Autore: Clinica Borgarello

  • Leishmaniosi canina: epidemiologia in Europa

     

    Come abbiamo già detto in alcuni articoli precedenti la Leishmaniosi canina in Europa è causata dal parassita Leishmania Infantum. E’ classificata come una zoonosi maggiore a causa della gravità della malattia nell’uomo, ma si tratta di una malattia molto grave anche nel cane e quindi di grande importanza in ambito veterinario. Se la Leishamniosi umana ha avuto un regressione nel tempo, al contrario la malattia canina persiste o addirittura si sta espandendo. Gli studi paralleli effettuati tra l’epidemiologia della Leishmaniosi canina e la malattia umana hanno fatto si che il cane venisse identificato come un importante serbatoio domestico di Leishmania Infantum.

    Il tasso di infezione probabile della popolazione canina nelle zone endemiche è spesso molto elevato; è inoltre un dato acquisito che l’infezione non si traduca sovente in malattia e che molti cani restino, anche per tutta la vita, portatori senza segni clinici.

    La distribuzione della leishmaniosi canina è tipicamente associata ad aree endemiche alle quali vanno agiunti focolai isolati e casi autoctoni, di difficile interpretazione in aree indenni. Gran parte del territorio è considerato a endemia stabile in Portogallo, Spagna, Italia e Grecia. In Francia, l’area endemica riguarda la parte meridionale del paese. Per quel che riguarda gli altri paesi, come Inghilterra, Svizzera, Germania e Ungheria, sono stati descritti casi autoctoni in cui la trasmissione potrebbe non essere avvenuta tramite vettore. In questi paesi, non mediterranei, l’aumento della popolazione canina infetta, è in grado di creare condizioni favorevoli allo sviluppo di focolai.

    L’attuale dinamica della malattia è stata mostrata grazie ad indagini condotte in particolare in Italia e Francia, esse suggeriscono un’estensione dell’area di distribuzione della zona endemica in particolare nell’Italia settentrionale e nella Francia sud – occidentale.

    Negli ultimi anni è stato realizzato un sondaggio multinazionale con lo stesso modello per tutti i paesi, che permetterà realmente di confrontare gli aspetti epidemiologici, clinici, diagnostici, terapeutici e di profilassi della Leishmaniosi canina in tutta Europa.

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  • Malattia valvolare mitralica 4° parte

    In questo articolo parleremo di terapia in caso di malattia valvolare mitralica.
    I cani con la malattia valvolare mitralica presentano una lunga fase asintomatica, solo il 35 % circa dei pazienti progredisce in scompenso cardiaco clinicamente manifesto o muore a causa della malattia. La terapia va quindi impostata in base alla valutazione del singolo paziente e basata su evidenze cliniche e strumentali.
    Il trattamento del pazienti asintomatici è da sempre oggetto di discussione.
    Al momento non esistono dati riguardanti la possibile efficacia di farmaci nel ritardare la comparsa dei segni di scompenso cardiaco, ne consegue che il trattamento dei cani asintomatici affetti da malattia valvolare mitralica non è supportato da dati sperimentali.
    I pazienti sintomatici, invece, necessitano una terapia.

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    La terapia dell’insufficienza cardiaca è una terapia “ a vita” che non potrà mai essere interrotta, ma che potrà, e dovrà, subire degli aggiustamenti nel tempo. Il proprietario va informato che, con la giusta terapia e con controlli periodici, il cane con malattia valvolare mitralica può godere di un’ ottima vita per un lungo periodo di tempo. Infatti si è visto che la sopravvivenza media, dopo la diagnosi di insufficienza cardiaca congestizia, sia di circa 2 anni per i soggetti in classe di insufficienza cardiaca moderata.
    La nostra raccomandazione è che la terapia d’elezione dell’insufficienza cardiaca congestizia in seguito a malattia valvolare mitralica dovrebbe essere rappresentata da furosemide, pimobendan e ACE inibitore.
    Per i pazienti sintomatici, che presentano edema polmonare, il farmaco” salvavita “ è la furosemide. La terapia diuretica riduce il sovraccaricodi volume sia nella fase acuta che nella cronica. Il dosaggio della furosemide dovrebbe essere adattato al singolo paziente e dovrebbe essere il dosaggio minimo in grado di mantenere una condizione clinica stabile. L’utilizzo di diuretici attiva il sistema renina-angiotensina-aldosterone e quindi va associato ad un ACE-inibitore. Inoltre, diversi studi hanno dimostrato che l’utilizzo di enalapril o benazepril, in aggiunta alla terapia standard ( furosemide e/o digossina) non solo migliora la qualità della vita, ma è anche associato ad un prolungamento della stessa.
    Nel prossimo articolo continueremo a parlare della terapia nei pazienti affetti da malattia valvolare mitralica.

