Il governatore dell’isola di Bali ha messo al bando il commercio della carne di cane. La decisione arriva dopo che, a fine giugno scorso, era stata diffusa l’inchiesta choc condotta da Animals Australia: i venditori ambulanti lungo le spiagge vendevano kebab fatti di carne di cane a ignari turisti convinti di mangiare carne di pollo. I video e le testimonianze dell’associazione animalista australiana mostravano anche altri crudeli aspetti di questo commercio: randagi cacciati (talvolta anche cani di proprietà rapiti) e uccisi con bocconi avvelenati, impiccati o presi a bastonate. Un business che portava, ogni anno, alla morte di 70mila cani solo sull’isola paradiso dei turisti. 

Ora, a distanza di un mese e di fronte a una petizione con oltre 173 firme da 59 Paesi diversi, il governatore Made Mangku Pastika ha inviato una lettera ai ministri indonesiani, ai capi della polizia, dei dipartimenti del settore agricolo e veterinario sottolineando come questo commercio abbia un impatto negativo sul turismo. Il governatore ha invitato le amministrazioni locali a vietarne la vendita perché frutto di un processo fuori controllo, situazione che potrebbe portare alla diffusione della rabbia o altri virus anche letali. Malattie particolarmente gravi se diffuse su un’isola. 

L’ufficio del governatore ha anche avviato un’indagine interna per capire chi alimentasse quel tipo di commercio e sta preparando un programma per far capire alla popolazione locale che quel tipo di carne non è da consumare e che non è una tradizione balinese. Il consumo di carne di cane, infatti, è giunto sull’isola negli anni Settanta portato da un ristretto gruppo che era giunto per lavorare e purtroppo è poi cresciuto nel corso degli anni. 

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