Categoria: Rettili

  • Vede un boa e chiama la Municipale: il rettile è 'amico' del padrone … – RiminiToday

    Vede un boa e chiama la Municipale: il rettile è 'amico' del padrone … – RiminiToday

    Intervento a dir poco singolare venerdì mattina per gli agenti della Polizia Municipale di Riccione. Tutto ha avuto inizio quando un residente ha segnalato la presenza di un boa costriptor albino all’interno di una proprietà privata. Gli agenti, affiancati dal personale del Corpo Forestale Cites di Forli’ e al personale del servizio veterinario dell’Ausl di Rimini, hanno riscontrato una situazione di assoluta regolarità nella detenzione di numerose specie di animali esotiche presenti e la totale assenza di pericolosità delle stesse per l’incolumità delle persone.

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    In particolare erano presenti all’interno dell’appartamento due rettili della specie Sauri Pagona Vitticeps (più comunemente drago barbuto) e alcuni volatili. Poiché tutti gli animali oggetto del sopralluogo erano in condizioni di regolare detenzione e benessere non sono state elevate violazioni. Il comandante di Polizia Municipale di Riccione, Cianini, precisa che si è tratta “sicuramente una segnalazione singolare e qualora ne dovessero giungere altre, sarà cura del Comando ad effettuare i dovuti controlli sia finalizzati a garantire lo stato di salute degli animali stessi che la sicurezza delle persone”.

  • Fa un selfie col serpente, rischia di perdere la mano – il Giornale

    Fa un selfie col serpente, rischia di perdere la mano – il Giornale

    Fare un selfie può essere pericoloso. L’ultima moda social ha già fatto parecchie vittime. C’è chi è sbandato con la macchina o chi è caduto dalla cima di una montagna perdendo l’equilibrio. Ma le tragedie legate ai selfie non sono un deterrente per chi cerca davvero lo scatto a sorpresa per stupire gli amici sul web e soprattutto sui social network. L’ultimo caso di un selfie finito male riguarda un uomo appassionato della natura e soprattutto dei rettili. Alex Gomez, un uomo di 36 anni, ha deciso di fotografarsi insieme a un serpente a sonagli. L’idea della foto però a quanto pare non sarebbe stata condivisa dal serpente.

    Per fare la foto, l’uomo ha stretto fortemente il serpente. Il rettile subito dopo la foto, dopo che l’uomo ha allentato la presa ha pensato di vendicarsi, mordendo la mano del fotografo. Gli effetti sono stati immediati. Il veleno è entrato immediatamente in circolo nel sangue e ha di fatto gonfiato la mano su cui sono subito apparsi i primi segni della cancrena. Il corpo ha iniziato a tremare in preda a dolori lancinanti. Di corsa l’uomo è stato portato in ospedale. I medici gli hanno salvato la vita, ma molto probabilmente subirà l’amputazione della mano, divorata dalla cancrena.

  • 10 cose da sapere sui camaleonti – Focus

    10 cose da sapere sui camaleonti – Focus

    I cambiamenti cromatici per farsi bello, gli occhi “alieni” e indipendenti, gli imprevedibili cicli vitali. Curiosità da raccontare agli amici su un rettile – fotogenico – che non cessa di stupire.

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    Cambiano colore… per amore. E non semplicemente per mimetizzarsi con l’ambiente circostante. La maggior parte dei camaleonti ha una colorazione che ben si adatta all’habitat di appartenenza. Quando i rettili mutano aspetto, è in genere per distinguersi dallo sfondo, e spiccare agli occhi della potenziale partner. I maschi che competono per una compagna, ingaggiano spesso lotte all’ultimo… colpo di colore. Guardando le variazioni cromatiche della loro pelle è anche possibile capire chi vincerà: gli esemplari che durante lo scontro hanno il capo più variopinto e colorato avranno la meglio.
  • I pitoni? Frank li afferra con la continental di Paolo Silvestri – Spazio Tennis – Il blog sul tennis di Alessandro Nizegorodcew