    Articolo a cura della Dott.ssa Daniela Ferrari, Clinica Veterinaria Borgarello

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  • Eterocromia

    L’iride è quella struttura dell’occhio che separa la camera anteriore da quella posteriore e presenta al centro il foro pupillare. L’iride è un diaframma sottile, colorata e presenta variazioni individuali legate alla densità degli strati che la costituiscono: in particolare, il colore è direttamente collegato al numero di melanociti presenti nello stroma irideo ed alla quantità e alla densità del pigmento in essi contenuto. Generalmente il colore è brunastro, con tonalità che vanno dal marrone al giallo oro ed anche al blu, con maggiore varietà nel gatto. Con il termine di eterocromia si intende la caratteristica somatica in cui gli occhi di un individuo presentano due colorazioni diverse.

    Quando alcune zone dell’iride dello stesso occhio sono di colore diverso, si parla di eterocromia monoculare; qualora sia l’intera iride di un occhio di colore diverso dal controlaterale, si parla invece di eterocromia bioculare. Di per sé questo fatto non ha significato patologico: essendo la pigmentazione iridea determinata geneticamente, ne deriva che il suo colore è un carattere di tipo ereditario. Per quanto riguarda l’eterocromia determinata dal gene merle, è possibile che essa sia associata ad altre anomalie uveali anteriori, quali ipoplasia dell’iride, colobomi e persistenza della membrana pupillare (PPM). Inoltre, sempre associate al gene merle, si possono osservare altre anomalie oculari multiple, quali macroftalmia, cataratta, displasia retinica ed ipoplasia del nervo ottico. Le razze più interessate sono collie, alani, bassotti e pastori australiani. Le anomalie oculari più gravi si manifestano nei merle omozigoti con mantello eccessivamente bianco che coinvolge le regione della testa. Gli animali affetti possono avere anche gradi variabili di sordità congenita.

    A cura della Dott.ssa Valentina Declame

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  • Come gestire la cagna durante la gravidanza

    Un punto chiave della gestione della cagna in gravidanza è la nutrizione. Al termine della gravidanza la femmina deve avere un incremento del peso pari al 15-20% del peso iniziale. Inoltre nel post-partum si dovrebbe avere un ulteriore incremento del 5-10 %.
    Per ottenere questo risultato è necessario seguire un regime dietetico particolare a partire dalla 6°settimana di gravidanza, perché in questo momento si ha un aumento significativo della massa fetale e di conseguenza aumenta la richiesta energetica da parte della madre.
    L’alimento ideale in questo periodo dovrebbe contenere un indice proteico maggiore del 40-70% rispetto un alimento standard. Il quantitativo proteico deve essere di 4g/100 Kcal. Se non si segue una dieta prettamente proteica i rischi di insorgenza di patologie neonatali aumenta considerevolmente e in particolare si possono avere cuccioli disvitali che muoiono nelle prime 48 ore di vita, cuccioli con un sistema immunitario molto scarso e predisposti a malattie virali e batteriche, cuccioli con uno scarso peso alla nascita.
    Per quanto riguarda i grassi basta un contenuto del 10-25% nell’alimento.
    I carboidrati hanno un ruolo molto importante in questa fase perché il loro equilibrio evita l’insorgenza di ipoglicemia e chinetosi a fine gravidanza. Se non sono contemplati nella dieta o il loro contenuto è scarso bisogna aumentare il contenuto proteico del doppio.

