LIVORNO. La fossa comune per gli animali è stata al centro del lungo dibattito della sesta commissione, che ha coinvolto dodici consiglieri e tanti volontari e membri di associazioni animaliste. Oltre a quello della sepoltura degli animali, gli altri punti all’ordine del giorno sarebbero dovuti essere l’approvazione del regolamento comunale in materia di adozioni dei cani, il cosiddetto “Adotta un amico”, e la mozione dei consiglieri Grillotti, Mazzacca e Pecoretti sulle deiezioni canine» per sensibilizzare l’opinione pubblica e per evitare che i padroni lascino per terra gli escrementi dei loro animali.In realtà per quasi due ore si è parlato solo ed esclusivamente della questione delle fosse canine, in particolar modo del caso del gatto di Tiziano Anguillesi che non è più stato ritrovato. «Il mio gatto – ha spiegato Anguillesi – è stato investito il 24 maggio del 2016. Contattammo immediatamente l’associazione Oipa Italia di Livorno che lo aveva recuperato: ci dissero che il veterinario Lazzeri ne aveva constatato la morte, perciò l’animale era stato riconsegnato a loro perché procedessero allo smaltimento».La sezione Oipa di Livorno, infatti, ha attivato una convenzione con il Comune in merito alla tutela e al monitoraggio delle colonie feline presenti sul territorio e del recupero di gatti incidentati, il ricovero e la custodia dei soli esemplari per i quali non risulta possibile l’inserimento all’interno delle colonie feline, a esclusione di quelli posseduti a titolo privato. Però ad Anguillesi nessuno ha mai restituito il proprio gatto. «L’associazione mi ha detto che era impossibile riaverlo. Mi sono messo in contatto con l’ufficio animali per chiedere cosa servisse, visto che faceva parte della nostra famiglia: i miei figli ci tenevano e volevamo dargli una sepoltura in giardini. Ci risposero che bastava una foto che testimoniasse che il gatto fosse nostro. Però il giorno successivo questo procedimento diventò improvvisamente difficilissimo e avremmo dovuto presentare delle testimonianze della nostra famiglia e dei vicini di casa. Da quel momento per me è stato un calvario».Anguillesi ha parlato più volte con il sindaco e con l’assessore Andrea Morini e finalmente il 7 settembre gli sono state consegnate le ossa. «Ho capito subito che c’era qualcosa che non andava bene perché i resti mi sono stati dati in una scatola da scarpe con scritto sopra “ricambio per biciclette”. Dentro lo scheletro era incompleto e i resti erano in putrefazione. Ho portato tutto al dottor Cantile e mi ha detto che le ossa erano sepolte da più di un anno e appartenevano a gatti diversi, dunque non poteva essere il mio. Io voglio sapere dove è finito il mio gatto e come funziona lo smaltimento. Sono sicuro che esiste una fossa comune, ma c’è una legge europea del 2009 che prevede l’incenerimento per non mettere a rischio l’incolumità dei cittadini. Perché quella legge non è stata rispettata?».A dar manforte ad Anguillesi sono stati molti altri attivisti, tra i quali Marco Orfano che ha chiesto con fermezza che sia fatta chiarezza non solo sul fatto in questione, ma anche sull’attività di Oipa. «Vogliamo – ha detto – la tracciabilità dei flussi finanziari di Oipa, e prima ancora di quelli di Felix. Vogliamole rendicontazioni dettagliate che devono avere per legge. Scontrini, fatture, bonifici. È un’associazione che prende 22 mila euro l’anno per smaltire 16 gatti, decisamente un po’ troppo. Chiediamo che questa convenzione tra Comune e Oipa venga chiusa. Ci dimostrino come sono spesi i soldi».

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