Le discussioni in condominio sono sempre molto frequenti. La presenza di animali è tra le cause principali di liti condominiali, e spesso ci si vede in tribunale.

La legge n. 220/2012 di riforma del condominio, entrata in vigore dal 18 giugno 2013, ha aggiunto un ultimo comma all’art. 1138 c.c., specificando che nessun tipo di regolamento, contrattuale o assembleare, può vietare ai singoli condomini di possedere un animale domestico. Tale divieto, infatti, comporterebbe una limitazione dei diritti delle persone agli affetti familiari.

Che cosa accade se il divieto è contenuto all’interno di un regolamento antecedente la riforma? In tal caso, in forza del principio di irretroattività della legge, il divieto resta tale. L’unica soluzione possibile per consentire ai condòmini di possedere un animale domestico è quindi la modifica del regolamento.

Contrariamente a quanto si possa pensare, la norma riformata autorizza di fatto l’utilizzo delle parte condominiali comuni, perché proprietà di tutti i condomini. Come non si può vietare al condomino di possedere un animale, non gli si può nemmeno vietare, ad esempio, l’uso dell’ascensore o del giardino condominiale, purché non sporchi ed emetta odori particolari. Con riferimento alle parti comuni, infatti, trova applicazione l’art. 1102 c.c., che impone di contemperare gli interessi di tutti i comproprietari, garantendo il pieno e libero uso e godimento da parte di ciascuno senza, però, abusi in danno agli altri.

Quindi, così come coloro che non gradiscono la presenza di animali dovranno attenersi alle norme suddette, anche i possessori di animali dovranno rispettare alcune regole di convivenza condominiale. La libertà di detenere animali domestici, infatti, incontra il limite del rispetto dei diritti degli altri condòmini alla quiete ed alla salute, nonché dei doveri di controllo e custodia nelle parti comuni. In particolare:

  • l’animale non deve essere lasciato libero nelle parti comuni, emanare cattivi odori o emettere costantemente rumori molesti;
  • il regolamento può comunque limitare il diritto a possedere animali per ragioni igienico-sanitarie (ad esempio, può limitarsi il numero di animali per ogni abitazione);
  • gli accordi condominiali possono limitarne l’accesso in zone comuni ben definite (tranne scale, ascensore, giardini, ecc…), purché non si violi il diritto sancito dalla legge;
  • nei luoghi in cui l’animale può incontrare altre persone, è necessario l’uso del guinzaglio o delle apposite gabbiette, e, all’occorrenza, della museruola;
  • può vietarsi la detenzione di un animale domestico qualora produca rumori molesti di notte e di giorno, tenendo comunque conto del principio di “normale tollerabilità” necessario per una pacifica convivenza;
  • il contratto di locazione, che ha natura privata e vincolante tra le parti, può invece contenere una specifica clausola di divieto alla detenzione di animali domestici.

Per la violazione di tali regole è sempre prevista la responsabilità civile ex art. 2052 c.c., nonché, in casi particolarmente gravi, i reati ex art. 659 c.p. (disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone) ed ex art. 672 c.p. (omessa custodia e mal governo di animali).
In conclusione, oltre al rispetto di queste poche norme, sarebbe comunque opportuno rispettare le regole del buon senso e del rispetto reciproco per una tranquilla convivenza condominiale, per la felicità degli amici a quattro zampe e dei vicini.
Se avete domande o dubbi da chiarire sull’argomento potete scrivere a [email protected]. Le risposte non si faranno attendere.

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