Dichiarazione di Michela Kuan, Biologa, Responsabile LAV Settore Vivisezione:

“La tragica notizia di un morto e di cinque ricoverati gravi durante la sperimentazione di una molecola a base di cannabis, riportata dagli organi di stampa nelle ultime ore, pone delle serie domande sull’iter di commercializzazione dei farmaci: i casi di gravi reazioni avverse ai nuovi composti e il consistente pericolo corso da chi funge da cavia umana, suonano infatti da campanello d’allarme per la sanità internazionale, che ha l’obbligo di adottare rigide misure per la tutela di tutti noi.
Nel caso citato, avvenuto a Rennes, in Francia, un test clinico per un nuovo farmaco si è trasformato nell’ennesima tragedia, dovuta al fatto che i precedenti test sono stati eseguiti su animali, modelli sperimentali diversi dalla nostra specie per genetica, anatomia, fisiologia e per una serie infinita di parametri, che non permettono di controllare l’attendibilità del dato, se trasferito all’uomo.Infatti, i farmaci sono una categoria di sostanze chimiche che richiede, per legge, test su animali (fase pre-clinica) e test sull’uomo (fase clinica) prima di poter essere introdotti sul mercato, ma da decenni i test sugli animali si stanno rivelando non predittivi per la nostra specie, portando a conclusioni sbagliate e spesso pericolose. A conferma di questo, una review del 2005 ha concluso come gli esperimenti su animali falliscano nel loro intento di predire il risultato sugli umani il 99,7% delle volte*.

 

Nel caso avvenuto in Francia, la molecola era stata addirittura testata sugli scimpanzé, la specie filogeneticamente più vicina all’uomo, e persino in questo caso i risultati e la pericolosità del metodo parlano chiaro, figuriamoci quale possa essere l’attendibilità se si usano topi e ratti, gli animali più impiegati nei laboratori. Ma il problema ha una doppia faccia, infatti, nessuno saprà mai quante sostanze potenzialmente utili per l’uomo sono state scartate perché tossiche nell’animale, come nel caso della penicillina, letale nella cavia e nel coniglio. “Fu una fortuna che, nelle prove iniziali di tossicità, noi impiegammo i topi perché, se avessimo impiegato le solite cavie, avremmo concluso che la penicillina è tossica….”, sono le parole di Sir Howard Florey, Premio Nobel insieme a Fleming e Chain per la scoperta della penicillina nel 1953.

Al di là delle fondamentali implicazioni etiche dell’usare esseri senzienti che vivono tutta la vita in piccole gabbie, senza luce, né alberi, né interazioni naturali, privati di ogni diritto ed esposti a dolore e morte, la vivisezione è un evidente errore metodologico, lontano dal concetto di scienza e molto, troppo, vicino a quello di “paravento” giuridico.
Nel caso specifico, la stampa ipotizza un legame con la composizione del nuovo farmaco e la presenza di principi dall’attività inibitoria per il dolore dei cannabinoidi, sostanze considerate d’abuso, la cui sperimentazione sugli animali verrà vietata dalla legge italiana a partire dal 2017: un bando che il nostro Paese dovrà rispettare, se vorrà compiere dei passi in avanti, sia in termini etici – nei confronti delle cavie e degli esseri umani – sia in termini scientifici, e per avere concrete possibilità di individuare cure efficaci per i malati.

Vogliamo infine sottolineare che il meccanismo che prevede il pagamento dei soggetti che si sottopongono ai test clinici è assolutamente immorale, e che al fine di tutelare i “volontari” si rende indispensabile agire a monte, evitando il passaggio fallace della sperimentazione sugli animali, adottando test alternativi, dimostratisi predittivi ed efficaci, e sviluppando settori di ricerca come ad esempio la farmacogenetica.”

* (Lindl et al. ALTEX22(3):143-151)

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