    I pitoni? Frank li afferra con la continental di Paolo Silvestri – Spazio Tennis – Il blog sul tennis di Alessandro Nizegorodcew

    di Paolo Silvestri

    Accarezza teneramente un mamba nero, il serpente più temuto per il suo veleno letale, come se fosse un criceto. Si avvicina a un gruppo di varani che stanno sbranando una capra con la stessa disinvoltura con cui noi potremmo avvicinarci a dei micetti intorno a una tazza di latte. Si avvinghia a un’anaconda con la passione impetuosa di un giovane innamorato. Si corica a fianco di un coccodrillo di cinque metri come se stesse preparandosi per la pennichella pomeridiana. Si mette sul naso una vedova nera come se fosse un paio di occhiali da sole. Così è Frank Cuesta, al secolo Francisco Javier Cuesta Ramos, spagnolo di León, ma da tempo cittadino del mondo, anzi delle giungle, delle foreste, delle grotte e dei deserti del mondo. Quarant’anni suonati, ma la vitalità e l’incoscienza di un adolescente, un amore vero per i misteri del regno animale ed un basso ventre in ghisa temperata.

    La prima volta che, qualche annetto fa, l’ho visto in TV in una delle sue allegre scampagnate, ho notato immediatamente che in spalla non aveva uno zaino, ma un portaracchette, sdrucito, scolorito e sfondato, ma comunque un portaracchette. Strano, mi sono detto, indagherò. E le indagini mi hanno portato sulle tracce di un personaggio davvero singolare, che ha fatto di tutto e di più, con l’invidiabile coraggio di puntare forte sul tavolo verde della vita, senza riserve né eccessive cautele. Anche se non si trovano molti documenti a testimoniarlo, ad eccezione dei suoi racconti e di qualche vecchia foto, da ragazzino era una promessa del tennis, ma la sua ascesa verso il professionismo è stata stroncata da un brutto incidente in moto, da cui è uscito con le ginocchia a pezzi. Frank però, ormai lo avete capito, non è certo il tipo da scoraggiarsi, altro giro altra corsa, no problem. E allora, come lui stesso ha raccontato in un’intervista, si ricicla come coach e per un po’ fa parte del team dell’Accademia di Bollettieri, dove si trovava già prima dell’incidente e dove condivide i campi con gente come Monica Seles, Agassi, Courier, Sampras, o il “vecchio” Brian Gottfried.

    Frank Cuesta serpentiPerò uno così non è certo fatto per mimetizzarsi in mezzo agli altri, deve spiccare, e decide di cambiare, di volare per conto suo, proprio come avrebbe fatto al suo posto il grande Nick. La destinazione prescelta è la Thailandia e a Bangkok apre la Frank Cuesta Tennis Academy, che gli dà da vivere e nel contempo gli permette di dedicarsi alla sua grande passione, i rettili, e più in generale gli animali, meglio se velenosi e letali. Il tennis-aveva detto qualche anno fa in un’intervista- è mia moglie, gli animali i miei amanti. Ma si tratta ovviamente di una metafora e Frank in trova anche un’amante appartenente alla specie umana, che diventarà presto sua moglie, un gran pezzo di ragazza di nome Yuyee, modella e cantante nota in Thailandia, anche lei innamorata di Madre Natura e dei suoi abitanti. I due si danno immediatamente da fare e arrivano tre maschietti (di cui uno adottato) e una femminuccia, senza contare naturalmente le decine di animali che bazzicano in soggiorno, in camera da letto e in giardino. Come pensate che si chiamino i figli di Frank e Yuyee? Manolo, Antonio, Juan e Maria? Eh no, risposta sbagliata. Una vita fatta così, una vita come quelle dei film, richiede nomi immaginifici, vale a dire Zape, Zorro, Zen e Pepsi. L’originale famigliola, tra l’altro di religione buddista, vive il suo peculiare tran tran quotidiano, fra pannolini, racchette, pitoni e orazioni, ma lontana dalle luci dei riflettori. Frank fa anche parte, a dimostrazione del fatto che il suo amore per la fauna è autentico, di un’associazione per la protezione degli animali, e interviene prontamente nel caso qualcuno si trovi in casa una sgradevole sorpresa, tipo un cobra reale arrotolato al tubo della doccia.

