ROMA – Ruffiano nel Dna e amico dell’uomo da almeno 10mila anni. Se il gatto di oggi è quell’adorabile compagno a quattro zampe che tutti noi conosciamo, diventato animale domestico per eccellenza insieme al cane, lo si deve anche al suo ineffabile comportamento in grado di conquistare il cuore degli umani. 
 
Lo ha dimostrato la scienza in un importante studiopubblicato su Nature Ecology and Evolution e realizzato dall’Università di Leuven e il Royal Belgian Institute of Natural Sciences che hanno tracciato le origini dei gatti domestici: sono da ricercare fra Medio Oriente ed Egitto.  La loro successiva diffusione – tramite le migrazioni umane – è poi iniziata in tutto il mondo poco più di novemila anni fa.
 
Le origini dei gatti domesticiClaudio Ottoni è un paleogenetista italiano che negli ultimi sette anni (ora è all’Università di Oslo) si è occupato a Leuven proprio degli studi sul passato dei gatti osservati tramite il Dna. Per la prima volta infatti è stato esplorato il Dna antico di questi animali: sono stati analizzate mummie, denti, peli e reperti di oltre 200 gatti del neolitico. 
 
“Nella zona della mezzaluna fertile – racconta Ottoni a Repubblica – intorno a 10mila anni fa possiamo registrare le prime forme di addomesticamento. Nelle aree del nord Africa e del Medio Oriente erano già presenti gatti selvatici che iniziarono ad avvicinarsi ai primi insediamenti umani dove veniva sviluppata l’agricoltura, attratti dalla presenza di roditori. I gatti facevano comodo all’uomo: tenevano lontani i topi dai raccolti di grano stoccato. L’uomo cominciò a tollerarli e volerli vicino e viceversa”. 
 
Inizia così una inossidabile amicizia perpetuata nel tempo “in cui il gatto, da allora, è cambiato pochissimo” conferma Ottoni. “Se parliamo di geni il gatto odierno è molto simile a quello di allora: sono cambiati pochi tratti dovuti soltanto a selezione artificiale, ovvero a quelli ‘scelti’ dall’uomo puramente per ragioni estetiche. Io ho studiato i maiali di 10mila anni fa: se pensiamo alla loro versione selvatica, i cinghiali, sono cambiati tantissimo perché l’uomo per mangiarli li voleva più grassi, senza pelo e con precise caratteristiche. Invece con i gatti questo non è avvenuto, ad eccezione dei persiani o i siamesi che sono cresciuti in contesti isolati”.
 
I gatti attuali provengono tutti dalla specie Felis silvestris lybica ed eventuali sottospecie. “Dalle analisi del Dna mitocondriale abbiamo individuato due linee, la A per quelli medio orientali e la C per quelli egiziani. Della C ci sono tracce che riportano all’epoca classico-romana in cui i gatti cominciavano davvero ad essere accuditi non solo per la loro funzione di cacciatori di roditori ma anche a scopo domestico. Facevano compagnia”.  Da animale selvatico comincia dunque a diventare parte integrante “della vita delle persone, in alcuni casi simbolo elitario,  venerato, come sappiamo dall’iconografia egiziana”. 
 
Lo studio si sofferma anche sull’evoluzione del pelo del gatto. “Attraverso una analisi del Dna nucleare abbiamo osservato come inizialmente fosse presente il gatto cosiddetto “tigrato”. Successivamente però, probabilmente a causa della selezione dell’uomo, è iniziata la diffusione di quello maculato già dal tardo Medioevo. A quel tempo questo animale era addomesticato e da lì in poi – pur cambiando pochissimo geneticamente – è stato selezionato dall’uomo per questioni estetiche fino ad arrivare a quelli odierni”.
 
“Sì, si può dire che fossero ruffiani nel dna – continua Ottoni sorridendo – perché questo rapporto intimo fra gatto e persone registrato fin dal Neolitico evidenzia atteggiamenti di pura utilità per l’animale: dove c’era gente c’era più cibo a disposizione”. Gli umani iniziarono così a condividere le loro vite con i gatti “fino a decidere di portarli con loro durante le migrazioni, i viaggi. Stavano sulle navi tenendo lontani i topi e il diffondersi di malattie. Abbiamo trovato tracce di gatti sul Mar Baltico in epoca vichinga e ancor più sorprendentemente, seguendo la linea genetica “indiana”, abbiamo visto come certi gatti asiatici fossero giunti dall’Asia fino ai porti del Mar Rosso lungo le tratte commerciali”. 
 
Come oggi, viveva con noi e viaggiava con noi. “Il ruolo dell’uomo è stato decisivo nel conoscere i gatti come li ritroviamo adesso: prima nell’iterazione allo scopo di difendere i granai e poi nella scelta estetica avvenuta negli anni molto rapidamente, spesso per un nostro capriccio più che per interessi reali sulle funzioni dell’animale”.

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