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    Molto importante è il ruolo di due elementi minerali quali calcio e fosforo. Se si aumenta la dose durante le prime settimane di gravidanza possono favorire l’insorgenza di eclampsia due settimane dopo il parto. Questo perché l’integrazione di calcio fa sì che l’organismo non metta in atto i meccanismi di attivazione delle paratiroidi che restano a riposo anche nel post-partum. E’ quindi buona norma integrare i due elementi dopo il parto.
    Riassumendo:
    -le cagne gravide non devono modificare la dieta nella prima metà di gravidanza;
    -il fabbisogno energetico aumenta nella seconda metà di gravidanza dove si dovrà somministrare un alimento altamente digeribile, energetico e con un elevato contenuto proteico;
    -si consiglia la somministrazione di questa tipologia di alimento fino allo svezzamento dei cuccioli;
    -l’integrazione di calcio deve essere fatta esclusivamente nel post-partum fino allo svezzamento dei cuccioli;
    L’alimento che rispetta i requisiti suddetti è l’alimento per cuccioli: elevato contenuto energetico, elevata frazione proteica digeribile, calcio in quantità accettabile.
    E’ molto importante seguire una linea nutrizionale di questo tipo poiché gli errori alimentari portano problemi sia nella cagna che nei cuccioli. Cagne obese infatti hanno calori silenti, interestri prolungati, scarsa ovulazione, cucciolate poco numerose, produzione lattea insufficiente. Cagne sottopeso invece partoriscono cuccioli sottopeso, deboli e con tendenza all’ipoglicemia, malattie respiratorie, emorragie, scarsa sopravvivenza.
    In gravidanza i farmaci si dovrebbero evitare e quando ciò non è possibile ci si dovrebbe affidare alle indicazioni di un esperto.

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    Elenchiamo qui di seguito i farmaci da evitare assolutamente in gravidanza:
    -Aminoglicosidi (tipo di antibiotici): sono neurotossici;
    -Cloramfenicolo (tipo di antibiotici): deprime lo sviluppo del midollo osseo;
    -Tetracicline (tipo di antibiotici): si depositano su ossa e denti;
    -Anestetici: deprimono la respirazione fetale;
    -Cortisone: può indurre aborto, mortalità fetale, anomalie anatomiche quali palatoschisi;
    -Estrogeni e androgeni: determinano malformazioni del sistema urogenitale.
    Nel prossimo articolo vi daremo qualche consiglio sulla preparazione al parto. Continuate a seguirci!

    A cura della dott.ssa Katiuscia Camboni della Clinica Veterinaria Borgarello

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  • Le Strutture Veterinarie in Italia

    Le strutture veterinarie presenti sul territorio nazionale possono essere classificate in diverse categorie a seconda delle caratteristiche strutturali e di servizi erogati. La struttura più semplice corrisponde allo studio veterinario: che può essere con o senza accesso di animali. Se lo studio prevede l’accesso di animali deve essere rilasciata una autorizzazione sanitaria e la struttura dovrà avere dei locali atti allo svolgimento delle prestazioni medico veterinarie. Salendo incontriamo l’ Ambulatorio Veterinario a cui sono richiesti i seguenti requisiti strutturali: una sala d’attesa, un’area per gli adempimenti amministrativi, dei locali per l’attività clinica, una sala chirurgica e locali (o armadi) per il deposito dei materiali. In tutti i locali dell’ambulatorio veterinario deve eccerci un’adeguata illuminazione e ventilazione. Indispensabile la presenza dei servizi igienici.

    Ambulatorio Veterinario, Clinica Veterinaria, Ospedale Veterinario

     
    La clinica veterinaria ha una struttura decisamente più complessa, dovrà essere dotata di requisiti sia strutturali che impiantistici atti a garantire un maggior numero di prestazioni. I locali necessari comprendono: una sala d’attesa, una o più sale visita, una sala chirurgica, la diagnostica per immagini, i ricoveri per la degenza con locali separati per le malattie infettive. Sono anche richiesti un laboratorio interno, locali per l’amministrazione e per il magazzino. La Clinica Veterinaria può effettuare il ricovero degli animali per periodi di tempo più o meno lunghi. Nella denominazione si può anche utilizzare, in alternativa a clinica veterinaria, il termine “casa di cura veterinaria”. Non esistono limitazioni per quanto riguarda la superficie. Anche la clinica veterinaria come l’ambulatorio veterinario deve avere un laureato in medicina veterinario che ricopra la carica di direttore sanitario. All’interno delle cliniche veterinarie operano più medici con specializzazioni o campi di interesse diversi.
     
