Dopo la clamorosa condanna in tre gradi di giudizio e quindi fino in Corte di Cassazione (3 ottobre 2017) dei vertici di Green Hill, l’allevamento di cani beagle destinati alla sperimentazione sequestrato nel 2012 – per maltrattamento di animali e uccisioni senza necessità – il Tribunale di Brescia oggi ha assolto i due medici veterinari Asl che avevano l’obbligo professionale e morale di controllare. Erano accusati di concorso in maltrattamenti, uccisioni, omessa denuncia e falso ideologico. Per i due veterinari Asl, la Procura della Repubblica di Brescia aveva chiesto la condanna a  due anni di reclusione. Assolti anche i dipendenti dall’accusa di falsa testimonianza.

Attendiamo di conoscere le motivazioni della sentenza, in ogni caso si tratta di una pronuncia sulla quale pesa come un macigno la  triplice sentenza di condanna emessa contro i vertici di Green Hill, confermata il 3 ottobre scorso dalla Corte di Cassazione, nei confronti del veterinario e del co-gestore di Green Hill, entrambi condannati a 1 anno e sei mesi di reclusione, mentre il direttore è stato condannato a 1 anno di reclusione, oltre alla sospensione dell’attività per due anni, sebbene la Legge italiana ha introdotto il divieto permanente di allevare cani per la sperimentazione.

La Corte di Cassazione ha messo il sigillo giudiziario della certezza sui maltrattamenti e sulle uccisioni ingiustificate all’interno dell’allevamento di beagle, dunque è legittimo chiedersi come sia possibile che i controlli da parte dei Veterinari Asl, veterinari pubblici, non abbiano impedito i reati poi accertati in sede giudiziaria ed evitato sofferenze e morte ai beagle. I veterinari Asl avevano il compito di controllare, negli anni in cui sono stati accertati i maltrattamenti e le uccisioni di beagle senza necessità: come è possibile che, sotto il loro controllo, siano stati commessi tali reati a danno di animali? Hanno mai controllato i motivi per cui i cani di Green Hill erano uccisi o morivano, ad esempio per l’ingestione di segatura?

Abbiamo fiducia nella giustizia e proprio per questo impugneremo la sentenza, e auspichiamo che la ASL di Brescia avvii una profonda riflessione interna sul come i suoi dirigenti, nell’esercizio delle loro pubbliche funzioni, e dunque pagati dai contribuenti italiani, conducano le ispezioni sul benessere animale, che certamente comprendono anche la verifica che gli animali non siano uccisi o muoiano in violazione della legge, negli allevamenti di loro competenza.

Sottolineiamo l’estrema importanza di accurati controlli pubblici in materia di sanità animale, a reale garanzia della tutela degli animali coinvolti in questi ambiti, come impostoci  dalle normative europee di riferimento, e come del resto emerso in un’altra delicatissima inchiesta condotta sempre dalla Procura di Brescia che ha portato alla condanna di due veterinari e quattro patteggiamenti per carne infetta nel macello Italcarni di Ghedi (Brescia).

(nella foto Libera, la prima salvata dall’allevamento di Montichiari, nel luglio 2012)

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