Il regolamento condominiale può impedirmi di tenere un cane o un gatto? Cosa fare in caso di divieto? Quali responsabilità in caso di aggressione ad un vicino?

L’assemblea potrà dire quello che vuole ma nessuno può vietare gli animali in condominio, a meno che si tratti di una bestia pericolosa che mette a repentaglio l’incolumità dei vicini (convivere con un dirimpettaio che porta a spasso sulle scale o in ascensore un coccodrillo potrebbe rappresentare un problema, in effetti). Più volte i giudici si sono espressi su questo concetto. E più volte hanno ribadito che nemmeno se c’è una delibera approvata all’unanimità si possono vietare gli animali in condominio. C’è anche una legge in merito [1] secondo cui nessuno è legittimato a porre dei limiti in questo senso. Chi vuole tenere in casa il cane, il gatto o il canarino che canta dalla mattina alla sera (pensate che bello sentire lui anziché i pettegolezzi della vicina di sopra) può farlo liberamente. Certo, rispettando alcune regole, come tenere il cane al guinzaglio quando si passa nei luoghi ad uso comune. Vediamo cosa dicono la legge e la giurisprudenza sugli animali in condominio e sul perché non si possono vietare.

Animali in condominio: per la legge si possono vietare?

Nel giugno del 2013 è entrata in vigore la modifica alla legge secondo cui il regolamento di un condominio «non può porre dei limiti alle destinazioni d’uso delle unità di proprietà esclusiva, né vietare di possedere o detenere animali di compagnia». L’amministratore o il proprietario che imponga il contrario starebbe, pertanto, commettendo un atto illegale perché – recita il testo – starebbe «menomando i diritti personali ed individuali del condomino» [2].

Eccoci, dunque, al primo punto fermo stabilito dalla legge: chi vieta ad un condomino di avere un animale in casa, limita i diritti personali ed individuali del condomino stesso.

Può succedere che il condominio decida all’unanimità di non accettare dei cani, dei gatti o altri animali domestici negli appartamenti dell’edificio. Come può anche approvare un regolamento per vietare la presenza di animali nel condominio. È bene sapere che in entrambi i casi, la decisione è nulla.

Secondo la Cassazione, infatti, «è inesistente il divieto giuridico di tenere cani in condominio. Il regolamento che contenga una norma contraria è limitativo del diritto di proprietà e, quindi, giuridicamente nullo» [3]. Ovviamente, quello che vale per il cane vale anche per gli altri animali di compagnia.

Più recentemente, i pretori di Torino e di Milano si sono espressi su questa linea: hanno assolto due proprietari di cani e condannato i titolari degli stabili al pagamento delle spese di lite, stabilendo che «i cani e gli altri animali domestici fanno parte delle affettività familiari».

Non bastasse, il Tribunale di Cagliari ha ribadito lo stesso concetto [4], contestando un regolamento condominiale che impediva ad un vicino di tenere un animale in casa. I giudici sardi hanno ricordato il passaggio della legge secondo cui «le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici», principio applicabile a qualsiasi disposizione contenuta sia nei regolamenti di tipo contrattuale sia in quelli di tipo assembleare, precedenti o successivi alla riforma del 2012.

Ma il Tribunale di Cagliari si è spinto oltre ed ha stabilito che il regolamento condominiale che non rispetti tale disposizione è nullo anche perché contrario ai principi di ordine pubblico, individuabili nella necessità di valorizzare il rapporto uomo-animale e nell’affermazione di quest’ultimo principio anche a livello europeo [5]. L’Unione e gli Stati membri devono tenere «pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti» [6].

Se il condominio mi vieta di tenere il cane, cosa posso fare?

Se l’assemblea del condominio, ignorando quanto sancito dalla legge, approvasse comunque una delibera che limita il possesso di animali domestici, è possibile annullarla presentando ricorso al Giudice di Pace entro 30 giorni dalla data di delibera o dalla data di ricevimento del verbale. Il ricorso può essere scritto su carta libera ed è opportuno presentare la relativa documentazione che dimostri il buono stato dell’animale (eventuali certificati medici, ad esempio) oltre alle sentenze in materia ed alla copia della delibera. Il ricorso al Giudice di Pace si può evitare nel caso in cui la questione non sia stata dibattuta tra i punti all’ordine del giorno dell’assemblea, ma soltanto tra le «varie ed eventuali». In questo caso, basta una raccomandata A/R all’amministratore del condominio per porre fine a tutto.

Posso portare il cane negli spazi comuni del condominio?

