Lunedì, 30 Novembre 2015 14:41

cisgiordaniaNon si può indicare “prodotto in Israele” sui prodotti nei territori palestinesi occupati dagli israeliani. Reazione diplomatica contro l’Unione Europea.
La Commissione europea ha adottato una ‘Nota interpretativa sull’indicazione di origine dei beni provenienti dai territori occupati da Israele a partire dal giugno 1967′.
La pubblicazione della Nota ha suscitato la quasi unanime condanna di istituzioni e forze politiche israeliane. Una reazione “prevedibile” l’ha definita il Sottosegretario allo Sviluppo Simona Vicari, ridimensionando la portata commerciale dell’iniziativa: la Nota della Commissione coinvolge “solo il 2 per cento dell’intero ammontare delle esportazioni israeliane verso l’Unione europea”.

Si tratta- ha aggiunto in Aula a Montecitorio la rappresentante del Governo- di un documento dagli effetti pratici “limitati”, al quale le autorità israeliane hanno dato “una lettura esclusivamente politica, giudicandola ingiustamente discriminatoria”.  Nella Nota della Commissione è scritto: “Dato che le alture del Golan e la Cisgiordania (compresa Gerusalemme Est)  non costituiscono parte del territorio di Israele secondo il diritto internazionale, l’indicazione «prodotto di Israele»  è considerata inesatta e ingannevole”.

Reazioni di Israle– Le autorità Israeliane paventano conseguenze negative sul proseguimento del dialogo Unione europea-Israele, e velatamente sullo stesso rilancio del processo di pace. Quale forma di ritorsione, il Ministro degli esteri israeliano ha sospeso lo svolgimento di alcune programmate sessioni di dialogo a livello di funzionari con l’Unione europea. “Israele in pratica- ha spiegato Simona Vicari-  assimila la questione dell’indicazione di origine al boicottaggio e alla campagna Boycott, Divestment and Sanctions portata avanti da alcuni gruppi di pressione europei, e a cui invece l’Unione europea e l’Italia si oppongono attivamente”.
D’altra parte, ha proseguito, “l’adozione di misure per la corretta indicazione di origine potrà al contrario essere utile a limitare la portata e la nocività di indeterminate azioni di boicottaggio contro i prodotti israeliani.
Il Sottosegretario Vicari ha assicurato che il Governo si impegna a continuare a seguire con attenzione questa vicenda e i suoi futuri sviluppi.

La Nota interpretatativa della Commissione Europea- Si tratta di un documento che “non implica alcun cambiamento normativo rispetto a quanto disciplinato dall’Accordo commerciale in vigore tra l’Unione europea ed Israele”. Si tratta di “un chiarimento tecnico” rivolto alle autorità doganali degli Stati Membri, “per la corretta informazione dei consumatori e per l’applicazione della differenziazione tariffaria tra beni prodotti in Israele (i cosiddetti beni made in Israel) e beni prodotti in Cisgiordania”.

Dal 2004, Israele  è tenuto ad indicare in ogni certificato di origine dei prodotti il luogo di produzione per beneficiare di un sistema di tariffe preferenziali come previsto da uno specifico Accordo con l’Unione europea; mentre nessun tipo di preferenza può essere applicata ai beni prodotti negli insediamenti in Cisgiordania e sulle alture nel Golan, che non sono riconosciuti quali territori appartenenti ad Israele ai sensi del diritto internazionale. In termini di flussi commerciali, “le linee guida per l’indicazione di origine avranno un effetto pratico limitato, poiché

Conseguenze per l’Italia?– Il documento riguarda due tipologie di prodotti: quella per cui l’indicazione di origine è obbligatoria ai sensi delle direttive comunitarie (tra cui cibi freschi, pollame, cosmetici), e quelli per cui non lo è (cibi lavorati e semilavorati), e fornisce indicazioni specifiche circa il linguaggio da utilizzare per definirne l’origine. L’Italia è il terzo fornitore europeo di Israele, dopo la Germania e il Belgio, che però ha dati fortemente influenzati dal commercio dei diamanti lavorati. Da Israele l’Italia importa principalmente prodotti chimici di base, fertilizzanti, materie plastiche e di gomma e strumenti ottici: si tratta quindi di prodotti che non rientrano nelle categorie interessate dalle misure sull’indicazione di origine.

Comunicazione interpretativa relativa all’indicazione di origine delle merci dei territori occupati da Israele dal giugno del 1967

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