Sono stati ritrovati sulle Alpi svizzere i resti di un rettile corazzato vissuto presumibilmente 241 milioni di anni fa circa. Gli autori di questa scoperta sono un gruppo di ricercatori coordinati dalle Università di Zurigo e Oxford. L’analisi del fossile, pubblicata sulla rivista “Scientific Reports”, ha permesso di farsi un’idea piuttosto chiara sull’anatomia e sullo stile di vita di questo animale.

Il ritrovamento in montagna

Il fossile di questo antico rettile corazzato è stato ritrovato nella località Ducanfurgga, sulle Alpi svizzere, a circa 2.740 metri di altitudine. Non è il primo esemplare della sua specie ad essere ritrovato. Nel 2003, infatti, resti simili furono scoperti a cavallo del confine italo-svizzero, sul Monte San Giorgio. In quell’occasione, però, i reperti erano incompleti e il fatto che fossero venuti alla luce insieme ai resti di molti pesci e rettili marini, indusse i ricercatori a pensare che l’animale appartenesse ad una specie acquatica. La nuova scoperta ha consentito, invece, di smentire questa ipotesi.

Un esemplare molto raro

Dall’analisi del fossile ritrovato sulle Alpi svizzere, è stato possibile dedurre che l’animale era lungo circa 20 centimetri e aveva la maggior parte della superficie del corpo ricoperta da placche corazzate. Lungo i fianchi, il rettile aveva squame spinose che probabilmente gli servivano per proteggersi dai predatori. Il nome scientifico di questo rettile corazzato è “Eusaurosphargis dalsassoi” e la sua struttura corazzata lo rende molto simile ad una specie di lucertole africana che si chiama “Ouroborus cataphractus”. I due rettili, però, non avrebbero alcun legame di parentela, secondo i ricercatori. L'”Eusaurosphargis dalsassoi” si sarebbe evoluto in maniera indipendente con corazza e spine. “Questo – ha detto uno dei ricercatori, Torsten Scheyer paleontologo dell’Università di Zurigo – è un caso di evoluzione convergente, per cui la specie estinta non è strettamente legata alle lucertole africane”. Ciò accade quando specie diverse, tendono ad evolversi in maniera analoga perché vivono nello stesso tipo di ambiente o in nicchie ecologiche simili.

Tra mito e leggenda

La ricostruzione dello scheletro del rettile corazzato indicherebbe, secondo il gruppo di ricerca, una vita sulla terraferma, nonostante i resti dell’esemplare siano stati ritrovati in depositi calcarei insieme a quelli di pesci e rettili marini. La corazza e le spine lungo la superficie del corpo lo rendono molto simile alla concezione che si ha dell’aspetto dei mitici draghi. Per questa ragione, si ritiene che potrebbe aver alimentato le leggende su questi animali fantastici.

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