La Spagna prova a limitare la diffusione di feci canine nelle strade e nei parchi con la genetica. Ma forse c’è un modo più semplice.

La questione è una di quelle che animano le chiacchiere cittadine. Mentre c’è chi esagera, e cerca di obbligare i proprietari dei cani a pulire anche la loro pipì, come accade a Piacenza, le amministrazioni cittadine di mezzo mondo non abbandonano la speranza di beccare e punire almeno chi tralascia di raccogliere la ben più insidiosa cacca di cane.

Un’inciviltà, un gesto odioso che – da proprietaria di un cane – trovo particolarmente stupido: dovrebbero essere proprio gli amanti dei cani a tenere alta la loro reputazione rispetto a chi non li tollera. Se un pic nic al parco, un giro in altalena o semplicemente un piede fuori casa può bastare a insozzarci di puzzolenti deiezioni, è poi facile comprendere perché tanto odio possa spingere qualche pazzo ad abbandonare bocconi avvelenati.

Ma tant’è. Un’idea intelligente arriva dalla Spagna, che pensa di sfruttare il Dna per incastrare gli incivili. Se la tecnica mi ha lasciato alquanto dubbiosa per risalire ai proprietari di mozziconi abbandonati e spazzatura varia, come intende fare Hong Kong, ben più interessante mi sembrano le sue applicazioni per il rifiuto organico per eccellenza.

In questo caso infatti costruire un database decente sarebbe fattibile e non a caso la città di Tarragona ci sta già lavorando in collaborazione con l’università locale. Man mano poi che nuovi cani verranno registrati, il loro Dna finirà automaticamente nella raccolta dati dell’anagrafe canina, così che nel giro di qualche anno potrebbe essere alquanto probabile che gli escrementi lasciati a marcire per terra vengano giustamente addebitati al proprietario, che sarebbe punito con una severa multa a cui aggiungere i costi (assolutamente non trascurabili) necessari per analizzare la genetica delle feci dell’animale.

Certo, a ragionarci sembra assurdo che si debba ricorrere all’analisi del Dna per qualcosa di così elementare. Ed è vero che ci sono tecniche infinitamente più semplice e – a giudicare dalle strade – sufficientemente efficaci: come ad esempio la scelta di Londra, che punta a educare i suoi cittadini su tutto, anche su questo, attraverso simpatici cartelli affissi per strada.

Come raccontavo qui, tra le varie cose, Londra insegna le possibili conseguenze sanitarie di un gesto all’apparenza solo maleducato. I cartelli non solo minacciano, come i nostri, una multa (nell’eventualità alquanto remota di essere beccati sul fatto). Lasciare a terra le feci di una cane – spiega l’amministrazione londinese – può significare diffondere diverse patologie, alcune delle quali molto gravi. E giù a spiegare per bene aspetti che io, ad esempio, ignoravo. Ecco, questo credo sia qualcosa che anche l’Italia potrebbe provare a fare, prima di creare un database con il Dna di migliaia di cani. Rendere consapevoli i propri cittadini in modo facile, economico e non repressivo.

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1 Comment
  1. Bene sono contenta di questa notizia ciao cd

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