     
    Ancora più complessa sarà l’organizzazione di un Ospedale Veterinario: struttura veterinaria avente individualità propria ed organizzazione autonoma nella quale vengono fornite prestazioni professionali da più medici veterinari, generici o specialisti ed in cui è prevista la degenza di animali oltre quella giornaliera. Nell’ospedale veterinario è garantito il servizio di pronto soccorso sull’arco delle 24 ore, con presenza continuativa di almeno un medico veterinario, nonché il servizio di diagnostica di laboratorio. • Requisiti minimi strutturali: – sala d’attesa; – locale per gli adempimenti amministrativi; – locale per attività clinica; – locale per attività chirurgica; – locale per la diagnostica radiologica; – locale per il laboratorio di analisi interno; – locale per il pronto soccorso e terapia intensiva; – locali o armadi destinati al deposito di materiale d’uso, farmaci attrezzature, strumentazioni; – locale adeguato e attrezzato con box e/o gabbie per la degenza degli animali; – locale separato per il ricovero di animali con malattie trasmissibili; – servizi igienici; – locali ad uso personale. • Requisiti minimi impiantistici: – nella sala di attesa e nei locali operativi deve essere assicurata un’adeguata illuminazione ed areazione; – impianto idrico. • Requisiti minimi tecnologici: – l’ospedale veterinario deve disporre di attrezzature e presidi medico-chirurgici in relazione alla specifica attività svolta. Requisiti minimi organizzativi: – identificazione e comunicazione all’utenza del nominativo del direttore sanitario; – affissione di orario, regolamento interno e modalità di accesso alla struttura; – presenza di almeno un medico veterinario nell’arco delle 24 ore.
    A cura del Dott.Bartolomeo Borgarello

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  • Esami del sangue: il glucosio

     

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    Riprendiamo oggi il nostro percorso attraverso gli esami biochimici parlando della misurazione del contenuto di glucosio nel sangue ovvero di glicemia.

    Il glucosio è un monosaccaride cioè uno zucchero che non può essere idrolizzato in un carboidrato più semplice, anzi: la maggior parte degli zuccheri complessi presenti nell’alimentazione viene scissa e ridotta proprio in glucosio e in altri glucidi semplici.

    zucchero

    Esso possiede una enorme importanza biologica perché rappresenta la principale fonte di energia dell’organismo. A livello cellulare avviene un processo chiamato glicolisi responsabile della trasformazione del glucosio in molecole più semplici e della produzione di energia sotto forma di adenosina trifosfato (ATP). L’ATP rappresenta un vero e proprio “combustibile” che consente alle cellule di svolgere le numerose funzioni a cui sono destinate.

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    Da quanto detto, si capisce l’importanza fondamentale di questo zucchero per la sopravvivenza di ciascuno e il perché la glicemia rappresenti un parametro presente in qualsiasi pannello biochimico. La misurazione del glucosio plasmatico può essere fatta sia attraverso uno strumento specifico chiamato glucometro che con le normali macchine per esami mediante chimica liquida o secca.

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    La corretta concentrazione del glucosio nel sangue è regolata dall’interazione tra lo zucchero introdotto con la dieta, le riserve presenti a livello del fegato e gli ormoni preposti all’utilizzo del glucosio stesso: insulina e glucagone. Il fegato è in grado di rilasciare il monosaccaride mediante due processi: la glicogenolisi, che mette in gioco le riserve di zucchero precedentemente immagazzinate a livello epatico e la gluconeogenesi in grado di produrre “ex novo” glucosio a partire da acidi grassi e aminoacidi. L’insulina, prodotta dalle cellule beta del pancreas, è il principale ormone regolatore del glucosio nel sangue: quando questo aumenta l’insulina viene rilasciata e favorisce la sua captazione a livello cellulare, con conseguente riduzione a livello ematico, e viceversa. Un altro ormone pancreatico, il glucagone agisce promuovendo il rilascio di glucosio nel sangue attraverso la glicogenolisi epatica.

