carcere copyL’identikit emerge da 942 “Casi Link”. I serial-killer potrebbero fin da piccoli aver cominciato a “fare pratica” sugli animali domestici.
Il profilo zoosadico è contraddistinto da forti connotazioni psicologiche proiettive e senso di rivalsa, che si generalizzano in seguito anche estrinsecandosi sugli altri esseri umani. A tracciarlo è una indagine diffusa dal Corpo Forestale italano e condotta in collaborazione con il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia. Fra gli ambiti di studio, oltre ai penitenziari anche centri di recupero dalle dipendenze patologiche,  comunità per minori, e centri di supporto e assistenza alle vittime.

L’analisi è stata presentata al convegno “Zooantropologia della devianza”, che si è tenuto ieri presso l’Ufficio Relazioni con il Pubblico del Corpo forestale dello Stato.
Dai risultati delle ricerche ( Abstract e Rapporto) emerge che gli abusatori sono maschi nel 96% dei casi e nel 27% minorenni. L’87% dei 537 detenuti intervistati ha assistito e/o maltrattato e/o ucciso animali da minorenne. Le vittime sono donne nel 56% dei casi, minori nel 28%, anziani nel 3%, uomini nel 5%. Spesso si tratta di vittime della malavita o di bullismo. Nel 65% dei casi coloro che subiscono violenza hanno evitato o rallentato l’allontanamento dal partner per paura di quello che sarebbe potuto succedere ai propri animali. Nel 16% dei casi la vittima umana è deceduta.
L’età media in cui si manifesta la crudeltà su animali è risultata essere tra i 4 e i 5 anni. Il 64% dei detenuti ha maltrattato animali da adulto, di cui il 48% aveva già maltrattato animali da minorenne.

LINK nel linguaggio comune inglese significa legame, mentre in discipline quali psicologia, psichiatria, criminologia e scienze investigative anglosassoni, è un termine tecnico che sta ad indicare la stretta correlazione fra maltrattamento e/o uccisione di animali e ogni altro comportamento violento, antisociale e criminale. Le minacce di violenza su animali a volte costituiscono uno strumento per creare un clima di controllo e potere, da parte del carnefice sulla vittima umana. La crudeltà fisica su animali è tra i sintomi del Disturbo della Condotta, che è l’anticamera del Disturbo Antisociale in età adulta. Chiedersi se l’autore di un reato sia mai stato violento con un animale dovrebbe diventare un interrogativo d’obbligo, su giudizio istituzionale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Eppure nel nostro Paese, tale dovere viene spesso sottovalutato o disatteso.
I maltrattamenti e/o uccisioni di animali infatti, pur essendo contemplati nell’ordinamento giuridico penale italiano come delitti, sono percepiti come reati “minori” tanto che non vengono adeguatamente catalogati e classificati. Un fattore quest’ultimo che provoca la mancata percezione del fenomeno e delle sue implicazioni sociali.

L’obiettivo del lavoro svolto in maniera congiunta dal Nucleo Investigativo per i Reati in Danno agli Animali (NIRDA) del Corpo forestale dello Stato e da LINK-ITALIA (APS), è quello di fornire a livello nazionale strumenti nuovi relativi alla prevenzione e al controllo della violenza e del crimine sugli animali. “Alle istituzioni, in sinergia con le organizzazioni sociali- si legge nel comunicato del CFS- , spetta il compito di educare e sensibilizzare la popolazione in età formativa ad atteggiamenti positivi verso gli animali correggendo comportamenti sbagliati che potrebbero degenerare in età adolescenziale”.

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