    Frank CuestaI riflettori verrano però presto accessi, grazie al fato imperscrutabile, che renderà in breve tempo Frank un’autentica star del piccolo schermo. Nel 2010 una troupe di Mediaset Spagna che sta registrando un programma da quelle parti ha infatti un problema proprio con un temibile rettile, che Frank risolve. I produttori, affascinati dal suo carisma, dalla sua personalità e dalla sua conoscenze, gli propongono uno spazio tutto suo. Ha così inizio una carriera meteorica, con una serie di programmi che lo hanno reso una vera celebrità in Spagna e in molti paesi del Sudamerica: prima Frank de la jungla, poi La selva en casa, poi Natural Frank, fino alla fortunata serie Wild Frank, girata nella foresta amazzonica, nella savana africana ed in India, e visibile anche su Discovery Max Italia, ma con un’audience neanche lontanamente paragonabile a quella spagnola. Il formato dei vari programmi è simile, anche se con il tempo si sono aggiunti nuovi ingredienti: in sostanza il Nostro si mette nei pasticci, ma sul serio, stabilendo incontri ravvicinati del terzo tipo con animali pericolosissimi, dai rettili ai felini, passando per i ragni e i pipistrelli, e rende edotto lo spettatore sui loro usi e costumi. Invariabile anche il look,divenuto ormai iconico e che Frank giura essere quello a cui da sempre ricorre nella sua vita quotidiana: bermuda, zoccoli rossi di plastica, cappellino con visiera all’indietro, maglietta e calzini bianchi. Beh… “bianchi” si fa per dire. Ogni programma inizia infatti all’insegna del bianco nucleare, ma poi, dati i posti nei quali ama cacciarsi, pieni di fango e melma (per non dire di peggio) si passa in men che non si dica alle cinquanta sfumature di grigio. La formula è risultata vincente, anche perché lui è un comunicatore autentico, che buca lo schermo e che ha saputo creare uno stile personalissimo, fatto di ostentazione testosteronica di coraggio e di simpatico turpiloquio, ma anche di ironia e di autorionia, segno inquivocabile di intelligenza. Lo testimoniano i dati dell’audience dei suoi programmi, la fama che ha raggiunto nella sua Spagna natia e i vari riconoscimenti e premi che ha ricevuto.

    Una vita esagerata come la sua non poteva non avere un versante tragico. Uno dei suoi bimbi è mancato pochi mesi dopo la nascita, e poco tempo fa l’amico e fedele cameraman Santi Trancho, che da anni lo accompagnava in tutte le sue avventure, ha perso la vita in un incidente di moto, simile a quello che anni fa aveva cambiato il destino di Frank. E poi il drammatico arresto, l’anno scorso, di Yuyee per il possesso di 5 milligrammi di cocaina, una quantità irrisoria rispetto all’incredibile condanna che le è stata inflitta: 15 anni di carcere per traffico di droga, senza possibilità di cauzione, e una multa di 45.000 euro. La cosa, a detta di tutti, puzza assai. Il giudice che ha fissato la sentenza è stato destituito per corruzione, e tutto fa pensare a una vendetta trasversale, dovuta al fatto che Frank è uno che non ha peli sulla lingua e da tempo denuncia, documenti alla mano, il feroce traffico clandestino di animali e altre atrocità, come l’estrazione della bile degli orsi venduta a peso d’oro come afrodisiaco. Nonostante il matrimonio con Yuyee sia nel frattempo naufragato, Frank non ha smesso un momento, grazie ai canali offerti dai social network nei quali è molto attivo, di lottare indifesa della madre dei suoi figli che però, nonostante tutto, continua a rimanere in carcere.

    Non ho il minimo dubbio che Vasco avrebbe dedicato a lui Vita spericolata se l’avesse conosciuto. Steve McQueen? Non scherziamo. Un’educanda in confronto a Francisco Javier Cuesta Ramos.

  • Carlo Forin. “Mantua me fecit Calabri rapuere” Volo di calabrone 2 – Tellus Folio

    Carlo Forin. “Mantua me fecit Calabri rapuere” Volo di calabrone 2 – Tellus Folio

    18 Agosto 2015
       

    Vado a riprendere il nocciòlo del “Volo di calabrone 1”:

    Dunque, il contenitore buru, bur si può osservare proposto con la coppia buru-bur, si può constatarle diverse in forma, uguali in senso, e si può fare il terzo passo per riscontrare la catena uruburu.