    insulina

    L’innalzamento della concentrazione ematica di glucosio viene definito: iperglicemia. L’insulina, come accennato, è un ormone che facilita il metabolismo del glucosio a livello di muscoli, tessuto adiposo e fegato: la sua carenza, in concomitanza con il rilascio di glucagone, porta a iperglicemia. Quando lo zucchero raggiunge una concentrazione molto elevata nel sangue, inizia ad essere perso attraverso le urine e questo processo viene chiamato: glicosuria. La condizione patologica per eccellenza dovuta ad uno stato cronico di iperglicemia è definita: diabete.

    ­All’opposto l’abbassamento dei livelli ematici di glucosio si chiama ipoglicemia. Una causa frequente e patologica di ipoglicemia è rappresentata da tumori delle cellule beta pancreatiche che determinano un eccesso di insulina nel sangue (neoplasie insulino-secernenti).

    Nel prossimo capitolo affronteremo il discorso degli elettroliti ovvero i sali disciolti nel sangue e le ragioni per le quali è importante controllarli. Continuate a seguirci su tgvet.

    Articolo a cura della Dr.ssa Martina Chiapasco

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  • Lishmaniosi canina: diagnosi tramite l’ematologia e la citologia linfonodale

    Nei pazienti con Leishmaniosi canina, l’ematologia, compresa la valutazione del midollo osseo, l’emostasi e l’esame citologico dei linfonodi e della milza, sembrano avere un ruolo significativo nella diagnosi della malattia. Per i cani che risiedono in zone endemiche la tendenza al sanguinamento, di solito espressa in forma di epistassi, l’anemia non rigenerativa e la linfoadenomegalia periferica possono far aumentare il sospetto per l’infezione da Leishmania.

    L’anemia normocromica normocitica (in cui i globuli rossi conservano la colorazione e la forma originale) che si riscontra in corso di Leishmaniosi canina, è stata attribuita a una riduzione dell’eritropoiesi dovuta all’infestazione cronica da parte del parassita e come conseguenza dell’insufficienza renale cronica. Esistono casi di Leishmaniosi in cui viene segnalata una riduzione della produzione di globuli rossi, dovuta a fenomeni di carenza di ferro. Questi compaiono secondariamente a perdita ematica cronica o meno frequentemente in seguito a perdite ematiche acute, associate a profusa epistassi o a gravi e profonde ulcerazioni del tartufo e dei cuscinetti plantari. Un’altra causa, meno comune, di anemia associata a Leishmaniosi è l’emolisi dovuta alla deposizione di immunocomplessi o alla formazione di autoanticorpi.

    Per quanto riguarda i globuli bianchi invece è possibile evidenziare sia fenomeni di leucopenia che di leucocitosi. Gli studi hanno comunque dimostrato che sono più frequenti i casi di leucopenia soprattutto quando sono già presenti i segni clinici della malattia.

    Nel cane sintomatico si possono rilevare inoltre trombocitopenia (mancanza di piastrine) e trombocitopatia, con conseguente aumento dei tempi della coagulazione del sangue. Questo spiega in parte sintomi come l’epistassi e la diarrea sanguinolenta, che vanno comunque associati a fenomeni quali l’iperviscosità del sangue e le ulcerazioni della mucosa nasale e intestinale. Le ulcerazioni delle mucose sono a loro volta associate all’elevato livello di azotemia, sempre conseguente all’insufficienza renale cronica. I reni infatti non funzionando bene non sono in grado di filtrare correttamente il sangue, non concentrano l’urina, e la conseguenza è un aumento dei cataboliti in circolo che danneggiano i tessuti dell’organismo.

    Lo striscio di sangue per la ricerca di amastigoti è indaginoso e spesso inconcludente, dal momento che i parassiti sono poco numerosi nel sangue periferico; sono invece efficaci l’emocoltura e la diagnosi con PCR, che sono però esami più costosi e complessi.

