Il primo è un cucciolo che misura poco più di 20 centimetri, mentre altri due superano i 4 e i 6 metri. Il più misterioso rivela soltanto un moncone osseo che sporge da una grotta e un altro ancora – un po’ meno «timido» – potrebbe assomigliare a una grossa lucertola carnivora, alta 4 metri. Sono tutti dinosauri, i celeberrimi rettili terrestri che hanno abitato il nostro pianeta fino a 65 milioni di anni fa: quei cinque sono vissuti in Italia. 

Appartengono a «una serie di ritrovamenti che sta riscrivendo la storia geologica e preistorica della Penisola», dice Cristiano Dal Sasso, paleontologo del Museo di Storia Naturale di Milano e uno dei maggiori esperti di dinosauri «made in Italy». Fino alla metà degli Anni 90, infatti, non si osava neanche immaginare che i dinosauri avessero popolato l’antenata dell’Italia, all’epoca una distesa d’acqua con poche terre emerse, mentre oggi i fossili italiani abbondano e appartengono ad almeno tre specie diverse. «Alcuni sono unici al mondo e di enorme prestigio», spiega Dal Sasso, che a Padova ha tenuto la conferenza «Dal baby dinosauro campano al titanosauro romano. Alla scoperta dei dinosauri ritrovati in Italia». 

«Se da noi i giacimenti in cui è possibile ritrovare resti scheletrici sono più limitati rispetto a quelli americani e della Mongolia, ci sono però zone molto favorevoli, come l’area di Besano: si trova in provincia di Varese e faceva parte del bacino lombardo della Tetide, l’oceano che milioni di anni fa divideva l’Europa dall’Africa, ricoprendo gran parte dell’attuale Nord Italia – aggiunge -. Qui, dopo 16 mila ore di lavoro, abbiamo isolato il Besanosaurus leptorhyncus, un ittiosauro di sesso femminile che ha conservato quattro embrioni. Stiamo parlando di un rettile marino di circa 240 milioni di anni, ancora prima dei dinosauri». 

Le prime tracce dei dinosauri veri e propri, in realtà, risalgono al 1942: un’orma del Triassico, sui Monti Pisani. Poi più nulla fino alla fine degli Anni 80, quando vengono portate alla luce numerose impronte in un’area che 200 milioni di anni fa era battigia. «Degne di nota – sottolinea Dal Sasso – sono le centinaia di tracce vicino i Lavini di Marco, alle pendici del monte Zugna, a Sud di Rovereto, dove camminavano decine di individui»: è un pendio famoso, già citato già da Dante nel XII canto dell’«Inferno», come la «ruina che nel fianco di qua da Trento l’Adice percosse». 

Ma è nel 1980 che, in una cava tra i monti del Matese, nei pressi di Pietraroja, in provincia di Benevento, Giovanni Todesco – appassionato di fossili – scopre per caso una lastra delle dimensioni di una pizza. All’interno c’è uno scheletro completo, di mini-dimensioni. Per un decennio non se ne saprà nulla, perché Todesco, pensando che fosse troppo piccolo per essere un dinosauro, terrà a casa il fossile. «Poi, nel 1993, vede “Jurassic Park” e inizia a ricredersi – dice, sorridendo, Dal Sasso -. Mi mandano una foto e mi precipito a vederlo. È un cucciolo che risale a circa 110 milioni di anni fa e assomiglia a una grossa lucertola. Dopo un lungo restauro scopriamo che si sono fossilizzati anche diversi organi. È un fenomeno unico, che rende questo fossile tra i più importanti al mondo, con livelli di conservazione sub-cellulari: si possono vedere i sarcomeri delle fibre muscolari. Lo chiamiamo Scipionyx samniticus, ma è diventato noto come Ciro, il primo baby dinosauro italiano, tanto che nel 1998 finisce sulla copertina di “Nature”». 

Sulle ali dell’entusiasmo, e della fortuna, nel 1996 in una cava vicino a Trieste viene trovato Antonio, un Tethyshadros insularis, risalente a 70 milioni di anni fa: era un erbivoro alto all’incirca 1 metro e 30 e lungo 4 e quindi relativamente piccolo per la famiglia di appartenenza, che secondo gli esperti potrebbe rappresentare un caso di nanismo insulare. Negli stessi anni a Saltrio, in provincia di Varese, viene portato alla luce un carnivoro bipede che raggiungeva i 4 metri di altezza e 500 chili di peso, subito chiamato Saltriosauro. «È il più antico dinosauro carnivoro a tre dita finora trovato nel mondo: è una scoperta importante, perché l’esemplare proviene da rocce dell’inizio del Giurassico inferiore, un’epoca in cui si credeva esistessero, tra i carnivori, solo animali più primitivi. Lo stiamo studiando».  

In Sicilia, in una grotta di Capaci, è stato invece ritrovato un frammento di 90 milioni di anni fa: «Indica la presenza di terre emerse anche in quella zona, suggerendo la possibile presenza di un corridoio verso l’Africa, almeno nel Cretaceo». Ma non è finita. Pochi mesi fa si aggiunge un altro ritrovamento sui Monti Prenestini, a 50 km da Roma. «Un Titanosauro di 6 metri – soprannominato Tito – vissuto 112 milioni di anni fa: è il primo sauropode italiano». 

Ma come si spiega questa ricchezza biologica in una zona limitata? «È possibile – conclude Dal Sasso – che i dinosauri italiani siano così particolari perché si sono evoluti in parziale isolamento, lontani dai grandi spazi continentali»

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