    L’alchemico uruburu, vel uruburus, è il serpente medievale che si morde la coda. Dunque, è un movimento prigioniero di se stesso. Osservate i lemmi sumeri

    uru(ki), eri, iri, ri2; uru2; iri11

    city, town, village, district (Akk. uru IV, ‘city’, from Sumerian Orel & Stolbova derive Hebrew ‘ir from unrelated #1012, *’ger- “town”) [URU archaic frequency].

    Fatto bu = conoscenza, ub = cielo, ubu diventa conoscenza+cielo. Oboedio, per obbedisco in lat., svela l’obvio, l’ovvio, come ‘sto sulla via, vio di invio, del cielo’. Cielo ub viene comprovato dal teonimo teshub, ‘connetto (te) Luna (sh) Cielo (ub)’.

    In “An Phoebi soror? Sei forse sorella di Febo?” abbiamo cominciato a guardare Publius Vergilius Maro come sacerdote etrusco. Ed ho scritto:

    Io posso sottolineare che il sacerdote etrusco denunciava la razza romana, riteneva Venere sorella dell’Erebo, l’inferno opposto al puro Pho.e.bu, conoscenza (bu) della casa (e) del Cielo (ub).

    Oggi, cominciamo ad osservare i paleonimi dell’Italia meridionale con l’ipotesi che Virgilio, sacerdote bianco, virgineo, si astenesse dal denunciare il nome del serpente uruburu, perché malus anguis, serpente malvagio.

    Vorrei essere un Calabro rapitore di Virgilio.

    A proposito dei Calabri, assume un particolare rilievo il fatto che proprio nella loro terra e precisamente a Brundisium Virgilio ebbe a chiudere la sua esistenza [Brindisi od.]. Ciò, peraltro, veniva ricordato anche nel breve, ma significativo epitaffio, posto sulla sua tomba a Napoli, che un’antica traduzione voleva dettato dallo stesso poeta in punto di morte: Mantua me genuit Calabri rapuere, ecc.

    I Calabri di duemila anni fa risiedevano in un luogo un po’ diverso dalla Calabria odierna.

    Calabri. – Si chiamavano così, al tempo di Virgilio, le genti iapigie stanziate nella parte alta del Salento, mentre quelle poste più a sud prendevano il nome di Sal(l)entini (fonti e loro discussione soprattutto in Nissen 1883 e 1902; Hulsen 1897; Beloch 1912; ultim. Nenci 1978). Poco dopo, con la divisione dell’Italia in regiones voluta da Augusto, si prese ad indicare come Calabria l’intera penisola salentina; questa, unita alla Puglia centro-settentrionale e a gran parte dell’area irpina, venne a formare nella descriptio Italiae augustea la regio II, denominata poi, più comunemente Apulia et Calabria (De Ruggero 1895, Mayer 532; Mayer 1914; Thomsen 1947, 40 e passim; più di recente Sirago 1978, 25 ss.; Pani 1979, 93-94). Tale denominazione rimase nel Basso Impero la provincia corrispondente all’ex regio II, sia pure con qualche modifica territoriale (ultim. Pani 1979, 94-95).

    Virgilio ricorda in G 3 i Calabri saltus a proposito della diffusione in essi di un particolare tipo di rettile, un malus anguis non meglio specificato.1 La descrizione di questo serpente e più ancora delle sue abitudini e del suo comportamento durante le varie stagioni dell’anno risentono non poco della rappresentazione del ce nei Theriaka di Nicandro di Colofone (vv. 359-371), spesso financo nell’uso di certe espressioni. La notizia, comunque, che anticamente chersydri e altre specie di rettili fossero particolarmente diffusi in terra Calabra è confermata da Solino (2, 33 Calabria chersydris frequentissima et boas gignit).

    Oggigiorno il Salento non sembra distinguersi in alcun modo dalle altre regioni italiane per la quantità o la qualità dei serpenti in esso esistenti (Baldacci 1972 2). […]2

    Aggiungo il nome antico della Calabria: Brutium.

    Calabria. – […] Anticamente si chiamava Brutium, dai primi abitanti, affini ai Lucani, che l’abitarono, e fece parte della Magna Grecia. Quando, nel sec. VII, i Bizantini persero il dominio della vecchia Calabria, cioè della penisola Salentina, ne trasferirono il nome al Brutium, che d’allora in poi ha sempre mantenuto l’attuale denominazione. Nella divisione augustea dell’Italia il Brutium, con la Lucania, forma la terza regione.3

    Il malus Calabris in saltibus anguis non ha un nome esplicito in Virgilio. Brundisium e Brutium suggeriscono uruburu, così come Cala-bro suggerisce kala-buru, ‘anima (ka) va oltre (la) involucro (buru)’.

