La royal suite è grande 9 metri quadri. Al centro un letto matrimoniale con materasso in memory foam con quattro cuscini e piumone di suède, sopra il quale oscilla un lampadario con luci da sintonizzare sull’umore dell’ospite. Peloso. Il quale ha a disposizione anche aria condizionata 24 ore su 24, un servizio food gourmet (dal canguro al coniglio alla rana, rigorosamente cucinato in loco), balcone per prendere il sole, piscina a forma di osso e giardino per sgranchire le zampe e socializzare. Al posto di un bagno en suite, c’è un vaso con erba sintetica. E poi un servizio di grooming dove l’ospite vip viene lavato, tosato, pettinato con gli esclusivi prodotti Les Poochs, a base di estratti botanici naturali. Il massaggio con fanghi del mar Morto costa da 88 a 150 dollari, la pulizia dei denti 12 dollari e la pawdicure (paw=zampa) 15. Per la verità per altri 12 dollari gli puliscono anche le ghiandole anali – no, non vogliamo sapere come si fa. I proprietari non devono nemmeno scomodarsi: un servizio limousine organizza il pick up del cagnolino e una telecamera li assicurerà che è seguito passo dopo passo durante tutta la giornata: son pur sempre 200 euro al giorno (solo per dormire) quelli che si pagano a The Wagington, l’hotel di Singapore a 5 stelle dedicato ai cani. E le recensioni sono entusiastiche. Robin Phillips: «Di recente abbiamo prenotato per il nostro volpino e non potevamo capitare meglio! Ogni giorno ci mandavano aggiornamenti su Whatsapp con foto e video o vedevamo sulla pagina Facebook quanto si stava divertendo! Grazie Wagington!». E Josephine Wang, hostess di SilkAir Singapore: «Credo che Whisky sia stato molto bene. Erano tutti molto attenti al suo regime dietetico, dal momento che ho lasciato delle istruzioni precise su cosa dare da mangiare. (Whisky) mangia solo cibo crudo congelato. E l’uso di ciotole di acciaio mi ha rassicurata, perché sono le migliori per servire questo cibo. Ci torneremo in futuro».

La sala da bagno del Wagington.

A Singapore, dove il 20 per cento della popolazione detiene quasi il 75 per cento della ricchezza, la mania deipets, importata da Giappone e Corea, è recente ma in crescita esponenziale. I cani per esempio sono cresciuti da 47mila nel 2006 a 62mila nel 2016: un aumento del 32 per cento in dieci anni, di conseguenza anche i servizi per una clientela internazionale di expats, sempre più ricca ed esigente. Hotel, spa, parchi, ristoranti, eventi a misura di cane. Lo scorso settembre c’è stata persino la prima mostra interattiva dedicata a loro: PAWsitive: Interactive Art for Pets by Wellness, con installazioni a base di tappeti volanti e un enorme gatto con caverne interne da esplorare. Possono sembrare follie d’Oltreoceano ma, dal Critterati Hotel di Gurgaon, India (letti di velluto, spa, birre analcoliche importate dal Belgio), al Canyon View Ranch di Malibu (ranch di due ettari con piscina dove fanno le vacanze i cuccioli di Charlie Sheen, Pamela Anderson e Drew Barrymore), al D Pet Hotel di Hollywood (suite con tv, musica, aria condizionata e personal trainer), al Belmond Hotel Cipriani di Venezia (pet friendly, con un Dog Menu a base di sushi di pollo, crocchette, tartare di manzo o riso bollito con verdure e pollo e taxi speciale per portarli in giro), i trattamenti premium per cani vip non conoscono confini. Oggi c’è perfino un servizio di jet privati, Pets on Jets, della compagnia inglese Victor, che permette di volare col cane sul sedile accanto al proprio (Milano – Londra dalle 15mila sterline, Milano – New York dalle 40mila sterline in su).

Ma è vita da cani?

