Un’amicizia che dura 9 mila anni quella tra l’uomo e il gatto. Gli adorabili felini domestici abitavano nella Romania del Mesolitico. E’ quanto emerge dall‘analisi del Dna dei resti di 200 gatti pubblicata sulla rivista Nature Ecology and Evolution e curata dalla genetista Eva-Maria Geigl, del Centro nazionale della ricerca scientifica francese (Cnrs), del quale fa parte anche l’italiano Claudio Ottoni.

I ricercatori hanno analizzato il Dna dei resti di gatti scoperti in diversi siti archeologici, comprese mummie dei felini sepolte nelle tombe dell’antico Egitto. L’analisi di tutti questi campioni, che risalgono al periodo tra 10.000 anni fa e l’800, ”ci ha permesso di assegnare particolari linee genetiche presenti nei gatti domestici ai loro luoghi di origine” ha spiegato Claudio Ottoni, ricercatore all’Università di Louven, in Belgio.

I gatti domestici moderni discendono da un solo tipo di gatto selvatico: Felis silvestris lybica.
Il regno dei lybica inizia nel Vicino Oriente, una regione che si estende dalla Turchia moderna fino al Libano.
Circa 10.000 anni fa, gli agricoltori hanno iniziato a conservare il grano, che ha attirato topi, che a loro volta hanno attirato i gatti selvatici.
Questi si adattarono all’ambiente domestico mentre gli uomini iniziarono a trarre vantaggio dalla loro presenza. ”Durante il Neolitico, in Medio-Oriente – ha detto il ricercatore – i gatti si avvicinarono alla comunità agricole attratti dai topi che infestavano i loro granai. I gatti facevano comodo all’uomo: tenevano lontani i topi dai raccolti di grano stoccato. L’uomo cominciò a tollerarli e volerli vicino e viceversa”. 
Dal Medio Oriente, i gatti addomesticati si sarebbero poi diffusi ovunque, seguendo gli spostamenti delle comunità agricole. La ricerca mostra, inoltre, che i gatti hanno stabilito un rapporto molto stretto con gli esseri umani anche in una seconda fase. In Egitto in epoca classica-romana, e anche in questo caso si sono spostati al seguito dei loro padroni, lungo le rotte commerciali. ”I gatti – ha rilevato Ottoni – hanno viaggiato lungo le principali rotte marittime umane, per esempio quelle che collegavano l’India con l’Egitto attraverso l’oceano Indiano in epoca romana e poi verso il Mediterraneo, o successivamente quelle vichinghe, visto che abbiamo gatti con Dna di origine ‘egiziana’ in un sito vichingo del Mar Baltico”.

Lo studio ha anche scoperto che il gatto più comune nei tempi antichi era quello con il mantello a strisce, mentre i gatti maculati sono diventati comuni solo a partire dal Medioevo. “A quel tempo questo animale era addomesticato e da lì in poi, pur cambiando pochissimo geneticamente, è stato selezionato dall’uomo per questioni estetiche fino ad arrivare a quelli odierni” conclude, Ottoni.

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