Ma posso salire in ascensore con il mio cane? Certo. Il Codice Civile [7] stabilisce che gli spazi comuni di un condominio sono, appunto, «comuni», cioè usufruibili da chiunque, purché vengano rispettate le più elementari norme di igiene e del decoro urbano. Se un vicino vuole contestare queste ultime, dovrà dimostrare, con apposita documentazione e con le dovute perizie, che sia stato l’animale a causare il deterioramento o la sporcizia dei luoghi in comune o che sia portatore di qualche malattia. Ad ogni modo, e per evitare banali problemi, è sempre buona cosa tenere il cane al guinzaglio o dotarlo di museruola quando si entra in ascensore o si utilizzano le scale.

Animali in condominio: se il mio cane viene maltrattato cosa posso fare?

Qualche volta si verificano delle aggressioni agli animali dei vicini, ritenuti colpevoli di abbaiare troppo o di ledere la sensibilità degli altri. In questi casi, è opportuno presentare una denuncia-querela alle Forze dell’Ordine per minaccia [8] o, nell’ipotesi più grave, per uccisione di animale [9]. Se il malintenzionato ricorre al famigerato «bocconcino avvelenato», rischia fino a 2 anni di reclusione in base al Testo Unico delle Leggi Sanitarie, che vieta la distribuzione di sostanze velenose poiché potrebbero essere ingerite anche dai bambini.

Quando si rischia un reclamo per l’animale in condominio?

Naturalmente, non esistono solo i diritti. Il proprietario di un animale domestico può rischiare un reclamo se, per intensità e frequenza, i «disturbi» provocano insofferenza e causano danno alla quiete, o generano malessere anche in persone di provata pazienza.

Il caso più comune è quello del disturbo della quiete, il cane che abbaia spesso, per capirci. Non è semplice insegnare a Fido che, come per volume della musica o del televisore, deve abbassare l’intensità del latrato dalle 10 di sera alle 8 del mattino e che, di giorno, non deve, comunque, esagerare. Tuttavia, disturbare un solo vicino di casa non significa «disturbo della quiete pubblica» (anche se per il disturbo notturno che impedisca il sonno si rischia una multa o il pagamento di un risarcimento). Perché ciò avvenga, le lamentele devono essere corali [10] e l’abbaio continuato. Serve, inoltre, una perizia che dimostri che l’animare reca effettivamente un disturbo insopportabile, prima che si decida nero su bianco di allontanarlo dal condominio.

Così, infatti, ha stabilito la Cassazione [11]: se il cane abbaia non è disturbo della quiete. Se l’animale non disturba una pluralità di persone ma solo il vicino do sopra, di sotto o di fianco, il fatto non sussiste. Affinché ci sia reato, «è necessario che i rumori siano obiettivamente idonei ad incidere negativamente sulla tranquillità di un numero indeterminato di persone».

Che succede se il mio animale provoca un danno ad un vicino?

Per quanto una persona si impegni ad evitarlo, può capitare che un animale in condominio crei un danno ad un vicino di casa. Per il Codice civile [12], c’è la presunzione di colpa a carico del proprietario dell’animale contro la quale occorre la prova del caso fortuito. Questa responsabilità, secondo la Cassazione [13], ricorre ogni volta che il danno è stato prodotto con diretto nesso causale per qualsiasi atto o movimento dell’animale che dipenda dalla sua natura o che prescinda dall’agire dell’uomo.

Bisogna, inoltre, ricordare che il Codice penale [14] configura tre fattispecie di reato: lasciare liberi animali pericolosi, custodirli senza le debite cautele e affidarli a persone inesperte. Si pensi, ad esempio, a chi tiene un cane da guardia sciolto e senza museruola in uno spazio comune raggiungibile da chiunque.

note

[1] Legge n. 220/2012 in vigore dal 2013.

[2] Art. 1132 cod. civ.

[3] Cass. sent. n. 899/1972.

[4] Trib. Cagliari, ordinanza del 22.07.2016.

[5] Convenzione Ue del 13.11.1987.

[6] Trattato sul funzionamento dell’Ue ratificato in Italia con legge n. 130/2008.

[7] Art. 1117 ss. cod. civ.

[8] Ex art. 612 cod. pen.

[9] Art. 544-bis cod. pen.

[10] Art. 659 cod. pen. e art. 844 cod. civ.

[11] Cass. sent. n. 1394/2000.

[12] Art. 2052 cod. civ.

[13] Cass. sent. n. 261/1977.

[14] Art. 672 cod. pen.

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