Riprendiamo oggi il discorso sul virus dell’immunodeficienza felina (FIV), parlando di segni cinici, diagnosi e opzioni terapeutiche.

fiv gatto 
Il FIV, analogamente all’HIV, ha una patogenesi caratterizzata da un lungo periodo di latenza clinica durante il quale le funzioni del sistema immunitario gradualmente si deteriorano. Terminata questa prima fase, si passa alla vera e propria Sindrome da Immunodeficienza Acquisita (AIDS) che può portare all’ instaurarsi di infezioni opportunistiche, malattie sistemiche, direttamente o indirettamente correlate alla presenza del virus, e neoplasie. Raramente FIV induce direttamente una malattia: caratteristica saliente di un gatto positivo ammalato è il fatto di essere affetto da patologie opportunistiche ad andamento cronico, ricorrenti e, spesso, refrattarie alle terapie con dosaggi classici.

Nel periodo post infezione si possono avere febbre, diarrea, congiuntivite e linfoadenopatie di grado variabile, molto spesso inosservate perché di breve durata. Esami ematologici in questa prima fase evidenziano linfopenia e neutropenia marcata. Terminato tale periodo, si passa ad una fase di latenza priva di sintomi che può durare molti anni (5-10) e la sua evoluzione verso lo stadio finale di malattia (sindrome da immunodeficienza) dipende da molti fattori: età (soggetti che contraggono FAIDS molto giovani hanno un’evoluzione più rapida), stato di salute del paziente nelle prime fasi d’infezione, stile di vita e dose e via di inoculazione, condizioni immunitarie soggettive. Le patologie più frequentemente diagnosticate nello stadio avanzato di FAIDS sono: sindrome stomatite/gengivite/faucite, anemia e leucopenia, insufficienza renale, IBD linfoplasmocellulare, emoplasmosi, infezioni opportunistiche (micosi, herpesvirosi, demodicosi, infezioni batteriche, sinusiti). Altre più rare sono: infiammazioni oculari (uveite e corio retinite) e neoplasie, in particolare il linfoma alimentare, a cui gatti FIV+ sono 10 volte più predisposti dei negativi.

Capisaldi nella diagnosi di FIV sono innanzitutto l’anamnesi, comprensiva della “provenienza” dell’animale, e gli eventuali segni clinici. Qualora si sospetti, in base alle suddette, un’infezione virale come causa o co-fattore della patologia osservata, allora si può procedere con esami clinico-patologici specifici. I test commerciali in ELISA offrono un’ottima affidabilità (sensibilità e specificità attorno al 95%): essi si basano sul rilevamento degli anticorpi prodotti contro il virus, tenendo conto che la sieroconversione si realizza 2-4 settimane dopo l’infezione. La maggior parte dei kit diagnostici da raramente falsi negativi, mentre possono verificarsi falsi positivi in un terzo dei soggetti testati: se nascono dubbi in tal senso, si può ricorrere alla PCR per confermare o smentire il risultato.

test fiv

I gatti FIV positivi hanno mediamente una certa longevità: la presenza del retrovirus nell’organismo non preclude la possibilità di condurre una vita lunga e di buona qualità. A garanzia di ciò, però, è necessario gestire correttamente il gatto da un punto di vista sanitario ovvero sottoporlo a regolari vaccinazioni e intervenire repentinamente coi normali protocolli qualora insorgessero patologie di ogni genere. Il Fiv, infatti, non interferisce con la risposta immunitaria ai vaccini né inficia l’efficacia dei farmaci più comunemente usati: buona accortezza sarebbe quella di prolungare il tempo delle terapie rispetto ai soggetti sani. Ci sono comunque alcuni farmaci potenzialmente dannosi per i gatti FIV+ quali: la griseofulvina (antimicotico), provoca aplasie midollari, e l’itraconazolo.

gatto fiv

Per quanto riguarda, infine, vere e proprie terapie antivirali ovvero mirate a ridurre il livello plasmatico di virus e a far aumentare i CD4+ (principali target del FIV) , al momento rispetto alla medicina umana si hanno a disposizione meno soluzioni. L’AZT (azidovudine) è attualmente il farmaco più studiato ma i pareri sulla reale efficacia sono ancora discordanti. Sotto osservazione è anche l’Interferone Ricombinante Felino (fIFNω), maggiormente accreditato e già largamente sperimentato nei trattamenti per infezioni da retrovirus e altri, FeLV compresa. Rispetto all’interferone di origine umana, anch’esso utilizzato per gli effetti immunomodulatori, l’ fIFNω agisce come vero e proprio antivirale.

A cura della dott.ssa Martina Chiapasco della Clinica Veterinaria Borgarello.

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