I ricchi, è stato provato da studi, pensano in modo diverso da tutti gli altri. Secondo un ricercatore dell’Università di Yale, Michael Kraus, soldi, ricchezza e potere sembrano condurre a una tendenza al solipsismo, a un orientamento auto-centrato e a un atteggiamento narcisistico. Per questo non c’è nulla di meglio di un cane che rispecchi il proprio stile di vita e allo stesso tempo ci ami in maniera incondizionata. Il nostro amore per loro è amore per noi stessi. «Una volta, quando gli animali vivevano in campagna, erano più liberi nei loro comportamenti. Oggi ci stiamo più a contatto, abbiamo un rapporto più intimo. Inevitabilmente tutto quello che ci riguarda nelle nostre idiosincrasie e perversioni finisce per riguardare anche loro, spesso senza rispettarne i bisogni», dice Simone Pollo, ricercatore di Bioetica alla Sapienza e autore di Umani e animali: questioni di etica (Carocci). Ecco fenomeni come Patricia Bowers che lascia 100mila dollari in trust al suo adorato Winnie Pooh o il chirurgo plastico brasiliano Edgard Brito che inietta Botox nelle orecchie del dobermann per farle drizzare, interviene sui musi col lifting per eliminare le pieghe o rimodella i testicoli dopo la sterilizzazione per renderli più virili.

L’ossigenoterapia iperbarica del Petonia di Singapore, un Holistic Pet Wellness Centre. L’ossigenoterapia iperbarica del Petonia di Singapore, un Holistic Pet Wellness Centre.
 

L’ossessione degli animali domestici però non riguarda solo i miliardari ma tutte le classi sociali. Negli Usa, il business per servizi, cibi e terapie ad hoc è in pieno boom: 66 miliardi e 75 milioni di dollari nel 2016, 69 miliardi e 36 stimati per il 2017 (American Pet Product Association): un’ascesa implacabile che non conosce crisi. A incoraggiare questa tendenza sono perlopiù i Baby Boomer che man mano che i figli crescono e abbandonano il nido li rimpiazzano con animali da compagnia. E poi ci sono gli stessi Millennial, che sono cresciuti pensando agli animali come a dei compagni, quasi fratelli. L’antropomorfizzazione è tracimata anche sui social media, la vera arena del narcisismo tout court, dove i pet sono diventati un surrogato di padroni che sono o aspirano a diventare famosi, con uno stile di vita facoltoso. Si stima che in Usa un pet su 10 abbia il suo account su Instagram. E alcuni sono delle vere e proprie celebrities, come lo Shih Tzu Marnie (marniethedog, con 2 milioni e 100mila followers), l’indecifrabile Grumpy Cat (2 milioni e 400 mila), il carlino Doug the Pug (3 milioni e 200mila), il simil chihuahua Tuna (quasi 2 milioni) e il soriano Lil Bub (1,7 milioni).

Ma è vita da cani?

Alcuni hanno fatto la fortuna dei loro proprietari. È il caso di Toast, il King Charles spaniel con la lingua perennemente di fuori (ha perso tutti i denti) che sul suo account -toastmeetstheworld – ha 376mila followers. Nulla in confronto ai suoi simili instafamosi. Eppure Toast ha partecipato a una campagna di moda (Karen Walker), firmato un contratto per un libro (ToastHampton: How to Summer in Style), fatto shooting per Ralph Lauren e ha persino sfilato a un matrimonio di alto profilo in abiti Marchesa (l’ex moglie di Weinstein), indossando diamanti per 175mila dollari. In questo mondo al contrario la sua proprietaria, Katie Sturino, vive di fama riflessa: grazie a lui ha lanciato un blog di moda per donne oversize – 12ish – anche se i suoi seguaci sono un decimo di quelli di Toast. «Riversiamo su di loro le nostre carenze affettive», dice Michael Firer, veterinario comportamentista. «Nella mentalità di un cane essere trattato molto bene anzi essere servito e riverito significa considerarsi il capobranco. Il risultato è che gli confondiamo le idee. Anche se sono intelligenti non riescono a interpretare il mondo in cui li abbiamo introdotti, un mondo verbalizzato, complesso, kafkiano, dove i comportamenti non sono coerenti. Così loro non sanno più chi sono, che posto occupano. Diventano nervosi, mordono. I cani devono fare i cani».

