Non si può dire che James Watt e Martin Dickie manchino di iniziativa e ingegno. Questi giovani scozzesi hanno iniziato a produrre birra 10 anni fa in un piccolo capannone scozzese. I due erano già amanti dei cani e il loro Bracken gli diede l’ispirazione per il marchio del birrificio (BrewDog). Oggi, nella sede del birrificio, ci sono altri 50 compagni a quattro zampe che sono considerati componenti del personale. «A noi interessano due cose: il personale e la birra» hanno dichiarato Watt e Dickie mettendo a punto l’ultima strategia per favorire il rapporto con Fido e la serenità dei dipendenti: una settimana di «congedo parentale» per gli impiegati che adottano o comprano un cane e poi la possibilità di portarli a lavoro, già oggi la norma nella sede dell’azienda. Una nota dell’Aduc riporta il dogfriendlypensiero di uno dei fondatori. «Non è facile – spiega mister Watt – andare a lavorare ed educare il cane al tempo stesso e molti nostri dipendenti hanno amici a quattro zampe a casa. Vogliamo dunque essere di aiuto e far sì che i proprietari abbiamo il tempo necessario per accogliere il nuovo componente della famiglia».

Estesa l’attività in tutto il mondo, i due si sono scontrati con alcune realtà amministrative non così sensibili, come è accaduto nell’Ohio, Stati Uniti, dove il permesso parentale è a stento riconosciuto anche a mamma e papà. Eppure i due si sono intestarditi e, se gli amministratori di Columbus volevano che la Birreria del Cane aprisse una sede nella loro città, hanno dovuto accettare le stesse regole che vigono, per i lavoratori delle BrewDog, in Scozia e Gran Bretagna.

In tutto il mondo, le aziende si stanno accorgendo che permettere a cani e gatti di seguire il proprietario al lavoro fa bene a entrambi e anche ai rapporti tra il personale dell’azienda. Così Amazon e Google permettono l’ingresso in ufficio anche a cani e gatti, mentre, in Italia, Google, Mars e Purina lanciano i «pet day», giorni in cui i propri dipendenti possono portare con sé il proprio animale domestico al lavoro. D’altronde sono ormai numerose le ricerche pubblicate o tenute ancora riservate in cui si dimostra che gli animali sul posto di lavoro hanno un effetto benefico e distensivo sul rapporto tra i dipendenti. Le discussioni animate tra di loro diminuiscono e si nota una maggiore distensione nei rapporti con il datore di lavoro.

È una sorta di pet therapy, sulla cui efficacia si sono scritte ormai intere enciclopedie, applicata in ambito lavorativo, che quindi andrebbe fortemente incentivata. Anche se non ufficialmente sappiamo che una miriade di aziende comincia a crederci e, magari senza esporsi eccessivamente, permette ai propri dipendenti di lavorare con il proprio cane di fianco.

L’unica preoccupazione che avrei, nel nostro Paese, per questa encomiabile iniziativa, riguarda i «furbetti». Pur di avere una settimana di ferie adotterebbero un alligatore.

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