NESSUNO resiste all’espressione AU101. E’ quella da occhioni ‘grandi’, con sfumature tristi, con cui cani e cuccioli ci fissano intensamente magari con il muso appoggiato fra le zampe. Loro ci guardano e noi ci sciogliamo, anche perché, dice la scienza, quando noi li osserviamo loro usano davvero le espressioni facciali come forma di comunicazione Finora l’ipotesi più accreditata sulle espressioni canine era quella relativa ad atti involontari e automatici effettuati dai cani come riflesso a sensazioni interne. Una nuova ricerca dell’università di Portsmouth, pubblicata su Scientific Reports e guidata dalla dottoressa Juliane Kaminski, dimostra invece che quelle utilizzate dagli amici a quattro zampe sono espressioni facciali vere e proprie che i cani usano quanto più si sentono osservati dall’uomo. Gli umani e i cani stanno fianco a fianco da oltre 30mila anni: loro ci studiano e i meccanismi che usano nei nostri confronti sono spesso frutto di un processo di addomesticamento che ha attraversato i secoli. Dr Juliane Kaminski, of the University of Portsmouth, is a co-author of research that suggests domestication may… https://t.co/qyA3VMWOwW— Portsmouth FEN (@PortsmouthFEN) 19 settembre 2017Per arrivare a queste conclusioni, il team della dottoressa Kaminski ha selezionato 24 famiglie volontarie in Germania e le ha invitate a portare i loro cani, di un età compresa da uno a dodici anni, a un esperimento. I cani venivano fatti entrare in stanze dove persone sconosciute si ponevano a un metro di distanza da loro simulando quattro diversi scenari: dando loro attenzione con una crocchetta in mano, lo stesso atteggiamento ma senza il ‘premio’, e poi entrambe queste movenze ma girati di schiena, senza fissarli negli occhi, come fossero distratte. Tutte le espressioni fatte dai cani sono state filmate e analizzate frame dopo frame.
 
Quel che emerge è che i cani muovono il muso come risposta diretta all’attenzione umana e non, ad esempio, per il cibo. Non è l’eccitazione per la crocchetta a farli fare certe “facce”, ma l’attenzione che noi gli rivolgiamo: la loro intenzione è semplicemente comunicare. 
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“Il maggior numero di espressioni sul muso compariva quando erano osservati. La semplice offerta di cibo non aveva lo stesso effetto. Ciò vuol dire che la loro espressività dipende dal grado di attenzione del loro pubblico, che è un tentativo di comunicare, e non la semplice dimostrazione di uno stato emotivo” spiega Kaminski.  Per la ricercatrice “i cani vivono da oltre 30mila anni con l’uomo e durante tutto questo tempo la pressione della selezione può aver influito sulla loro capacità di comunicare con noi”. Quello che gli studiosi ipotizzano è che le espressioni di questi animali possano  mischiare processi emotivi e cognitivi insieme.  L’espressione AU101, quella da “muso triste di cucciolo”, con le sopracciglia inarcate, gli occhi più grandi e infantili, o con la lingua fuori, nasce dunque quando noi diamo loro attenzione. Studi precedenti dimostrano che questa espressione funziona sempre sull’uomo, tanto che Bridget Waller, co-autore della nuova ricerca,  in una pubblicazione del 2013 sosteneva che i cani che utilizzano la AU101 hanno più probabilità di essere adottati di altri. “Questo dimostra che questa espressione sfrutta una preferenza che gli esseri umani hanno – dice Kaminski -.Il movimento rende gli occhi dei cani più grandi e più simili ai bambini e assomiglia anche alla faccia che ha l’uomo quando è triste”.
 
La ricerca sostiene inoltre che i cani controllano costantemente i loro padroni, ne “studiano” i gesti e i movimenti. “Leggono i nostri segnali comunicativi in modo diverso da quello di altri animali” ribadisce Kaminski, precisando che però non è in grado di decifrare se le espressioni canine nascondano l’intento di manipolarci. Il nuovo passo sarà ora quello di far luce su quanto i processi di domesticazione possano aver dato luce a questi comportamenti.

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