    Gli Abruzzi ed i Calabri meditino sul serpente malvagio, così come Benevento ribattezzata da Malevento.

     

    Carlo Forin

     

     

    1Et etiam ille malus Calabris in saltibus anguis // squamea convelvens sublato corpore terga// atque notis longam maculosus grandibus alvom […] V’è anche quel serpe maligno sulle balze calabre, che levato il petto contorce il dorso squamoso e lungo il ventre chiazzato da grandi macchie; 425-428.

    2Enciclopedia Virgiliana, Treccani, Roma.

    3Enciclopedia Cattolica.

  • Dati Cites, il traffico illegale di specie protette vale 21 miliardi di euro … – Il Sole 24 Ore

    Dati Cites, il traffico illegale di specie protette vale 21 miliardi di euro … – Il Sole 24 Ore

    Si è fatto un gran parlare, a margine della vicenda del leone Cecil ucciso da un cacciatore di frodo americano in Zimbabwe, di bracconaggio e di traffico illegale di specie protette. Esiste una organizzazione internazionale che si occupa di monitorare questi fenomeni, la Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione (Cites), con sede a Ginevra, in Svizzera. Dai dati in loro possesso, risultano essere più di un milione le transazioni annue relative al commercio internazionale di specie animali e vegetali tutelate dalla Convenzione di Washington, che generano un giro d’affari legale pari a 90 miliardi di euro all’anno. E parallelamente si registra a livello mondiale un traffico illegale di specie protette per un valore di circa 21 miliardi di euro all’anno, senza considerare il commercio del legno e della fauna selvatica marina.

    Inoltre, secondo Cites, il taglio illegale delle foreste avrebbe un valore compreso tra 10 e 25 miliardi di euro all’anno, corrispondente a circa il 30% del commercio di legno su scala globale, e provocherebbe più del 50% della deforestazione nell’Africa Centrale, in Amazzonia e nel Sud-est asiatico. Mentre il valore globale della pesca illegale, ammonterebbe a circa 10 miliardi di euro annuali, pari al 19% del valore totale del pescato.

    In questo contesto l’Italia rappresenta uno dei più grandi mercati di articoli e prodotti derivati da specie animali e vegetali: oltre ad animali vivi da collezionismo e da compagnia, abbigliamento, borse, scarpe, cinture e tanti altri articoli realizzati con le pelli, le pellicce e con la lana di animali, parquet, prodotti in legno e caviale. Lo scorso anno il servizio Cites del Corpo forestale dello Stato ha effettuato 68.290 controlli in tutta Italia, in linea con i dati dell’anno precedente.

    Le regioni italiane in cui è stato eseguito il maggior numero di controlli sono la Lombardia con 23.774 e la Toscana con 23.529, entrambe con una significativa presenza di aziende manifatturiere del settore e al maggior transito di specie protette negli scali doganali dove sono dislocati i Nuclei Operativi Cites. Sempre lo scorso anno sono stati accertati 174 reati, contro i 269 del 2013, riguardanti il commercio illegale delle piante e degli animali tutelati dalla Convenzione di Washington e sono stati contestati 140 illeciti amministrativi per un totale di oltre 400mila euro, rispetto ai 265 illeciti per un totale di circa 500mila euro notificati nel 2013. Il valore complessivo delle specie sequestrate nel 2014 si aggira intorno ai 500mila euro, in aumento rispetto a quello rilevato nel 2013, pari a circa 450mila euro. In particolare, nel 2014 sono stati sequestrati: 389 animali vivi, 963 animali morti o parti, 500 chili di anguille vive, 10 chilogrammi di coralli. E ancora i sequestri hanno riguardato: uccelli nel 46% dei casi, rettili nel 45%, invertebrati nel 6%, mammiferi nel 2%, pesci nel rimanente 1%.

