Spostare sul piano filosofico le considerazioni su coloro che consumano alcol e tabacco, distogliendo l’attenzione dal tipo di sperimentazioni eseguite per le sostanze d’abuso, dalla non trasferibilità sull’uomo dei dati ottenuti dai test sugli animali e dal paravento giuridico della vivisezione, che continua a permettere di immettere sul mercato sostanze dannose per la nostra specie, è un chiaro segnale che la nostra campagna LAV “Aiutali a uscirne” ha portato a considerazioni oggettive sull’inutilità del modello animale e la necessità di rispettare il divieto dei test in quest’area.

E’ quanto emerge dall’articolo pubblicato oggi su research4life.it, sito esplicitamente a favore dell’uso degli animali nei laboratori.

Ancora più sconcertante che si cerchi di far leva sul dramma di chi affronta una dipendenza da droghe o alcol: noi per primi abbiamo sottolineato l’impellenza di fare prevenzione e trovare cure per chi si trova a dover combattere con queste sostanze.
Come ha recentemente affermato Thomas Hartung (Professore della Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health di Baltimora) durante il convegno sui metodi alternativi ospitato alla Sapienza di Roma, “la difficoltà non sta nel creare delle nuove idee, ma nel fuggire dalle vecchie”, e l’articolo su research4life conferma quanto un cambiamento culturale sia difficile e lungo, nonostante la priorità all’uso di metodi alternativi sia prevista chiaramente sia nel decreto nazionale che nella direttiva europea legiferante in materia.

Riportare il parere del prof. Di Chiara dell’Università di Cagliari in favore delle sperimentazioni su animali nel campo delle sostanze d’abuso, inoltre, non è oggettivo, in quanto lui stesso usa gli animali nella sue ricerche.
L’elenco dei ricercatori che si oppongono al modello animale, non per ragioni etiche ma per concrete considerazioni scientifiche sulla non attendibilità e arretratezza di tale modello, invece, è sempre più lungo. Parallelamente, crescono oltreconfine gli interessi verso i metodi in vitro, con un business stimato di 70 miliardi nei prossimi anni.

Proprio in un recente studio sulle sostanze d’abuso della Edge Hill University, nel Regno Unito (pubblicata su Psychopharmacology) Rebecca Monk afferma “sappiamo che i comportamenti legati all’alcol sono plasmati dall’ambiente, dalle persone con cui stiamo”; la ricerca si è basata su esperimenti svolti al computer, che hanno coinvolto 40 persone. Studi che hanno come modello l’uomo e non un topo o un ratto: questo è il futuro, e continuare a difendere e supportare il modello animale significa lasciare il nostro Paese nel passato e non aiutare né malati né la ricerca.

Che il modello animale non sia utile per l’uomo non è certo una novità, ma sono addirittura le stesse agenzie regolatorie e le industrie, che dichiarano la pericolosità della sperimentazione animale, come nel caso della recente campagna dell’AIFA, che consigliava di fare attenzione nel somministrare farmaci ai bambini perché non sono adulti in miniatura: quindi figuriamoci se può esserlo un topo! Anche nel campo della veterinaria lo stesso Ministero della Salute evidenzia le differenze tra specie e a proposito dell’elevato costo dei farmaci ad uso veterinario, afferma “sul prezzo del medicinale veterinario, regolato dal mercato, incidono aspetti produttivi, commerciali e distributivi che rivestono un ruolo rilevante nella sua definizione. Occorre infatti che ogni principio attivo sia studiato sulla specie animale a cui è destinato, con indicazioni e posologie accuratamente sperimentate per ognuna di esse, tenuto conto dei diversi metabolismi e di conseguenza, della differente farmacodinamica e farmacocinetica.”   

Continuare a paragonare la complessità di un organismo con una “semplice” coltura cellulare, poi,  è sbagliato e scorretto, in quanto i modelli alternativi vanno visti e interpretati come una batteria di test, non un semplice rapporto 1:1.
Sarebbe utile e interessante che chi difende il modello animale facesse una seria valutazione retrospettiva e pubblicasse i dati della percentuale di attendibilità una volta trasferiti i risultati sull’uomo, ma ovviamente su questo si sceglie di tacere.

Solo per citare alcuni dati: secondo gli studi su animali l’alcol è un buon alimento mentre il sale è genotossico e dei 31 ingredienti che compongono il caffè, 23 sono risultati cancerogeni. Su 3000 trattamenti medici utilizzati oggi, solo l’11% è di dimostrata efficacia e l’80% dei “nuovi farmaci” non sono che copie più care di quelli vecchi. Su 1000 sostanze potenzialmente efficaci sugli animali per curare l’infarto sono 1 è risultata efficace nell’uomo.

Michela Kuan
Responsabile Area Ricerca senza animali

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