Quando, anni fa, presentai a un congresso di neurologia veterinaria una relazione sui cani avvelenati in Italia mediante l’uso di stricnina, i partecipanti esteri mi avvicinarono guardandomi quasi fossi un alieno. Pensavano a qualche caso, ma ne avevo descritti decine. Dopo pochi mesi mi chiamò l’emittente inglese Channel Four. Voleva intervistare uno dei luminari sugli avvelenamenti da stricnina. In realtà io avevo semplicemente raccolto dei dati, filmato dei casi e li avevo portati a un congresso, su pressante richiesta di una coppia di amici inglesi che aveva venduto casa in Toscana perché due dei loro cani erano morti avvelenati. La realtà era che l’Italia intera era un macello di cani all’aria aperta, dapprima avvelenati con la stricnina, che si trovava come lo zucchero in un negozio di alimentari e, negli anni a venire, con insetticidi e lumachicidi che qualunque consorzio agrario vendeva agli agricoltori, purché muniti di patentino agricolo, documento ottenibile con la facilità della tessera sanitaria. La situazione oggi è rimasta a quella di 30 anni fa, senza che nessuno abbia mosso un dito per mettere in condizioni di sicurezza sostanze che si comprano anche al supermercato sotto casa.

Pochi giorni fa è stata la volta di Kaos, il giovane Malinois (pastore belga) di un istruttore che, fin da subito, ha intuito la morte per avvelenamento del cane, accertata poi dall’Istituto Zooprofilattico di Teramo. Oggi i social rigurgitano di risentimento e minacce nei confronti di chi avrebbe (condizionale d’obbligo fino a quando non sarà provato) avvelenato Buddy, un giovane Golden Retriever dell’unità cinofila alpina di Fiorano al Serio, nella bergamasca. Aveva due anni e aveva già aveva salvato due persone. Ma bisogna proprio morire giovani per essere eroi? Lo avevano adottato Alessandra e Marco e, per il momento si allenava con profitto sorprendente, perché, in poco tempo, aveva bruciato tutte le tappe, superando le prove più ardue per i cani da soccorso compresa la prova di ricerca dei dispersi in superficie. Tutto a 20 mesi di età.

Ma Buddy era anche un cane come tanti altri, giocherellone, felice, cui piacevano le passeggiate e le corse nei boschi. E stato proprio dopo una di queste corse nel bosco della Maresana, tra Torre Boldone e Ranica, che Buddy è rientrato con un atteggiamento preoccupante: stanco, la bava alla bocca, tremori ovunque. Poi, un film già visto da troppi proprietari: la corsa dal veterinario, inutile quando la dose del veleno è massiccia e la sostanza è altamente tossica. Dopo un’ora, il cuore di Buddy si è fermato. Alessandra e Marco hanno diffuso la notizia perché chi ha cani, stia attento a frequentare quei luoghi infestati da polpette avvelenate che delinquenti patentati seminano, mentre le autorità, ancora una volta, allargano le braccia, uno sport nel quale siamo sempre sul podio.

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