Venerdì, 20 Novembre 2015 16:26

trib cremona“La condotta dell’uomo è stata determinata dalla necessità di evitare che tale danno si aggravasse”. Assoluzione al Tribunale di Cremona.
Ha ucciso “per necessità”. Da qui l’assoluzione “perché il fatto non sussiste” dall’accusa di uccisione di animali di un allevatore di tacchini che ha imbracciato il fucile da caccia e sparato al gatto che, a sua volta, nel capannone aveva già fatto fuori 900 dei suoi 10mila tacchini, causandogli un danno di 11mila euro.

Il fatto risale al 3 ottobre del 2009, quando una pattuglia della polizia provinciale, passando davanti all’allevamento, notò che l’allevatore stava sparando con un fucile da caccia verso la vegetazione. Subito dopo, la pattuglia vide chel’uomo aveva colpito il gatto. E venne denunciato. Cacciatore, una collaborazione lunga quindici anni con la Provincia di Cremona all’interno del piano di controllo della volpe, al giudice Francesco Beraglia l’allevatore, documentazione alla mano, ha raccontato di essersi recato, quel giorno, nel capannone. L’allevatore ha spiegato che “purtroppo, questo comportamento determina la morte di animali o per soffocamento o perché risulta necessario abbatterli in seguito alle lesioni riportate. Mentre rimuovevo le carcasse, ho notato che il gatto tentava nuovamente di entrare nel recinto e dopo aver tentato inutilmente di cacciarlo, ho preso il fucile”. Un colpo solo, si è giustificato l’allevatore. In quel momento arrivò la polizia provinciale.

Il giudice del Tribunale di Cremona non ha ritenuto che l’allevatore non volesse colpire il gatto, ma solo spaventarlo. Lo ha però assolto, perché presupposto del reato è che l’uccisione di animali sia cagionata senza necessità. Nel caso dell’allevatore “è indiscutibile e dimostrato – osserva il giudice – che la presenza del gatto all’interno dell’allevamento di tacchini aveva già cagionato all’imputato un consistentissimo danno economico e che la condotta dell’allevatore è stata determinata dalla necessità di evitare che tale danno si aggravasse a causa della morte di un numero indeterminato di altri volatili, non potendo egli presidiare il capannone giorno e notte”.

“Orbene, ha scritto il giudice nella motivazione della sentenza- la Cassazione ha più volte evidenziato come nella nozione di “necessità” ch eesclude la configurabilità del delitto in questione rientra ogni altra situazione che induca all’uccisione dell’animale per evitare un pericolo imminente o per evitare l’aggravamentodi un danno alla persona o ai beni ritenuto altrimenti inevitabile”. Nel caso dell’allevatore ” è indiscutibile e dimostrato che la presenza del gatto all’interno dell’allevamento di tacchini aveva già cagionato all’imputato un consistentissimo danno economico e che la condotta dell’allevatore è stata determinata dalla necessità di evitare che tale danno si aggravasse a causa della morte di un numero indeterminato di altri volatili, non potendo egli presidiare il capannone giorno e notte” (fonte)

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