    Ha invece una sensibilità più elevata l’esame citologico dei campioni prelevati mediante aspirazione con ago sottile, realizzata nei pazienti che presentano linfoadenomegalia periferica generalizzata. In questo esame si nota un aumento del numero di plasmacellule e macrofagi che contengono un numero variabile di amastigoti. La citologia linfonodale quindi rappresenta un valido strumento diagnostico per confermare la presenza di Leishmaniosi , anche se sono necessari una buona esperienza e un accurato esame microscopico, perché i detriti nucleari e cellulari possono sembrare simili agli amastigoti e portare a diagnosi falsamente positive.

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  • Malattia valvolare mitralica (3°parte)

    Abbiamo visto che con il fonendoscopio e le lastre del torace, possiamo diagnosticare la presenza della malattia valvolare mitralica e monitorare la presenza e la progressione di edema polmonare. L’ecocardiografia nella diagnosi della malattia valvolare mitralica permette prima di tutto la conferma della diagnosi, consentendo di osservare le tipiche lesioni mitraliche e di valutare le conseguenze cardiache della presenza di insufficienza mitralica quali il grado di ipertrofia eccentrica e di dilatazione atriale sinistra. Inoltre la progressione della patologia, il sovraccarico di volume cronico e l’aumento della pressione atriale sinistra possono causare ipertensione polmonare. L’esame eco-doppler permette in questi pazienti di stimare la pressione polmonare in modo non invasivo, mediante la valutazione della velocità del rigurgito tricuspidale. L’ecocardiografia permette inoltre di valutare la funzione sistolica e diastolica e quindi di poter impostare o modificare il piano terapeutico in modo razionale.
    Riassumiamo in un semplice schema la diagnosi della malattia valvolare mitralica:

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    Articolo a cura della Dott.ssa Daniela Ferrari, Clinica Veterinaria Borgarello

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  • Sclerosi senile del cristallino

    Il cristallino è una struttura dell’occhio nota anche come “lente”: esso consente la messa a fuoco delle immagini sul fondo dell’occhio grazie alle sue caratteristiche strutturali e al suo sistema di sospensione. Il cristallino è una struttura biconvessa , trasparente e refrattiva, sospesa e tenuta in sede dalle fibre zonulari, posta dietro l’iride, che separa i segmenti anteriore e posteriore dell’occhio. Esso è costituito da una capsula, da un epitelio e da fibre; è composto da un nucleo centrale e da una corticale circostante, che possono essere ulteriormente suddivisi in una porzione anteriore e una posteriore.

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    Il cristallino dell’animale adulto è costituito da fibre primarie e secondarie. Le prime si differenziano dall’epitelio del cristallino posteriore in uno stadio precoce dello sviluppo dell’occhio, si allungano e riempiono la vescicola lenticolare, formando una sfera solida che nell’adulto costituirà il nucleo centrale del cristallino. L’epitelio posteriore della lente scompare quando essa diventa matura, rimanendo solo in forma di una capsula posteriore molto sottile. Le cellule dell’epitelio anteriore sono localizzate sotto la capsula anteriore e si moltiplicano attivamente per tutta la vita spostandosi verso la periferia e all’equatore si allungano per formare le fibre secondarie, che si estendono nella corticale anteriore e in quella posteriore. Durante tutta la vita dell’animale si formano nuove fibre secondarie, che causano una compressione progressiva del nucleo e una sua concomitante disidratazione. La capsula anteriore della lente è prodotta continuamente dall’epitelio anteriore e si ispessisce quando l’animale invecchia.

    Le fibre secondarie sono parzialmente responsabili delle normali alterazioni dovute all’età, in particolare della sclerosi nucleare senile. La sclerosi del nucleo si verifica negli animali anziani e nel gatto non è così evidente come nel cane: a causa di questo processo di invecchiamento fisiologico, la lente dei nostri animali diventa visibilmente più opaca e nel cane di 7-8 anni, è possibile individuarne il nucleo. Dal momento che l’aspetto della sclerosi della lente può essere molto simile a quello che assume il cristallino colpito da cataratta è importante rivolgersi ad uno specialista per permettere di differenziare i due fenomeni: per la saluta del vostro ciò è molto importante. La prima rappresenta infatti un processo fisiologico legato all’età dell’animale, la seconda un processo patologico che richiede un intervento specialistico, sia di tipo medico che chirurgico.

