Varigotti – I cinghiali vanno al mare. Era inevitabile, considerata la contiguità non solo metaforica delle specie umana e suina in Liguria: incursioni in cerca di cibo nel centro di Genova da parte di scrofe e lattonzoli, più raramente verri, una piccola colonia a prosperare addirittura sulla diga foranea della Spezia, tra i vivai di mitili. Però nessuno si aspettava che scegliessero le migliori spiagge della riviera per fare il bagno di notte, mistificano i turisti più fantasiosi, o più semplicemente per giocare con i gatti come giurano la titolare dei bagni del borgo, Francesca Morelli, e decine di testimoni oculari. A Sori hanno fotografato il cinghiale bianco, a Varigotti il cinghiale stanco: di vivere da bestia, per l’appunto, mimetizzato nella macchia mediterranea che sale fino alle Manie.

Qualche giorno fa si festeggiava on the beach il compleanno di Benedetta, la figliola della signora Francesca, «e lui se ne stava ad ascoltare la discomusic a palla, tutto contento». Lo hanno battezzato Vladimiro.

In letteratura sono molti gli animali che non sanno stare al loro posto, dal gabbiano Jonathan Livingstone alla palombella e al gatto che le insegnò a volare. Anche questa è una favola estiva, ma il ruolo del cinghiale varia a seconda della fantasia personale. I più lo adorano.

Qualcuno ne ha paura, come la signora Genoveffa Bianchi che insegnava lettere in una scuola media di Arquata Scrivia e da quando è in pensione viene a Varigotti spesso, anche per scacciare la malinconia senile: «I miei ragazzi, quanto mi mancano»! Qualcuno fantastica su un futuro meno incongruo, per il cinghiale, anche se magari non proprio quell’esemplare lì: Lorella Carini e Giampiero Toma hanno appena rilanciato lo storico ristorante Lilo, nel cuore di Varigotti, e solo per adesso il menù prevede orata al cartoccio o crudité di pesce, tagliata di vitellone e acciughe marinate: «Il prossimo inverno, magari in salmì…».

Pino De Carolis, dietro il bancora, riflette sulle sue origini vercellesi: «Con il riso? Ci si può pensare».Davanti all’uscio ascolta e inorridisce Jonathan Mensah, il venditore di borse di paglia, ghanese di Accra. Ha 32 anni e il cinghiale non lo ha mai visto, «ma se succede scappo». Motivi religiosi, da buon islamico che ha in uggia i suini? «No, no. Pare che sia grosso».

Qualcuno ha detto cinquanta chili. Qualcun altro, «un cinghialetto». Altri sostengono che si tratti di una scrofa con prole e via a seguire, «una famiglia intera», un branco, l’intera popolazione cinghialesca del Finalese che di notte si dà convegno tra le case e gli archi arabeggianti di Varigotti. Cabiria Mimun, titolare del ristorante Dinette a Milano, una casa proprio sulla spiaggia e due bellissime bambine che si chiamano Anita e Olivia: «Spero proprio di non vederlo».

Potrebbe diventare un’attrazione turistica, però. Danilo Saccone, titolare della centralissima agenzia immobiliare, già medita un supplemento d’affitto per i monolocali con vista sulla spiaggia: «Sarebbe un valore aggiunto, no»? Quattro posti letto costano 6000 euro al mese, in riva al mare, non sarebbe un furto un aumento del dieci per cento. Forse non hanno avuto un successone le minicrociere con avvistamento di delfini e balenottere? E allora.

E allora, il «mandrogno» commerciante in vacanza Cesare Pasino, «ramo tessile», ricorda che vicino alla galleria è stato trovato anche un pollo sultano, qualche giorno fa, e la sua foto è finita sul giornale.

E Varigotti potrebbe candidarsi come il villaggio idilliaco dove gli animali vanno al mare, e si mescolano ai bagnanti che vengono da Milano e da Torino.

Una sorta di riconciliazione tra la popolazione urbana e quella selvatica, tra i muri coperti di buganvillee e la poesia del borgo: in fondo, l’Eden non doveva essere troppo diverso.

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