    Nel Lazio sono in prima linea il Servizio Cites Territoriale presso l’Ispettorato Generale di Roma, il Nucleo Operativo Cites – Noc di Fiumicino aeroporto e il Nucleo Operativo Cites – Noc di Civitavecchia. Nel 2014 sono stati complessivamente 6.668 i controlli effettuati nel Lazio, 20 risultano gli indagati e 7 sia i reati accertati che i sequestri effettuati. Sono state elevate 8 sanzioni amministrative per un importo totale di 47.700 euro. Sotto sequestro sono finiti 67 esemplari di animali tra cui 35 tartarughe e un pitone. Tra le parti di animali sono stati sequestrati un cranio di coccodrillo imbalsamato e un cranio di rinoceronte, una zanna d’avorio e i denti di un elefante. L’Italia continua ad essere ai primi posti per numero di sequestri effettuati in ambito Cites tra i Paesi membri dell’Unione Europea, nel 2014 seconda solo alla Francia.

    Il servizio Cites evidenzia inoltre come anche le organizzazioni criminali utilizzino animali pericolosi come tigri o pitoni per atti intimidatori, oltre che per ostentazione di potere e sfarzo. Tra le operazioni più rappresentative degli ultimi anni il Cites ricorda un episodio accaduto in Puglia dove la tigre di un boss della Sacra Corona Unita rimasto ucciso in un regolamento di conti, è stata trasferita dal personale del Servizio Cites, con l’aiuto di personale medico veterinario, dalla masseria in provincia di Lecce in cui era detenuta insieme ad altri animali. Il felino non aveva naturalmente le previste autorizzazioni Cites, né da permessi prefettizi previsti per la detenzione di animali pericolosi.

    A Roma un pitone albino, specie originaria della Guinea e protetta dalla Convenzione di Washington, che `custodiva´ ben due etti di cocaina confezionati in ovuli ed era tenuto a digiuno per potenziarne l’aggressività, è stato trasferito al Bioparco. Il pericoloso rettile fungeva anche da deterrente e mezzo di `convinzione´ per ottenere i pagamenti richiesti agli acquirenti delle sostanze stupefacenti. Dodici persone sono state arrestate con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata al traffico di cocaina e detenzione illegale di un animale protetto dalla Convenzione di Washington. (Kronos)

  • Savona, rettile in pieno centro citta’ Liberata in periferia nei boschi – Rsvn.it

    Savona, rettile in pieno centro citta’ Liberata in periferia nei boschi – Rsvn.it

    Savona. Era lunga cinquanta centimetri e si contorceva, cercando inutilmente di liberarsi da un pezzo di rete da pesca; è una innocua natrix tassellata, che un giovane ha trovato nel suo orto in via Gozo, in piena città a Savona.

    il ragazzo l’ha delicatamente messa in un sacchetto e l’ha portata alla vicina sede della Protezione Animali; qui è stato chiamato un esperto erpetologo, Mauro Chiola, che con l’aiuto dei volontari l’ha liberata dalla rete e, dopo averne constatato la buona salute, l’assenza di ferite e lo stomaco ancora pieno dell’ultima preda, l’ha liberata in una zona idonea della periferia.

    Può raggiungere il metro di lunghezza, non è velenosa, è molto timida e non si conoscono casi di sua morsicatura; si difende emettendo dalla cloaca un liquido puzzolente; è abbastanza diffusa nei nostri corsi d’acqua dove si ciba di pesce. Come tutti i rettili che vivono in Liguria è protetta dalla legge e ne è vitata la cattura e l?uccisione. 

  • Savona: trovato serpente di 50 metri in una rete da pewsca – SavonaNews.it

    Savona: trovato serpente di 50 metri in una rete da pewsca – SavonaNews.it

    E’ una innocua natrix tassellata, che un giovane ha trovato nel suo orto in via Gozo, in piena città a Savona

    Era lunga cinquanta centimetri e si contorceva, cercando inutilmente di liberarsi da un pezzo di rete da pesca; è una innocua natrix tassellata, che un giovane ha trovato nel suo orto in via Gozo, in piena città a Savona.

    A differenza ancora di troppe persone che non esitano ad uccidere ogni rettile che incontrano, il ragazzo l’ha delicatamente messa in un sacchetto e l’ha portata alla vicina sede della Protezione Animali; qui è stato chiamato un esperto erpetologo, Mauro Chiola, che coll’aiuto dei volontari l’ha liberata dalla rete e, dopo averne constatato la buona salute, l’assenza di ferite e lo stomaco ancora pieno dell’ultima preda, l’ha liberata in una zona idonea della periferia.