    A cura della Dott.ssa Valentina Declame

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  • Diagnosi di gravidanza nella cagna e nella gatta (II)

    Il metodo più sicuro per valutare lo stato di gravidanza è sicuramente l’ecografia.
    Con tale ausilio è possibile valutare la vitalità e la frequenza cardiaca dei feti. Inoltre è possibile monitorarne le fasi di crescita e sviluppo.
    Vediamo ora cosa si può rilevare con l’ecografia in ordine cronologico considerando come giorno “zero” quello in cui si è verificata l’ovulazione.
    17-19° giorno: è visibile una vescicola anecogena (nera) circondata da una linea iperecogena (bianca) che rappresenta la parete della vescicola. Questa risulterà sempre di forma tondeggiante in tutte le sezioni.
    20° giorno: il diametro della vescicola arriva a 7 mm e la lunghezza è di 15 mm.
    21° giorno: è visibile l’embrione all’interno della vescicola.

    eco gravidanza cagna
    25-30° giorno: è il periodo ideale per approssimare il numero totale dei feti.
    22-23° giorno: inizia l’attività cardiaca, ben più valutabile al 28-29° giorno. La frequenza cardiaca è di 200-250 battiti al minuto e cala in prossimità del parto.
    24-25° giorno: è visibile la placenta mentre il cordone si individua tra il 28-30° giorno.
    30-32° giorno: compaiono gli abbozzi degli arti.
    32-34° giorno: compaiono i nuclei di ossificazione.
    34-35° giorno: si individuano i primi organi addominali, ovvero lo stomaco e la vescica che appaiono come due strutture tondeggianti anecogene (nere).
    34-36° giorno
    : iniziano i movimenti fetali.
    37-39° giorno: si ha la divisione del cuore nelle quattro camere.
    37-45° giorno: si rendono visibili i reni e gli occhi.
    38-39° giorno: sono visibili i polmoni dall’ecogenicità maggiore del fegato (cioè più bianchi). Mentre il fegato è ipèrecogeno in confronto al resto dell’addome (cioè più bianco).
    55-61° giorno: è visibile l’intestino.
    Nonostante la valutazione dello sviluppo fetale ci dia degli ottimi indici per stabilire la data del parto non sarà mai precisa. Un metodo molto valido per stadiare la gravidanza è quello del rilevamento del diametro della vescicola embrionale nella prima metà della gravidanza e il diametro biparietale del cranio nella seconda metà. Esistono infatti delle formule matematiche che a partire da queste misure portano all’individuazione dei giorni mancanti al parto.
    Un ausilio diagnostico molto importante è rappresentato dalla radiologia, ma attenzione perché si può ricorrere a questa metodica solo dopo il 45° giorno di gravidanza, quando gli scheletri fetali iniziano il processo di mineralizzazione e sono quindi visibili sulla radiografia.

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    E’ importante eseguire la lastra a fine gravidanza per risalire al numero esatto di feti (contando le strutture craniche e le colonne vertebrali) e per paragonare il diametro della testa fetale all’asse trasverso della pelvi materna.
    Nella gatta la diagnosi di gravidanza segue lo stesso schema della cagna.
    In radiografia si studiano le strutture ossee per valutare l’età fetale.
    38-40° giorno: sono visibili cranio, scapola, omero, femore, vertebre e costole.
    43° giorno: sono visibili tibia, fibula, ileo, ischio.
    49° giorno: sono visibili metatarso e metacarpo.
    52-53° giorno: sono visibili lo sterno e le dita.
    56-63° giorno: sono visibili i molari.
    Una volta diagnosticata la gravidanza dovremmo adottare una serie di misure perché la futura madre sia in perfetta salute al momento del parto. Di questo argomento però parleremo nel prossimo articolo.

    A cura della dott.ssa Katiuscia Camboni della Clinica Veterinaria Borgarello

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