Un immagine di The Wagington, hotel dotato di una spa per massaggi e di suite.Un immagine di The Wagington, hotel dotato di una spa per massaggi e di suite.

Al di là dell’aspetto folkloristico c’è qualcos’altro che bolle in pentola. Riconoscere i cani e i gatti come quasi umani sta avendo conseguenze importanti sulla mentalità: c’è già chi inizia a riconoscerli come portatori di diritti, diritti che potrebbero piano piano estendersi a tutti gli animali, per esempio quelli che mangiamo o quelli che vivisezioniamo. Fantascienza? Non proprio. Già nel 2000 Steven Wise scrisse Rattling the Cage: Toward Legal Rights for Animals, in cui argomentava come trasformare gli scimpanzè in quasi cittadini. Il libro fu un successo e attirò l’attenzione di fini costituzionalisti come Cass Sunstein, l’advisor di Obama e il difensore delle libertà civili Alan Dershowitz. Persino Jane Goodall lo salutò come «La Magna Charta, la Dichiarazione di Indipendenza e la Dichiarazione universale dei diritti in un solo libro». Viene da sorridere ma a pensarci la stessa cosa è successa per i bambini: fino all’inizio dell’800 erano mere proprietà dei genitori e non persone. Certo, se questa rivoluzione avesse luogo, i guardiani verrebbero considerati responsabili esattamente come i genitori dei bambini. Potrebbero essere denunciati se alzano troppo spesso la voce o se non li portano fuori abbastanza.

Una camera al The Wagington costa 200 euro al giorno (solo per dormire)Una camera al The Wagington costa 200 euro al giorno (solo per dormire)

Ma umanizzare i pets significa davvero rispettarli? «Se vogliamo avere una relazione autentica con loro abbiamo bisogno di ascoltare, osservare e considerare il loro punto di vista. Per farlo dobbiamo rimuovere i nostri preconcetti», dice Roland Sonnenburg, addestratore di Talented Animals. Per esempio: inutile condannare il cane “cattivo” che entra in un pollaio e fa strage di polli. «Mi dispiace per le galline ma il cane non ha fatto nulla di strano. Tutti i cani sono carnivori, predatori e nelle circostanze sbagliate uccidono». Trent’anni fa il grande etologo Desmod Morris, l’autore de La scimmia nuda, aveva invitato gli uomini a ritrovare una pacifica coesistenza con gli animali basata sul rispetto. Quel contratto è stato rotto: con un’Europa sempre più umanizzata il risultato è quello di diventare sempre più innaturali. Dei falsificatori della natura. «Per esempio selezioniamo razze con tratti particolari», continua Pollo, «il muso schiacciato, la pelle con più rughe possibili, la taglia minuscola perché ci piacciono di più senza pensare che quei tratti portano a dei problemi di salute. Per quanto riguarda gli hotel o le spa, magari il cane che si fa il massaggio con i fanghi del mar Morto non soffre, forse gli fa piacere, forse gli è totalmente indifferente. Ma, e questo è importante, noi non ci sforziamo di comprendere il suo comportamento. Perdiamo l’occasione di confrontarci con qualcosa che è diverso da noi e quindi di imparare qualcosa da loro». Rischiamo una reciproca alienazione. È d’accordo David Grimm, giornalista di Science e autore di Citizen Canine: Our Evolving Relationship with Cats and Dogs: «Tutti i pets sono come gatti selvatici, a metà tra il domestico e il selvaggio, la persona e la bestia. E dal momento che sono in grado di attraversare questo confine ci servono da àncora di salvezza. Ci collegano al nostro passato animale. Non ne abbiamo bisogno solo per giocarci e essere consolati ma anche per ricordarci chi siamo e da dove veniamo. Quando li trasformiamo in persone perdiamo la nostra parte animale. Siamo sicuri di volerlo davvero?».

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