    Può raggiungere il metro di lunghezza, non è velenosa, è molto timida e non si conoscono casi di sua morsicatura; si difende emettendo dalla cloaca un liquido puzzolente; è abbastanza diffusa nei nostri corsi d’acqua dove si ciba di pesce ed è quindi anche possibile che sia finita nella rete di qualche pescatore di frodo, che l’ha poi abbandonata; come tutti i rettili che vivono in Liguria è protetta dalla legge e ne è vitata la cattura e l’uccisione. 

    cs

  • Arriva il Mosasauro a far compagnia al “collega” Antonio – Il Piccolo

    Arriva il Mosasauro a far compagnia al “collega” Antonio – Il Piccolo

    Una raffigurazione del Mosasauro

    Forse i volumi di paleontologia non lo avevano esaltato abbastanza ma una pellicola campione d’incassi come “Jurassic World” ora ne sta facendo un protagonista della preistoria.

    Un cranio di Mosasauro, rettile predatore carnivoro in auge nel Cretaceo superiore – periodo risalente a 70 milioni di anni fa – è approdato da Ferragosto al Museo civico di storia naturale di via Tominz, 4 e resterà visibile al pubblico sino alla Barcolana del mese di ottobre, facendo così compagnia al più noto “collega”, il dinosauro Antonio.

    Reso attualmente celebre dalle sequenze del quarto capitolo cinematografico della serie “Jurassic Park”, il Mosasauro (il cui etimo recita “Lucertola del fiume Mosa”) imperversava nei mari dell’Europa e del Nord America, raggiungendo anche 18 metri di lunghezza e 5 tonnellate di peso, struttura caratterizzata dalla lunga coda appiattita lateralmente e soprattutto dalla formidabile dentatura conica, l’arma letale per le dinamiche da predatore di rettili, pesci e persino nei confronti degli squali bianchi.

    L’esemplare di cranio esposto al Civico Museo di storia naturale proviene dal Marocco, zona Oued Zem (nello specifico una cava di fosfato a cielo aperto) e in campo organizzativo costituisce la riprova dell’asse di collaborazione tra la Zoic e le restanti esposizioni in chiave giurassica nel sito Paleontologico del Villaggio del Pescatore.

    Tra queste anche “Il mare al tempo dei dinosauri”, la mostra curata da Flavio Bacchia, che ha tenuto banco anche nel corso del weekend ferragostiano e che proseguirà a Duino nell’intero arco estivo (venerdì, sabato e domenica dalle 16.30 alle 20.30).

    «In effetti si tratta di una collaborazione sempre più intensa e sempre più aperta – rileva Nicola Bressi, direttore dei Civici Musei Scientifici di Trieste – Il Mosasauro ora gode di una certa visibilità grazie al film “Jurassic World” e ci è sembrato ancor più interessante poterne avere un modello originale da esporre al pubblico, dandone così un certo rilievo scientifico».

    Una saga, quella giurassica in atto nei siti museali di Trieste, che potrebbe alimentarsi a breve: «Stiamo infatti pensando di arrivare ad altri esemplari – ha preannunciato Nicola Bressi – è presto per fare anticipazioni ma si tratterà probabilmente di altri rettili

    marini».

    Il Museo di Storia Naturale di via Tominz, 4 è aperto al pubblico tutti i giorni tranne il martedì, con orari dalle 10 alle 19, le visite guidate sono possibili prenotando ai numeri 0406754603/8662 o scrivendo a museiscienzadid@comune.trieste.it

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  • Colazione con il rettile al caffè dei serpenti di Tokyo – Corriere della Sera

    Colazione con il rettile al caffè dei serpenti di Tokyo – Corriere della Sera

    Fare colazione ammirando un serpente, e magari giocarci un po’: è la possibilità che offre lo snake cafe di Tokyo, dove sono esposti 35 serpenti, di venti specie diverse, tutti non velenosi. Aperto sei giorni a settimana, il caffè permette ai propri clienti di consumare cibi e bevande mentre ammirano un esemplare nella teca sul proprio tavolo per 1000 yen, circa 8 dollari. Pagando un costo aggiuntivo, i clienti possono anche prendere in mano e accarezzare i piccoli rettili (Reuters)