Abbiamo replicato al Dirigente responsabile per la fauna selvatica della provincia di Bolzano, Luigi Spagnolli, che non ha  perso occasione per proporre, questa volta dalla pagine del Corriere dell’Alto Adige in edicola sabato 9 giugno, il solito, antico, violento, antropocentrico approccio venatorio alla gestione del lupo sul territorio: se c’è un problema di convivenza tra uomo e animale, eliminiamo quest’ultimo.

Pur affermando che l’uomo è oramai la specie più invasiva al mondo, a dispetto di nutrie e scoiattoli grigi, per Spagnolli gli effetti negativi di questa nostra invasività devono essere subìti esclusivamente dagli animali selvatici. Non è sufficiente che le nostre attività, i nostri capannoni, le nostre villette a schiera, le nostre vie di comunicazione, sottraggano quotidianamente territorio alla fauna selvatica, perché quando la nostra invasività giunge a creare conflitti con gli animali sul territorio, ecco che Spagnolli propone l’obsoleta ricetta: un rapido, e a sua supposizione indolore, “colpo in fronte”.

Eppure i maggiori ricercatori scientifici sul lupo, le evidenze emerse da numerosi progetti europei che favoriscono la convivenza con il lupo, sono tutti concordi nell’affermare che l’uccisione dei lupi non porta mai alla risoluzione dei conflitti, anzi, in molti casi li incrementa.

Lo stesso istituto di ricerca EURAC di Bolzano, in un report pubblicato a ottobre 2017, afferma che “l’uccisione dei lupi non solo non diminuisce le predazioni, ma nel 43% dei casi addirittura le aumenta, mentre i metodi non letali di prevenzione nell’80% dei casi esaminati le diminuiscono”.

Se per una volta si desse ascolto alla scienza e all’esperienza di coloro che sul campo hanno sperimentato le misure di prevenzione, invece che all’ideologia venatoria, si scoprirebbe che la soluzione è già disponibile, risparmiando la vita ai lupi e alle loro possibili prede.

Massimo Vitturi
Responsabile Area Animali selvatici

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