Anni fa, una delle tante volte che per impiastritudine Milo s’era squarciato un polpastrello, per evitare che riaprisse la ferita l’ho messo dentro il cesto della biancheria. Anche il cesto, come Milo, è tutto nero, e quando ho spento la luce per farlo addormentare i suoi occhi gialli brillavano nel buio – solo quelli, inferociti perché non sapeva uscire. Gli ho scattato una foto, e ogni volta che la posto, con la didascalia “Cattivik”, non c’è concorso fotografico che non ci chieda di partecipare.

Pensavo a tutto questo giorni fa, leggendo dell’allarme di associazioni animaliste in Gran Bretagna sul boom di gatti neri abbandonati perché sarebbero poco instagrammabili. «Tutti i gatti che sono qui da più tempo sono neri», spiega la fondatrice di un rifugio di Bristol. «Trovargli casa è diventato impossibile. Quando mi chiamano per chiedermi un gatto, dicono: “Qualsiasi colore tranne il nero”». Ho ripensato a quando, dopo aver trovato Milo, mio fratello, che assiste randagi da una vita, mi disse scherzando: «E poi nero è perfetto, hai la casa tutta bianca!».

Non c’è pace per i micetti neri. Mentre aspettavo Milo, un amico, che da studente fuori sede in una città del sud aveva avuto pure lui un gattino nero, mi raccontò che un giorno, per superstizione, qualcuno s’era introdotto in casa sua e gli aveva dato fuoco. Non ci dormii tre giorni, vedevo nemici dappertutto. Come l’avrei protetto? Oggi il pregiudizio è anche su Instagram: meno violento ma non meno crudele. Se contro la superstizione ci sono giorni dedicati al gatto nero, se un gatto nero è testimonial Givenchy e trovatelli neri riempiono il cuore di tantissimi amici (ciao, Cagliostro, Valentino, Tobia), nel web che ribolle di gattini il micio si pretende fotogenico. Non solo il colore: se hanno la faccia tonda non va bene, il naso dev’essere a punta. È l’eugenetica felina, è la celebrità per interposto gatto.

Intanto guardo Milo scalciare nel sonno. Sta combattendo contro il mostro della cuccia, per la paura ha fatto la pipì. Presto, continuando a dormire, schizzerà come un proiettile a un metro di distanza, si sveglierà e mi guarderà stranito. “Mamma, questa cosa del gattovolante non funziona, io mi faccio la bua”. Sorrido e penso che non esista al mondo qualcosa, qualcuno, di più bello, anche se poi quando Milo cammina non fa un passo diritto, anche se quando si stressa gli vengono le convulsioni, anche se di notte mi sveglio e piango temendo che possa morire. Penso che Milo era arrivato proprio quando avevo da poco perso un figlio, che è stato lui, un topolino spelacchiato poco più grande di una macchia d’inchiostro, a salvarmi la vita dopo una brutta storia. Penso – so – che i gatti neri portano fortuna. E sono bellissimi.

22 febbraio 2018 (modifica il 22 febbraio 2018 | 17:52)

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