Il passante che percorre via Turati e solleva lo sguardo può imbattersi in una presenza, anzi una visione, incongrua e stupefacente: una gigantesca balena, che occhieggia dalla loggia del palazzo della Permanente. Colorato di giorno, illuminato di notte, il cetaceo non sta lì a caso. È l’antipasto di quanto il visitatore può gustare all’interno del museo: inaugura stasera su invito e apre al pubblico domani la mostra «Kuniyoshi. Il visionario del mondo fluttuante», che per la prima volta porta in Italia un grande maestro giapponese del XIX secolo. Prodotta da MondoMostre Skira e curata da Rossella Menegazzo, la rassegna dà conto dell’intera produzione dell’artista attraverso 165 esemplari di stampe silografiche policrome dette «ukiyo-e», in arrivo dal Giappone. Un itinerario ricco ed esaustivo, articolato in cinque sezioni secondo i soggetti: bellezze femminili e gheishe, paesaggi, guerrieri ed eroi, parodie, e infine gatti, animali amati da Kuniyoshi.

Ma che cosa vuol dire «mondo fluttuante» («ukiyo»)? «Per i buddisti era un termine negativo che designava vacuità e transitorietà dell’esistenza terrena — spiega la curatrice —. A partire dal Seicento, con il periodo Edo, lo stesso termine e lo stesso concetto acquistano invece valore positivo: il nuovo ceto borghese cittadino, che sostituisce la classe dei samurai nel dettare gusto e cultura, apprezza i piaceri fuggevoli e raffinati della vita, tra musica, arte, divertimento e lusso». Simbolo chiave dell’ukiyo sono appunto le ukiyo-e (il suffisso «e» significa immagine), incisioni che rappresentano i contenuti e la fragile bellezza di questo ideale. «Hiroshige, Hokusai e Utamaro sono i tre interpreti più noti di questo genere, ma Kuniyoshi non è da meno. Una figura di passaggio, che condensa la tradizione con nuove influenze in arrivo dell’arte occidentale, tra prospettiva e sfumatura del colore — prosegue Menegazzo —. Un innovatore, che sa rendere reale anche il mondo fantastico grazie al verismo dei dettagli e alla loro straordinaria ricchezza».

Forse questo è l’aspetto che più colpisce: un’immaginazione che appare senza confini, bizzarra e inesauribile, espressa nei mille decori dei tessuti da kimono, nella complessità inventiva di composizioni e gesti, nella gamma infinita di mostri leggendari. Ma anche eleganza e precisione della tecnica d’incisione e stampa, che si otteneva tramite matrici diverse per ogni colore, su fogli singoli o in forma di trittico e polittico. Sensuali prostitute che si acconciano, riposano in giardino e scherzano col gatto, madri con bambini, lotte di guerrieri tatuati con enormi animali (ecco la balena, ma anche il rospo, il serpente, la carpa), pescatori in riva al fiume, villaggi sotto la luce lunare, fantasmi e creature mitiche, cascate, fiori di ciliegio, attori di teatro kabuki, giochi d’ombre e d’illusionismo. Kuniyoshi ci spinge a osservare ogni particolare, a vivere momento per momento, a consolarci nella bellezza multiforme della realtà per tollerare la sua natura effimera. Ci sussurra di cogliere l’attimo fuggente.

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