Giovedì, 23 Luglio 2015 13:51

spiaggia cane pallina padroneLa scelta di vietare l’ingresso agli animali e conseguentemente ai loro padroni o detentori “risulta irragionevole e illogica, oltre che irrazionale e spropositata”.
Il Comune di Anzio aveva vietato ai conduttori di animali l’accesso alle spiagge libere durante la stagione balneare del 2014 senza adoperarsi per creare aree di accoglienza appositamente attrezzate.
Il ricorso dell’associazione ambientalista Earth è stato accolto, in quanto ‘fondato’ dal Tribunale Amministrativo del Lazio (sentenza 10 luglio 2015, n. 9302). Infatti, il divieto contenuto nell’ordinanza del Sindaco è “illegittimo” sotto il profilo del principio di proporzionalità, “che impone alla pubblica amministrazione- spiegano i giudici- di optare tra più possibili scelte egualmente idonee al raggiungimento del pubblico interesse per quella meno gravosa per i destinatari incisi dal provvedimento, onde evitare agli stessi inutili sacrifici”.

Secondo i ricorrenti non sono stati adeguatamente motivati i presupposti alla base del divieto assoluto di conduzione di animali sulle spiagge libere: sia che si tratti di ragioni legate all’igiene che di ragioni legate alla sicurezza dei bagnanti”. Esse “si sarebbero potute adeguatamente tutelare attraverso specifiche disposizioni sui comportamenti dei padroni degli animali”. La sentenza ricorda che il TAR aveva già sospeso l’ordinanza del Comune di Anzio “sollecitando il Comune ad individuare uno o più tratti di spiaggia libera ove consentire l’accesso ai conduttori di animali con tutte le disposizioni idonee a garantire il decoro, l’igiene e la pulizia”. Ma l’amministrazione comunale non diede seguito alla richiesta.

A nulla vale, per il TAR, il fatto che si tratti di una ordinanza con effetto temporaneo, dal momento che potrebbe essere reiterata.

Piuttosto che porre un divieto assoluto di accesso, argomenta Earth, il Comune “avrebbe dovuto individuare misure comportamentali ritenute adeguate piuttosto che porre un divieto assoluto di accesso alle spiagge. Il TAR ha condiviso l’assunto dei ricorrenti: “Tale limitazione alla libertà personale costituirebbe un limite non consentito alla libera circolazione degli individui”.

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