A trasformare i gatti negli adorabili animali da compagnia che conosciamo oggi furono gli antichi Egizi. Uno studio, grazie ad approfondite analisi genetiche, getta nuova luce sulla storia della domesticazione dei felini e su come sono diventati l’animale più diffuso nelle nostre case. 

Dove inizia la storia? La vicenda parte da lontano, e negli ultimi anni è stata riscritta più di una volta. Fino a una decina di anni fa, si riteneva che l’Egitto fosse stato il luogo dove avvenne la familiarizzazione tra uomini e gatti: l’animale è presente in dipinti che risalgono ad almeno 2mila anni prima di Cristo, e mummie di felini sono spesso state ritrovate nelle tombe.

Nel 2004, però, nell’isola di Cipro furono scoperti resti di un gatto sepolto con un essere umano, risalenti addirittura a 9mila anni circa prima di Cristo. Si pensò allora che i gatti dovevano aver cominciato a vivere con le persone molto tempo prima, da quando in età neolitica, circa dieci millenni prima di Cristo, si erano costituiti i primi villaggi di agricoltori.

Una mummia di gatto. | Shutterstock

Prima tappa in Turchia. La nuova ricerca – analoga a una compiuta l’anno scorso dalla stessa équipe – chiarisce come potrebbe essere andata, e riporta in primo piano il ruolo dell’Egitto, dove già nel 2008 erano stati scoperti i resti di sei gatti, un maschio, una femmina e sei cuccioli, risalenti a circa 6mila anni prima di Cristo.  Un’epoca successiva al ritrovamento di Cipro, ma comunque precedente alle altre testimonianze note finora. 

Per cercare una risposta definitiva alla questione, un gruppo internazionale di ricercatori ha iniziato un lavoro di analisi genetica sui resti di centinaia di gatti provenienti da tutte le regioni del Mediterraneo orientale, dall’Europa e dall’Africa, risalenti da 9mila anni fa a tempi più recenti.

Lo studio si è concentrato sull’analisi del DNA mitocondriale, trasmesso solo per via materna, che è più facile da estrarre rispetto al materiale genetico contenuto nel nucleo. I gatti di oggi discendono tutti da una specie di gatto selvatico che viveva nel vicino Oriente, Felis silvestris lybica, caratterizzato da una tipica “firma” nel Dna mitocondriale, il tipo A, apparsa circa 9mila anni fa nell’attuale Turchia. In quel periodo, probabilmente, i gatti selvatici cominciarono ad avvicinarsi ai villaggi per cacciare topi, e a rimanere nei paraggi dei luoghi abitati dagli esseri umani.

Poi in Egitto… I gatti dell’antico Egitto, però, come è emerso dallo studio non sono gli stessi: hanno una firma mitocondriale differente, il tipo C. Significa che non sono quelli arrivati dal vicino Oriente.

Un’ipotesi è che gli Egizi li abbiano addomesticati indipendentemente. Di sicuro, questi gatti hanno avuto un gran successo: da circa 800 anni prima di Cristo, quando ci sono le prime testimonianze (ma potrebbero essere stati presenti anche diversi secoli prima) si sono diffusi in tutta Europa e nel Mediterraneo, arrivando a superare nel corso del tempo gli altri gatti.

Moderni e socievoli. Che cosa avevano di speciale? Innanzitutto, «gli Egizi sono stati i primi ad avere le risorse per fare tutto meglio e più in grande» ha dichiarato a Science Carlos Driscoll, ricercatore che ha condotto lo studio sull’origine dei gatti moderni.

In secondo luogo, può darsi che gli Egizi abbiano via via selezionato gli animali più socievoli, meno territoriali e più adatti alla compagnia. L’arte stessa riflette questo cambiamento: le prime rappresentazioni sono di gatti “lavoratori”, addetti alla caccia dei topi. Ma successivamente, i felini appaiono in altri contesti, mentre inseguono uccellini, indossano collari o siedono sotto le sedie durante i pasti delle persone.

Insomma, il gatto moderno, che ha fatto compagnia all’uomo nel corso dei millenni, accompagnandolo nelle sue esplorazioni via nave e via terra, potrebbe essere “un’invenzione” degli antichi Egizi.

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