TRENTO. “A noi capitano due/tre casi si aggressioni a settimana a familiari, estranei e altri cani. Giusto sarebbe inserire dei corsi di formazione, dei patentini per chi vuole avere a che fare con determinate razze. Non tutti sono in grado e sono pronti e troppo spesso l’umanizzare i nostri amici a quattro zampe peggiora ulteriormente le cose”. A parlare è la dottoressa Katia Rossi veterinaria, esperta in comportamento animale, specializzazione medica che vede l’esordio nel nostro paese circa 20 anni fa e che sta assumendo sempre più importanza anche in ambito legale alla luce delle tante aggressioni che si verificano in numero, preoccupantemente, crescente.

Ieri vi abbiamo raccontato la storia di Franky, un meticcio buono ed equilibrato, massacrato a morsi da un giovane Bull Terrier di circa un anno nella campagna sotto casa, a Ravina. Mentre qualche settimana fa vi avevamo dato notizia dell’uccisione di Margot, una Jack Russel, sbranata a Riva del Garda da un Pit Bull. La dottoressa Rossi è proprio la veterinaria che sta eseguendo la perizia su questo Pit Bull e ogni giorno, ci spiega, si trova a confrontarsi con situazioni al limite, disturbi comportamentali e in particolar modo l’aggressività. Istinto violento che può essere di due tipi: intraspecifico, quindi verso altri cani o interspecifico e quindi verso persone della famiglia o estranei.

La dottoressa ci spiega che ci sono diversi tipi di aggressione: da irritazione, da paura, predatoria, di materia, territoriale. Gli assalti in famiglia solitamente avvengono per una competizione delle risorse. L’animale ci mostra i denti o ci attacca se tocchiamo la sua ciotola, un suo gioco, la sua cuccia ma anche se ci sediamo sul nostro divano di casa e il cane lo considera un suo territorio. In questi casi è necessario mettere in atto una regressione sociale guidata del cane, che serve per rieducare la bestiola e per ristabilire gli equilibri all’interno del nucleo. Attraverso la zooantropologia cognitiva cerchiamo di stimolare le sue capacità di apprendimento con attività tipo focalizzare lo sguardo sul padrone, o il “ lascia” in passeggiata.

La tecnica? Porre la mano di fronte al naso del cane mentre è intento ad annusare, questo porterà l’attenzione del cane su di noi. Mentre compiamo il gesto pronunciamo “lascia”. Quando l’animale sarà adulto e vorrà, per esempio, attaccare un’altra bestia, ci basterà metterà in pratica la sequenza “ lascia” “guardami” per distogliere la sua attenzione dall’ipotetica preda.

“Tante aggressioni sono contestualizzate e motivate – spiega Rossi – e avvengono per una cattiva gestione familiare dell’animale. Negli ultimi anni c’è la tendenza ad umanizzare l’animale trattandolo come se fosse un bambino, un atteggiamento sbagliatissimo che provoca frustrazione nel cane. Gli animali devono avere una gerarchia chiara, devono riconoscere un leader all’interno del nucleo familiare, una figura che sia il suo punto di riferimento. L’animale deve sapere che se ha una difficoltà, ha il suo padrone che possiede le risorse per risolvergliela”.

Per avere un’interazione efficace con il nostro migliore amico dobbiamo avere una comunicazione posturale corretta. Il cane entra in comunicazione con noi attraverso il linguaggio del corpo. Per capire quello che l’animale ci sta dicendo dobbiamo osservarne la postura. L’animale guardando la mimica del nostro corpo riesce a cogliere tutto di noi, ma l’essere umano è altrettanto bravo a leggere i segnali? “No – prosegue la dottoressa – tante aggressioni sono indotte dal fatto che il cane non è compreso. Recentemente ho visto un video sul web in cui si vedeva un bambino di 7/8 mesi a cavalcioni su un Rottweiler. L’animale mandava segnali di pacificazione che chi riprendeva non era in grado di cogliere: la bestiola cercava di manifestare il proprio disagio sbadigliando, segnale che indica stress, socchiudendo gli occhi, voltava lo sguardo nella direzione opposta alla camera, come a dire ‘non ne posso più’. Tante volte il leccarsi o il leccarci in maniera compulsiva, è un segnale di fastidio”.

Le notizie di cronaca spesso riguardano Pit Bull o Bull Terrier cani ritenuti pericolosi per il semplice motivo che hanno mascelle e strutture muscolari potentissime e quindi un morso dato da questi cani, rispetto ad altri, è molto più impattante. Ma sono necessariamente queste le razze più a rischio? “In realtà ultimamente abbiamo avuto tantissimi casi di Border Collie e Pastori Australiani che hanno morso o aggredito i propri padroni – risponde Rossi – queste razze canine di per sé non sono aggressive, non è proprio la loro natura. L’attacco avviene perché la bestia raggiunge livelli di frustrazione elevatissimi. Come per l’uomo la frustrazione aumenta l’aggressività. Sono cani molto attivi che necessitano di movimento e impegno. Lo stare in casa, il fare vita cittadina, rischia di portarli a livelli di stress molto alti e quindi a comportamenti aggressivi”.

“Per quanto riguarda le cosiddette razze pericolose – dice Rossi -, ma non solo quelle, io credo che prima di prenderle in affidamento andrebbe fatta una perizia al potenziale proprietario per capire se ha un carattere idoneo al tipo di cane che sta scegliendo. Per questo servirebbe una legge che obbligasse a fare un corso prima di adottare un cane. Se desidero un mastino napoletano, un Rottweiler, un Pit Bull o un Bull Terrier devo essere formato attraverso un corso specifico, così da prendere un patentino e poi adottare il cane. Questo farebbe bene ai cani, che si ritroverebbero con padroni alla loro altezza, e molte persone capirebbero quanto può essere impegnativo un molossoide di 30, 40, 50 chili e rinuncerebbero alla loro adozione. Attenzione, non sto dicendo che queste razze canine siano cattive a priori, mordano o siano pericolose a prescindere, ma per loro natura hanno un forte istinto predatorio e sono molto potenti quindi deve essere il proprietario a saper gestire bene l’animale”.

Ma in attesa che qualcosa si muova a livello normativo c’è qualche piccolo trucco da sapere? “Impariamo ad osservare il nostro amico a quattro zampe – conclude la veterinaria – se il cane si immobilizza, ci guarda, continua a fissarci, ci ringhia, ci morde sono tutti segnali che sta cercando di darci e noi dobbiamo saperli leggere. Per evitare che il nostro cane diventi aggressivo con gli altri cani dobbiamo farlo socializzare, con tutte le razze canine, dai 2 mesi fino ai 6. Teniamo presente che anche tra cani esistono delle difficoltà comunicative date dalla morfologia di alcune razze: il barboncino è pieno di ricci e non si vedono gli occhi, al boxer se viene tagliata la coda viene tolto uno dei principali ‘strumenti’ comunicati. Poi ci sono i cani brachimorfi come il Bull Dog o il Boxer che quando ringhiano non alzano il labbro superiore o ancora i cani con le grandi orecchie a penzoloni che quando le muovono lo fanno in maniera diversa dagli altri. Tutto questo porta queste specie a non essere comprese dagli altri cani. Un cucciolo con la coda arricciata, come il Carilino o l’Akita Inu, non comunica né sottomissione (in quei casi la coda la troveremmo bassa) né dominanza (avremmo la coda dritta) creando così confusione negli altri animali”.

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