È già passato un anno da quando i nostri macachi liberati dal laboratorio di Padova hanno potuto rivedere il sole, e vogliamo festeggiare insieme a loro questo compleanno speciale raccontandovi la loro storia.

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Il laboratorio che lavorava sui trapianti tra specie, aveva una colonia di 27 scimmie destinate a subire esperimenti con cellule, organi e tessuti, diventando portatrici di materiale biologico che non appartiene loro, un’altra follia dell’uomo che con la scusa di tutelare la propria specie, distrugge ogni cosa su questo Pianeta: la natura, gli animali e gli stessi uomini. Oltretutto, i primati provengono da Paesi lontanissimi come Mauritius, Filippine e Cina, Paesi in cui sono stati strappati dalla natura per ritrovarsi in anguste gabbie in attesa di un viaggio senza ritorno.

Grazie a un lungo lavoro di trattative e l’impegno della nostra Associazione, con la collaborazione dei vertici del Consorzio di ricerca, questo incredibile e variegato gruppo di animali ha potuto toccare nuovamente l’erba e respirare il profumo della pioggia.

Un risultato impensabile fino a poco fa che fa sperare in un futuro diverso, migliore, con una scienza da e per l’uomo e le gabbie finalmente vuote.

A luglio del 2017, di notte, sono iniziate le operazioni, ore lunghissime in cui hai paura che anche la più piccola cosa possa andare storta e gli animali restino lì. Poi all’alba, con i camion carichi, il cuore pieno di gioia e la consapevolezza di essere protagonisti della più grande azione di liberazione di macachi “da vivisezione” in Italia, siamo partiti verso Semproniano. Là ci aspettavano immense strutture immerse nel verde, con spazi coperti e non, giochi, alberi, funi e soprattutto il sole, ciò che era stato negato per anni, decenni, alla nostra colonia di macachi. 

Ogni giorno con loro è un giorno speciale, nel tempo abbiamo imparato a conoscerli: non sono più dei codici numerici tatuati sul petto o sugli arti, ma sono diventati Walter, Carina, Darwin, Greta, Regina, Ginkgo, Manila, Cocò, Etna, Ester, Becky, Edera, Yoda, Elfo, Alabat, Cebu, Bella, Kenza, Buffon, Amy, Honey, Orsetto, Heidy e Carolina. Come si può facilmente intuire, identificarli uno per uno non è stato un lavoro semplice, ma osservandoli attentamente si possono notare differenze fisiche e, soprattutto, caratteriali, che donano ad ognuno un’identità unica. 

Come in ogni gruppo sociale di macachi di Giava, esiste una gerarchia molto rigida tra le femmine, capeggiate dalla veterana del gruppo, Regina, che con i suoi 22 anni di esperienza, tiene le redini della colonia in maniera salda e costante; subito dopo di lei ci sono Greta e Carina, meno anziane ma altrettanto autorevoli. Il maschio più giovane, Darwin, si contende le attenzioni delle femmine e ogni tanto si fa valere grazie alle sue dimensioni, decisamente superiori alla media. Il resto della colonia è formato da tanti gruppi più piccoli, come ad esempio quello costituito da Ester, Heidy e Manila, più timide e riservate rispetto alle altre. Ci sono poi individui con una personalità molto particolare come ad esempio Becky. Lei è la più curiosa e scaltra del gruppo, una delle poche che approccia senza timori gli arricchimenti ambientali che vengono proposti e se ne inventa di nuovi, come ad esempio un tamburo creato strusciando un bastone su una ciotola di metallo, oppure il guscio di una noce di cocco che diventa un cucchiaio per bere dagli abbeveratoi.

Nel corso di quest’anno di permanenza al centro di Recupero, la colonia ha avuto modo di ritornare alle origini, riprodurre comportamenti ormai dimenticati, come arrampicarsi o bagnarsi sotto un temporale improvviso, riscaldarsi tutti insieme durante i mesi più freddi e nuotare nella piscina per rinfrescarsi dall’arsura estiva. La riabilitazione di animali provenienti da laboratori è una continua sfida, soprattutto quando si tratta di animali che condividono con l’uomo il 97,5% del DNA e in natura hanno un’home range che può arrivare a 40 ettari. 

Il nostro obiettivo è quello di ridare loro l’individualità ormai perduta e donargli una seconda vita libera da costrizioni, torture e fredde gabbie metalliche.

Roberto Bennati
Vice Presidente LAV

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