Mercoledì, 02 Marzo 2016 15:16

etichettaturaL’Italia correggerà la normativa nazionale sull’etichettattura degli alimenti. Per la Commissione “non è conforme” alle norme europee sulle informazioni ai consumatori.

L’Italia dovrà attenersi alla definizione europea di “origine di un prodotto alimentare” e dovrà abrograre il concetto di “effettiva origine”, introdotto nel 2012 per rafforzare la tutela del made in Italy.  La non conformità sarà sanata dalla Legge europea 2015, al vaglio del Parlamento, che modifica le disposizioni non allineate al Regolamento 1169/2011 applicabile al nostro Paese dal 31 dicembre 2014.

Si tratta della  Legge Finanziaria 2004 e della Legge 2012/83 che hanno introdotto nell’ordinamento nazionale una definizione di «effettiva origine» per i prodotti alimentari trasformati che impone alle imprese di indicare sull’etichetta del prodotto non solo il luogo in cui è avvenuta la sua ultima trasformazione sostanziale, ma anche il luogo di coltivazione o allevamento della materia prima agricola prevalente. 
La norma nazionale contestata recita: «Per i prodotti alimentari, per effettiva origine si intende il luogo di coltivazione o di allevamento della materia prima agricola utilizzata nella produzione e nella preparazione dei prodotti e il luogo in cui e’ avvenuta la trasformazione sostanziale».

Tutela del Made in Italy- Già dieci anni prima delle vigenti norme europee, l’Italia tutelava il made in Italy anche sanzionando penalmente l’importazione e l’esportazione di prodotti con false o fallaci indicazioni di provenienza, in particolare la stampigliatura «made in Italy» su prodotti e merci non originari dall’Italia e anche l’uso di segni, figure, o quant’altro possa indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana. Nel 2012 ha rafforzato la tutela. Ma, dopo il varo del Reg 1169/2011, la Commissione europea ha contestato all’Italia che il concetto di «origine di un prodotto alimentare» è già definito dall’articolo 2 del regolamento (UE) n. 1169/2011 e che pertanto gli Stati membri non sono autorizzati ad adottare definizioni di Paese d’origine diverse da quelle che individuano unicamente nel Paese in cui è avvenuta la loro ultima trasformazione sostanziale l’origine delle merci alla cui produzione hanno contribuito due o più Paesi.

Per sanare la propria posizione, l’Italia abrogherà la definizione nazionale di «effettiva origine». Conseguentemente, la definizione di origine di un prodotto alimentare sara integralmente quella europea.

Potere sanzionatorio in materia di Made in Italy– La norma nazionale, inoltre, ha definito «fallace indicazione», punibile con sanzione amministrativa pecuniaria, l’uso del marchio che induce il consumatore a ritenere che il prodotto sia di origine italiana, senza che vi siano indicazioni precise sull’effettiva origine del suo ingrediente prevalente. La Commissione ha rilevato che ai sensi del regolamento (UE) n. 1169/2011 le sanzioni pecuniarie per «fallace indicazione» dell’origine di un prodotto possono essere comminate solo quando le informazioni inducono effettivamente in errore il consumatore e le autorità di controllo dovrebbero valutare «caso per caso» la sussistenza di questo elemento.
Pertanto verrà modificata anche questa parte della norma, il cui obiettivo resta tuttavia  quello di sanzionare adeguatamente le informazioni usate con modalità tali da indurre in errore il consumatore circa «il reale Paese d’origine» del prodotto. Il rischio che la norma intende evitare è che il significato evocativo e la reputazione del Paese d’origine, interagendo con informazioni risultanti dalle pratiche commerciali o dalla pubblicità, possano attrarre il prevalente interesse dei consumatori intorno a pregi e qualità attribuibili a una determinata area, pur non trattandosi di prodotti effettivamente legati a quell’area.

D’altra parte, lo stesso regolamento (UE) n. 1169/2011 ha l’obiettivo di «proibire l’utilizzo di informazioni che possono indurre in errore il consumatore, in particolare circa le caratteristiche dell’alimento, i suoi effetti o le sue proprietà, o attribuire proprietà medicinali agli alimenti». Inoltre, nelle premesse dello stesso regolamento «le indicazioni relative al paese d’origine o al luogo di provenienza di un alimento dovrebbero essere fornite ogni volta che la loro assenza possa indurre in errore i consumatori per quanto riguarda il reale paese d’origine o luogo di provenienza del prodotto. In tutti i casi, l’indicazione del paese d’origine o del luogo di provenienza dovrebbe essere fornita in modo tale da non trarre in inganno il consumatore e sulla base di criteri chiaramente definiti in grado di garantire condizioni eque di concorrenza per l’industria e di far sì che i consumatori comprendano meglio le informazioni relative al paese d’origine e al luogo di provenienza degli alimenti».

La modifica
L’articolo 4, comma 49-bis, della legge n. 350 del 2003, come modificato dall’articolo 43, comma 1-quater, del decreto-legge n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012,
è così modificato:
«49-bis. Costituisce fallace indicazione e induzione in errore del consumatore l’uso del marchio, da parte del titolare o del licenziatario, con modalità tali da indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana ai sensi della normativa europea sull’origine, senza che gli stessi siano accompagnati da indicazioni precise ed evidenti sull’origine o provenienza estera o comunque sufficienti ad evitare qualsiasi fraintendimento del consumatore sull’effettiva origine del prodotto, ovvero senza essere accompagnati da attestazione, resa da parte del titolare o del licenziatario del marchio, circa le informazioni che, a sua cura, verranno rese in fase di commercializzazione sulla effettiva origine estera del prodotto. Per i prodotti alimentari, le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche alle informazioni che potrebbero indurre in errore i consumatori, ai sensi dell’articolo 7 del regolamento (UE) n. 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, per quanto riguarda il Paese d’origine o il luogo di provenienza dell’alimento e l’origine del suo ingrediente primario. Salvo che il fatto costituisca reato, il contravventore è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 ad euro 250.000».

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Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea – Legge europea 2015

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