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Questa è una storia di abbandono, degrado e disagio, di quelle che vorremmo appartenessero solo al passato. Per anni una donna romana di 57 anni affetta da gravi disturbi psichici ha vissuto nel suo appartamento segregando, affamando e maltrattando fino alla morte numerosi gatti. Conosciamo questa vicenda anche grazie all’inchiesta realizzata da Veggie Channel (nel video qui in alto), che mostra immagini a dir poco tremende.

Parliamo di un grave caso di “barbonismo domestico”, risolto (anche se, a quanto pare, solo momentaneamente) grazie a uno sgombero ottenuto da Antonio Colonna, esperto in zoo-criminalità; Luca De Bei, drammaturgo e regista teatrale e una manciata di volontari animalisti romani. Da premettere è che le condizioni in cui questa donna viveva, tra cumuli di immondizia, montagne di oggetti accatastati e feci erano note da tempo. Esistevano decine di fotografie scattate dai volontari che testimoniavano la presenza di molti gatti nell’appartamento, imprigionati tra quelle mura senza cibo né acqua, in cerca di una fuga disperata tanto da lanciarsi dalle finestre della casa. Negli anni i volontari hanno raccolto tantissimi di questi animali, che presentavano evidenti segnali di disidratazione e denutrizione, oltre che ferite probabilmente inferte con oggetti appuntiti.

Luca De Bei: “Il caso era noto, ma le istituzioni non sono mai intervenute”

In tutto questo, racconta Luca De Bei nel video, le istituzioni non sono mai intervenute. Nonostante dichiari di aver contattato egli stesso più volte il Gruppo Forestale dello Stato, la Asl di zona, la Polizia municipale e diverse associazioni animaliste, la situazione è rimasta in stallo, anche perché la donna proprietaria dell’appartamento ha sempre rifiutato qualsiasi tipo di aiuto. È stato solo grazie all’intervento di privati cittadini, dunque, che si è potuto ottenere un mandato del giudice per effettuare un sopralluogo nell’appartamento. Oltre a cumuli di sporcizia, i volontari hanno rinvenuto nella casa anche le carcasse di alcuni gatti in avanzato stato di decomposizione, sommerse da oggetti di ogni tipo.

barbonismo domestico gatto

Tra quei corpi senza vita, però, la casa nascondeva ancora due gatti superstiti, immediatamente prelevati e affidati in cura al gattile Azalea di Roma. La presenza di un altro gatto, intrappolato tra i rifiuti ma ancora in vita, ha fatto poi sì che i volontari abbiano ottenuto il permesso per uno sgombero finanziato, bisogna sottolinearlo, da un privato cittadino, un avvocato i cui parenti vivono in quello stesso palazzo. Questo perché, secondo quanto affermato da Colonna, le istituzioni competenti avrebbero dichiarato di non possedere i fondi necessari all’intervento. Dall’appartamento sono state così prelevate 16 tonnellate di spazzatura (sì, non parliamo di quintali, ma di tonnellate), che mettevano in pericolo la stabilità dell’intera struttura condominiale e che rappresentavano, ovviamente, un grave problema di ordine igienico-sanitario.

“Ciò che mi ha colpito di più, quando abbiamo rinvenuto il primo gatto morto, è il pensiero di come sia arrivato alla fine – dichiara De Bei nel video – era un gatto giovane, imprigionato senza via di fuga, evidentemente morto di stenti. Ho immaginato perfino i vicini di casa della donna vivere serenamente la propria vita, mentre al piano di sopra o di sotto un gatto disperato vagava per la casa cercando da bere o da mangiare”. Da dove la donna prendesse i gatti non è certo, ma secondo la testimonianza di una volontaria (ignara di tutto) che diversi anni fa le aveva affidato un gattino, la donna “sembra assolutamente “normale”, è capace di ingannare”. Come lei, dunque, altri volontari animalisti potrebbero essere stati raggirati, cedendole i gatti che poi sarebbero stati imprigionati.

Come è potuto succedere?

Ciò che i volontari hanno sottolineato più volte nel video è che la donna, evidentemente affetta da gravi problematiche psichiche, fosse completamente sola e abbandonata a se stessa. “Com’è possibile che nessuno sapesse niente? – si chiede De Bei – È davvero possibile che chi aveva in cura la donna non conoscesse le condizioni terribili in cui viveva?”. Quello che è certo è che subito dopo lo sgombero la signora ha fatto ritorno nell’appartamento, lasciandosi alle spalle un preoccupante rimpallo di responsabilità. Infatti secondo la giornalista e scrittrice Margherita D’Amico, intervenuta per denunciare i fatti con un articolo su Repubblica, né la Asl locale, né gli assistenti sociali, né il Comune si sarebbero mai fatti carico della questione. A confermarlo, una serie di domande sulla questione inviate al presidente del VII Municipio di Roma, Monica Lozzi, ancora senza risposta.

“Sembra un caso di clamorosa sottovalutazione da parte delle istituzioni competenti – afferma Colonna – che hanno riconosciuto parziale autonomia a una persona pericolosa per sé e per gli altri. Ci aspettiamo provvedimenti urgenti affinché non si riprendano subito le vecchie abitudini. Da parte nostra, continueremo a vigilare e sollecitare fino a una soluzione permanente”. È triste ammetterlo, ma i vicini di casa della donna hanno dichiarato di averla vista, dopo lo sgombero, portare in casa numerose buste di plastica piene di oggetti, segno che la questione potrebbe non essere chiusa. Una foto scattata due mesi dopo i fatti, inoltre, mostra un nuovo gatto affacciato sul davanzale dell’appartamento: quanti animali dovranno ancora soffrire e morire prima che questa persona, malata e quindi bisognosa di cure, possa finalmente trovare l’aiuto di cui ha bisogno?

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