Superstizioni vecchie di secoli, quando quest’animale era considerato figlio del demonio. E noi continuiamo a far gli scongiuri se di notte ci attraversa la strada

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di Giancarlo Liuti

Volete adottare un cane o un gatto? Semplice: basta rivolgersi alla cooperativa “Meridiana” di Potenza Picena o all’associazione “Una Potenza” (leggi l’articolo). Pare tuttavia che ci sia una questione di colore e cani o gatti neri piacciano molto meno degli altri. Per questa ragione, adesso, è stata lanciata la campagna promozionale “The black stars project” a favore dell’adozione di cani e gatti col manto nero. Questo colore, insomma, non sarebbe gradito. Troppo funereo? Poco confidenziale? Per quanto riguarda i cani non saprei cosa dire, anche perché un cane nero mi sembra elegante e perfino signorile, tipo serata di gala. Non sarà allora che oggigiorno il nero ci turba facendoci pensare agli emigranti giunti dall’Africa coi barconi degli scafisti? Chissà. Per i gatti, però, il discorso è diverso. Ben prima che il “nero umano” suscitasse la rabbiosa avversione del leghista Matteo Salvini, infatti, il gatto nero è stato sempre considerato con sospettosa riluttanza. Ed è per l’appunto di questo che stavolta vorrei parlare cominciando addirittura dal Medioevo.

Premesso che i nostri gatti casalinghi o anche girovaghi appartengono quasi tutti a razze più o meno persiane, le superstizioni negative su quello nero risalgono al Trecento, quando ci si spostava in carrozza e investirne di notte uno poco visibile in quanto nero significava spaventare i cavalli, farli imbizzarrire e far rischiare la vita a chi ne teneva le redini. La qual cosa, sorprendentemente, continua ad essere attuale pure nei nostri anni duemila. Non è forse vero, infatti, che se mentre siamo in macchina un gatto nero ci attraversa la strada lo riteniamo un presagio di sventura? Povero gatto nero! Lui è come tutti i suoi confratelli d’altro colore, bianchi, grigi o marroni: indipendente, soddisfatto di sé, attento osservatore, amico di chi gli vuol bene, pronto a difendersi se viene aggredito ma amante delle coccole. Io ne conosco uno che gira sotto casa mia e quando esco mi si struscia sui pantaloni in attesa di essere accarezzato. Vi sono altri gatti, fuori dal portone, ma lui è più espansivo di loro. Basta, allora, con questa storia. Il gatto nero è un semplice gatto. Niente di più e niente di meno. Il celebre scrittore statunitense Edgar Allan Poe ne aveva uno che stava acciambellato sulle sue spalle e gli dedicò un racconto dal titolo, appunto, “Il gatto nero”, pieno di tenebrosi ma affettuosi misteri.

Veniamo a noi. A Macerata vivono molti animali domestici a quattro zampe. Da un censimento sui cani – i gatti non sono mai stati censiti – risulta che ve ne siano circa ottomila, uno ogni cinque abitanti, uno ogni due famiglie. E li vediamo circolare nelle vie e nelle piazze, tenuti al guinzaglio dai loro padroni. I gatti no, preferiscono stare in casa. Ma basta alzare gli occhi e li noti sulle finestre che, curiosissimi per loro natura, guardano sotto. Quanti sono? Forse più numerosi dei cani. Diecimila? Può darsi. Sta di fatto che quasi in ogni famiglia ce n’è almeno uno. Nero? Non si sa, ma non è detto che non lo sia. Incidenti provocati da gatti neri? Mai. Separazioni fra coniugi per colpa loro? Mai. Furti perpetrati da loro? Mai. Bambini graffiati a sangue da loro? Mai. Finiamola, dunque, con questi antichi pregiudizi finanche religiosi (secoli fa i gatti neri li si riteneva creature del demonio!) e diamo una mano alla campagna promozionale “The black stars project” di Potenza Picena.

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