Firenze, 3 marzo 2017 – «La pittura è il bello che veste il vero». Questa la chiave di lettura per decodificare il pensiero platonica trasformato in parole da Leonardo da Vinci nel suo “Trattato della pittura”. Ne è sicuro Silvano Vinceti, presidente del Comitato Nazionale per la Valorizzazione dei Beni Storici, che annuncia un altro dei suoi folgoranti ritrovamenti: «C’è un cane con il collare nascosto sotto la selva che sovrasta le figure umane nella “Vergine delle Rocce”, capolavoro di Leonardo custodito al Louvre di Parigi», spiega lo Sherlock Holmes dell’arte, grande appassionato di storia, già promotore della ricerca delle ossa di Caravaggio a Porto Ercole (Grosseto), dell’esumazione dei Medici a Firenze e dei resti di Monna Lisa, ma anche del ritrovamento, annunciato qualche anno fa, della presenza di lettere celate negli occhi della Gioconda.

Quale sarebbe il messaggio?
«Quel cane è l’atto di accusa di Leonardo da Vinci contro la corruzione del Papato dell’epoca».

Come siete arrivati all’individuazione della sagoma di animale nascosta tra le foglie?
«Siamo giunti a questo risultato con un lavoro nuovo, attraverso l’uso misto delle tecnologie più avanzate e strumenti semplici: una lente di ingrandimento speciale ci ha permesso di riesaminare attentamente ogni particolare del dipinto e poi photoshop avanzato, un software che permette di fare sovrapposizioni, scomposizioni e ricomposizioni». 

Come mai, secondo lei, a dare un senso all’immagine ritrovata, sono i concetti espressi dallo stesso Leonardo nel suo “Trattato della pittura”?
«Non è difficile da capire: la figura nascosta sotto il fogliame permette di dare una diversa lettura della “Vergine delle Rocce”. Per Leonardo il cane ha un significato preciso, “per non disobbedire”, come scrive lui stesso in uno dei suoi fogli. Il guinzaglio poi è un’aggiunta, in quanto rappresentava nelle cacce medievali e rinascimentali lo strumento che permetteva al feudatario di evitare che i cani mangiassero la preda».

Per il Genio di Vinci il cane con guinzaglio rappresenterebbe quindi il simbolo dell’uomo che deve obbedire a Dio?
«Sì, a Dio, ma anche ai Comandamenti divini, a Gesù, alla vita che il Messia ha incarnato per esprimere l’amore cristiano». 

La scoperta consoliderebbe inoltre una concezione capace di fare dell’artista il depositario di una religiosità rigorosa…
«Certamente, e qui sta la grande novità: fino a oggi i dipinti del massimo maestro del Rinascimento sono stati infatti affrontati da un punto di vista di tecnica e di stile pittorico, ma agli studiosi è sfuggito il fatto che il genio toscano, attraverso la composizione dei suoi dipinti, abbia voluto realizzare una narrazione, esprimendo un pensiero che si trasforma in immagine. Quando Leonardo scrive “la pittura è il bello che veste il vero” indica chiaramente le sue intenzioni».

Perché ha deciso di farlo in modo così criptico?
«Non dimentichiamo che in quell’epoca vigeva l’Inquisizione, Leonardo non poteva certamente esprimere simili critiche nei confronti del Papato, perché allora c’erano Innocenzo VIII, Alessandro VI, il Borgia. Da qui l’idea che abbia scelto di esprimere la sua critica al Papato dell’epoca con il linguaggio iconografico. Quel cane con guinzaglio messo sopra a San Giovanni Battista nella composizione è l’atto d’accusa nei confronti della corruzione del papato di allora, che privilegiava il potere temporale rispetto a quello spirituale».

Ma l’annuncio di Vinceti non convince gli addetti ai lavori. «Nessuna scoperta, interpretazione superficiale», commenta lo storico dell’arte Claudio Strinati. «Dopo la bufala delle ossa di Caravaggio e il delirio sulla Gioconda siamo ai cani simbolici», tuona il collega Tomaso Montanari. «Esiste un altro cane di dimensioni più grandi», chiosa Riccardo Magnani, cultore autodidatta di Leonardo da Vinci.

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