Parlare dei cani è sempre un problema, che a me ricorda la frase di L. Aragon a proposito dei sogni: «Fate entrare l’infinito!». A questo proposito, mi sono sempre stupito che il cane non sia compreso tra i principali argomenti di meditazione negli esercizi spirituali di Sant’Ignazio. Immagino che questa mancanza dipenda dal condiscendente disprezzo per gli animali, che permea la nostra cultura, anche religiosa. Pensare che nel Mahãbhãrata il Deva della giustizia e della rettitudine si manifesta sotto forma di cane! Del resto, Schopenhauer chiamò alcuni suoi cani Atma, cioè «anima del mondo». Chi poi ama leggere nell’intricato mistero del mondo i segni di una possibile salvezza ricorderà che, nella lingua inglese, cane si dice dog, e dio god. Possiamo allora pensare che il cane sia un riflesso di Dio, e in lui traspaia quella eccedenza di senso che appartiene a tutto ciò che, sfidando la nostra finitezza, non può essere mai veramente descritto ma soltanto evocato per apologhi e metafore.  

E dunque, pensare ai cani che abbiamo avuto, al cane che ancora, «con concentrata passione» (T. Mann), ci accompagna silenzioso lungo i sentieri fra i campi e i tortuosi meandri dell’anima, al cane che ci guarda con suprema oggettività e insieme con incrollabile fiducia, nostro mentore, guida di noi ciechi…: è possibile davvero pensare una realtà che è più vasta di noi, senza essere semplicemente invasi da una commozione felicemente e dolorosamente dissolvitrice? 

Meglio un cane, di Gian Piero Quaglino, dimostra che l’impresa è possibile; non solo, ma che tentare e vincere la prova schiude al pensiero e alla fantasia un orizzonte meraviglioso. E’ l’orizzonte della caninità, del cane fuori e dentro di noi, che in sé racchiude una cosmogonia, una ierofania, una mitologia, una soteriologia, un’etica, persino una teodicea: vane parole (che l’Autore opportunamente non pronuncia mai), a malapena sufficienti a indicare la corrente di amorosa energia che nei cani ha sede e coinvolge gli uomini che essi hanno deciso di beneficare.  

Io sono grato a Quaglino – e con me lo saranno tutti i lettori, anche quelli che non hanno mai avuto un cane – per la sua capacità di guidarci con mano ferma e gentile nei tanti luoghi in cui il cane viene onorato: nei miti e nelle leggende, nei racconti, nelle riflessioni, negli elogi, nei lamenti, nei compianti, negli epitaffi, negli aneddoti, e infine nella poesia. Con lo stesso fiuto che giustamente si attribuisce al cane, egli stana e fa rivivere innumerevoli testimonianze sui cani, sulle loro qualità, e su come essi illuminano la vita degli uomini, rendendola sopportabile.  

Impresa certo mirabile, che però rappresenta appena la base, il sostrato di una più alta impresa che l’Autore impavidamente affronta: quella di inseguire i tanti significati che in quei miti e storie sono contenuti e di esporli senza alcuna pedanteria, con un linguaggio affabile e colloquiale in cui arguzia, sorriso, delicata ironia temperano la serietà dell’impegno e avvolgono di pudore l’intuizione visionaria e la commozione, inevitabile ogni volta che si parla di cani. Così egli ci persuade a pensare il cane come il custode di ogni soglia, il compagno di ogni transito, l’incitatore entusiasta di inedite esplorazioni, il modello di ogni amore puro e disinteressato. Nella sua indefettibile fedeltà è adombrata la fedeltà che dovremmo avere verso noi stessi, verso il compito che la vita ci ha affidato. E nella sua disarmata dolcezza, nella dedizione, nella illimitata pazienza parla la voce di un’anima femminile, la «perfetta gioia del cuore», cui allude il poeta Wordsworth ricordando il suo cane. Forse ha ragione W. Scott quando dice che è provvidenziale che i cani abbiano una vita relativamente breve; se vivessero il doppio del tempo, il dolore per la loro perdita sarebbe insostenibile. 

Si sarà compreso che questa recensione è di parte. Non nei confronti del libro – che resta in ogni caso il più bello sui cani che oggi si possa leggere – ma nei confronti dei cani stessi e del loro rapporto con l’uomo. Insieme all’Autore, io credo che in quel rapporto si specchino desiderio e rimpianto per la inarticolabile felicità dell’amore, che sempre ci sfugge

0 Comments

Leave a reply

©2024 ForumCani.com