PERGINE. C’è anche una taglia di 6.000 euro per chi aiuterà ad individuare, denunciare e far condannare il responsabile della strage di cani nelle campagne di Pergine. E questa mattina il cane Blaky e il suo padrone Mirko Nicolazzo, volontario, presidente dell’Unità cinofila antiveleno, erano all’opera su quei terreni in cerca di esche e per posizionare sul territorio delle fototrappole

Il caso dei due pastori grigioni avvelenati la scorsa settimana a Susà Alta, ha riacceso l’attenzione su una zona, quella compresa tra le frazioni di Canale, Susà e Costasavina al centro di tantissimi avvelenamenti di cani. Come ilDolomiti.it dopo avervi raccontato la triste storia dei due cagnoni, Byron e Yara ritrovati vicini, stroncati nello stesso istante, abbiamo voluto approfondire la questione e, tramite il veterinario dell’azienda provinciale in servizio in quelle zone, abbiamo scoperto che in poco più di 7 mesi si sono verificati almeno 10 uccisioni per avvelenamenti e che in molti casi l’elemento in comune tra queste morti era l’Endosulfan, un potente pesticida bandito nel 2006 dall’Unione Europea.

Abbiamo, quindi, sentito il sindaco di Pergine Oss Emer, che però, più che ribadire quanto aveva deciso anche con un’ordinanza dell’autunno scorso (”in quella zona si deve circolare con guinzaglio non più lungo di 1,5 metri”) al momento non sembrava intenzionato ad avviare particolari indagini. Mirko Nicolazzo ha deciso, quindi, di impegnarsi in prima persona e questa mattina alle 5.30 ha cominciato le ricerche con il suo cane, un meticcio incrocio tra un lupo nero italiano e un siberian husky.

”Con Blaky abbiamo cominciato questa mattina presto – ci racconta – e abbiamo perlustrato uno spazio di circa 5 chilometri quadrati a partire dal punto dove sono stati ritrovati i due grigioni la scorsa settimana. Non abbiamo trovato bocconi anche perché avevamo accesso solo ai terreni dei privati che ci hanno autorizzato a fare la ricerca. Paradossalmente, infatti, non abbiamo avuto il via libera proprio dal sindaco Oss Emer e quindi non abbiamo potuto ispezionare terreni pubblici e anche le otto fototrappole le abbiamo potute posizionare solo nei campi e tra i boschi dei privati”.

Ma l’iniziativa è stata comunque molto impattante. Le fototrappole, infatti, sono a ripresa video, non fotografica, e coprono delle porzioni della zona molto ampie. Inoltre Mirko ha trovato un sostegno incredibile della popolazione locale. ”E’ stato impressionante – spiega – ho parlato con un po’ di persone del paese, con i contadini e tutti sono molto preoccupati e disponibili ad aiutarmi. Credo che d’ora in avanti quel delinquente o quei delinquenti che stanno facendo queste operazioni di posizionare i bocconi in giro, avranno davvero vita difficile. Si sta creando una rete di cittadini attenti e nulla verrà lasciato al caso”.

Tanto che è di queste ore anche la ”taglia” messa su questi personaggi da parte dell’Aidaa (Associazione italiana difesa animali e ambiente) “una taglia di 6.000 euro – scrivano – sulla testa dell’avvelenatore o degli avvelenatori, che verrà pagata a chi ci aiuterà a individuare, denunciare e far condannare in via definitiva il responsabile di questa vera strage di cani nel paese del trentino”.

”Blaky è addestrato a trovare qualsiasi cosa sia commestibile sul terreno – racconta Nicolazzo – ma non possiamo fare battute troppo lunghe. Per lui 45 minuti di ricerche sono come 3 ore no stop di corsa sul piano del dispendio fisico perché deve prestare un’attenzione massima. Inoltre, prima di queste operazioni, lo tengo a stomaco vuoto per due ragioni: da un lato è più concentrato sulla ricerca dell’alimento, dall’altro nel caso dovesse ingerire un boccone avvelenato, ho sempre con me l’acqua e sale per farlo vomitare. E’ un’evenienza lontana e che spero non si verifichi mai però devo considerare tutti i rischi potenziali”.

In 5 anni Blaky e il suo padrone hanno fatto 412 interventi e trovato 82 esche e bocconi avvelenati. ”E l’anno scorso proprio in queste zone ne avevo trovati quattro – completa -. Ero accompagnato dai vigili e autorizzato dall’amministrazione ma di quei bocconi non ho più saputo nulla. Chissà se le analisi poi erano state fatte. Questa volta hanno pensato bene di non darmi nemmeno l’autorizzazione. Tra l’altro le procedure amministrative prevedono che passino anche 30 giorni tra l’avvelenamento e le analisi e quindi la successiva ricerca sul territorio non è efficace. Per esperienza personale i bocconi sul territorio resistono 3, 4 giorni massimo. Poi se non vengono mangiati da cani o animali selvatici sono mangiati da volatili, roditori, altri animali. Insomma, le ricerche dovrebbero essere fatte a ridosso dell’evento per sperare di ottenere qualcosa”.

E in quanto a responsabilità cosa ne pensa Nicolazzo? ”Direi che sono tre le piste da seguire – conclude -: potrebbero essere agricoltori che mettono i bocconi per i cinghiali, qualche matto seriale che ce l’ha con i cani o dei cacciatori che usano i bocconi per evitare che le loro prede vengano disturbate da volpi, altri predatori, dai cani degli altri cacciatori o dei passanti. L’unico consiglio che posso dare ai proprietari dei cani, in questo momento, è di evitare quella zona e se proprio ci volete andare usate davvero il guinzaglio. Quel che è certo è che ora su quell’area c’è grande attenzione e che anche la comunità non vede l’ora di farla finita con questa gente”.  

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