Vasche per la riabilitazione, filtri speciali per ripulire l’acqua di mare, tavoli per gli interventi operatori più urgenti. L’ospedale delle tartarughe Caretta Caretta è nascosto al piano interrato dell’edificio più caratteristico dell’isola di Favignana: palazzo Florio. Qui, nel bel mezzo dell’arcipelago delle Egadi, una biologa marina, due veterinari e un’équipe di giovani volontari ogni giorno combattono per salvare questo rettile, da tempo nella lista rossa degli animali in via di estinzione stilata dall’Iucn.

Il loro compito è prima di tutto sensibilizzare i pescatori locali affinché considerino questi animali una risorsa. E, naturalmente, soccorrerli quando sono in difficoltà. Il Centro di recupero delle tartarughe marine è sorto nel palazzo in stile liberty di proprietà del Comune di Favignana grazie alla collaborazione fra il colosso Rio Mare e l’Area marina protetta delle Egadi. A prima vista sembra un ambulatorio veterinario come tanti altri. Ma camminando fra le stanze con la volta altissima e i muri di tufo bianco ci si imbatte in attrezzature dalla tecnologia avanzatissima. Filtri speciali per ripulire l’acqua di mare e renderla idonea a ospitare i grandi rettili, sistemi in grado di isolare gli animali infetti, vasconi per la degenza e la riabilitazione, tavoli di acciaio per il primo soccorso.

Il pronto soccorso della Carette Caretta è entrato ufficialmente in funzione a maggio. Ma a breve dovrebbe diventare un vero e proprio ospedale, con tanto di tavolo operatorio e strumentazione per l’anestesia totale. «Proprio come quella che si fa sugli uomini», spiegano i veterinari. «Prima che questo centro sorgesse, le tartarughe in difficoltà nelle nostre acque dovevano essere trasportate a Lampedusa – proseguono -. Adesso finalmente possono essere curate qui. E ciò permette di intervenire più tempestivamente».

La tartaruga Caretta Caretta è uno dei simboli del mare Mediterraneo. Ma, fra pesca illegale e inquinamento, ormai da molti anni rischia l’estinzione. Esistono ancora piccoli paradisi per la sua riproduzione: il sud della Sicilia, la Grecia, la Turchia. Ma solo un esemplare su mille riesce ad arrivare all’età adulta, mentre si calcola che sono circa 130mila quelli che ogni anno sono coinvolti nell’attività di pesca. Per questo è nato il progetto Tarta Life, grazie al quale gli esemplari in difficoltà vengono rintracciati, recuperati e «ricoverati» in ospedale. Qui le tartarughe vengono prima di tutto inquadrate dal punto di vista clinico, successivamente operate – nei casi più gravi – o sottoposte a un periodo di riabilitazione nelle apposite vasche. Vengono seguite passo passo dall’équipe di medici e biologi marini e poi, una volta guarite, sono riportate in spiaggia, dove prendono la via del mare. «Questo è il momento più emozionante, che spesso condividiamo con i bambini delle scuole – spiega Stefano Donati, direttore dell’Area marina -. I nostri sforzi sono già stati premiati: l’anno scorso è stato fotografato un piccolo sulla spiaggia di Marettimo. Eravamo convinti che non esistessero nidi alle Egadi, perché la struttura delle isole non è particolarmente idonea. Ma grazie a questo avvistamento abbiamo capito che la riproduzione avviene anche qui». E qualcosa potrebbe cambiare anche per altre due specie a forte rischio: la foca monaca e la posidonia oceanica. Grazie al progetto Qualità responsabile di Rio Mare, l’Area protetta delle Egadi si è dotata di un osservatorio per controllare il passaggio degli animali e di speciali dissuasori per salvare la pianta più preziosa dei nostri fondali.

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