Mercoledì, 20 Gennaio 2016 12:06

groupon La Fnomceo non dovrà pagare la sanzione da 800mila euro inflittagli dall’Antitrust. Multa annullata per “accertata prescrizione dell’illecito”.
Il Tar del Lazio l’aveva dimezzata, il Consiglio di Stato l’ha annullata: la Fnomceo non dovrà pagare la multa di oltre 800 mila euro.

Ieri il Consiglio di Stato ha azzerato tutto, accogliendo i ricorsi presentati dalla Federazione degli Ordini dei medici contro Groupon e soprattutto contro l’Antitrust, per contestare il provvedimento sanzionatorio deciso nel 2014 dal Garante della Concorrenza.  Motivo della pesantissima multa: un articolo del Codice Deontologico della Fnomceo- risalente al 2006 e mantenuto per otto anni malgrado le sopraggiunte liberalizzazioni- riguardante il divieto di utilizzo della pubblicità commerciale da parte degli iscritti. Per l’Antitrust, la Fnomceo ha mantenuto dal 2006 al 2014i una deontologia incompatibile con la normativa nazionale sulla concorrenza professionale. Per la Fnomceo, l’Antitrust è intervenuto tardivamente (dopo i cinque anni dal fatto contestato previsti dalla legge) ed erroneamente ( l’illecito non ha natura di illecito “permanente”).

In Consiglio di Stato (v. sentenza) l’ha spuntata la Fnomceo.

Casus belli è stato Groupon e le inserzioni pubblicitarie di iscritti odontoiatri. L’Ordine dei medici si rivolgeva all’Antitrust che, per tutta risposta, apriva un’istruttoria contro Fnomceo per avere ” ingiustificatamente limitato il ricorso alla pubblicità” anche a seguito di segnalazioni al Garante da parte di professionisti e della stessa società Groupon che lamentavano  “pressioni” sui medici con “disdetta dei contratti”.
Per l’Antitrust, la pubblicità anche ricorrendo ai gruppi di acquisto è una “importante leva concorrenziale”.

Ad aprile del 2015, la sanzione era stata dimezzata dal TAR del Lazio (che aveva temporalizzato l’illecito) e successivamente sospesa, in attesa della pronuncia definitiva del Consiglio di Stato che ieri ha accolto il ricorso dei medici. Tuttavia-  a differenza del TAR Lazio, il Consiglio di Stato non è entrato nel merito dei rapporti fra deontologia e libera concorrenza, limitandosi a considerazioni di tipo procedurale: in sostanza, la fine del contenzioso si deve al fatto che l’illecito si è prescritto.  Nel merito della dialettica deontologia e mercato era invece entrato il TAR ammettendo la pubblicità on line (in linea con l’Antitrust) ma difendendo la proporzionalità delle tariffe (principio di etica professionale non cancellato da nessuna normativa).

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