli animali, fare auto narrazione o esercizi mnemonici aiuta il mantenimento o il recupero della memoria, facilita la costruzione del sé e comporta benefici a livello di socializzazione e comunicazione».Oltre agli esercizi mnemonici i detenuti hanno lavorato sui sensi, tatto-vista-udito, «al fine di stimolare – dice ancora Cigui – particolari emozioni. Lavorare sulla dimensione ludica, ossia giocare con l’animale, stare in una situazione di finzione, incoraggiarlo al gioco ha un effetto stimolante, aumenta l’integrazione e la partecipazione sociale ed è particolarmente indicata per le persone timide, demotivate, ansiose e per favorire la formazione di un gruppo omogeneo».E infine l’altro obiettivo: lavorare sull’autostima. «Svolgere delle attività o dei percorsi attraverso l’aiuto e l’alleanza con l’animale – spiega la coadiutrice –, rafforza l’autostima e permette di sperimentare nuove dimensioni identitarie. Rilassarsi accarezzando l’animale, lasciarsi coccolare dall’amico a quattro zampe diminuisce l’oscillamento emotivo e l’irritabilità della persona, allenta lo stato di stress. Aiutare l’animale in un’attività, imparare il suo linguaggio dell’animale è la migliore risorsa per rafforzare la socializzazione».I detenuti, nel corso dei dieci incontri, dopo una presentazione generale, hanno seguito il cane nelle cure e condiviso con lo stesso le diverse esperienze, dai piccoli bisogni (dare da bere e da mangiare, preparando la ciotola in un’apposita aula, portarlo nel cortile a passeggio, o spazzolarlo) ai giochi (utilizzando attrezzi vari come tunnel, slalom, ostacoli). «Abbiamo mostrato anche i vari ambiti – parla ancora Cigui – in cui i cani sono utili alla comunità, come il soccorso e ricerca persone».Al termine dei dieci incontri i cinque detenuti sono stati sottoposti a un questionario di gradimento. «Il progetto è piaciuto ed è passato con il massimo dei voti – dichiara –. Le risposte che ci sono state date sono state diverse. C’è chi ha detto «Il cane è stato fonte di serenità», oppure «Nonostante il breve periodo mi ha dato fiducia», «È stato emozionante e rilassante», «Un’esperienza educativa, svolta in maniera intelligente», «Il rapporto con Milka è stato di amicizia e mi ha fatto sentire meno solo in questo periodo della mia vita», «Grazie al cane sono riuscito finalmente a rapportarmi con gli altri e mi ha permesso di evadere dai pensieri di tutti i giorni». «Rifarei un percorso simile. Sarebbe bello poter vivere più a lungo con il cane».«Il cane – conclude Cigui che dal 2012 ad oggi ha lavorato e continua a fare progetti in strutture residenziali di gravi e gravissimi, centri diurni per disabili, centri psichiatrici,scuole e asili – è un ottimo facilitatore sociale. Non è solo un amico a quattro zampe, non giudica l’altro ma lo accetta per quello che è. Parla un linguaggio non verbale, permette di sbloccare le emozioni, ti fa sentire, insomma sullo stesso piano».©RIPRODUZIONE RISERVATA
I cani entrano in carcere a fianco dei detenuti – Messaggero Veneto
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