E il gatto si pascerà con il topo. La Bibbia non lo dice, Isaia profetizza lupi che dimorano con gli agnelli e leoni che invitano a pranzo le mucche, finalmente commensali e non pietanza: ma si parla della beatitudine eterna, mica di crocchette vegetariane per gli animali domestici. 

Aspettando il paradiso, il mercato del pet food ha varcato la frontiera del cruelty free, che significa liberi dalla crudeltà, con i quattro monopolisti Nestlé, Procter & Gamble, Waltham e Hills convinti a commercializzare una linea di prodotti senza proteine animali. Il gatto è carnivoro? Si aggiunge la taurina, un aminoacido essenziale senza il quale prima diventa cieco e poi muore. Il cane è onnivoro? Si scordi comunque l’osso dell’iconografia, anche per lui cereali e taurina. 

Il mercato italiano del pet food è il terzo d’Europa, dopo Francia e Germania, e nel 2014 ha fatto registrare un volume d’affari di un miliardo e 830 milioni. Migliore performance, in termini ovviamente relativi, quella dell’unico brand italiano specializzato in cibo vegetariano, Amì di Padova. Più trenta per cento. Correre ai ripari, per i quattro big, è stato inevitabile. 

«Abbiamo precorso i tempi», si compiace il titolare dell’azienda che si chiama Emanuele Boccardo, è nato a Torino ma onora la progenie del patriota genovese Gerolamo: «Quindici anni fa ci ridevano in faccia. I gatti sono carnivori! I cani hanno bisogno di rosicchiare l’osso di bue! Mistificazioni. Nelle crocchette tradizionali mettono manzo, cavallo, trota… Avete mai visto un gatto squartare un vitello? O andare a pesca, magari con la mosca»? 

Dieci dipendenti, fatturato di un paio di milioni, stabilimento a Vicenza e magazzini a Verona, Amì ha il quartier generale a Padova ma esporta in tutto il mondo. Ultimi clienti, gli islandesi. Mercato privilegiato, Italia e Germania. La grande distribuzione ha fiutato il business e si è fatta sotto, nelle prossime settimane dovrebbe essere firmato il primo contratto importante. Silvia Mazzari, vegetariana militante, responsabile marketing: «Il segreto è stato puntare su etica e salute, due temi che stanno moltissimo a cuore ai consumatori. Come può un amico degli animali dar da mangiare al proprio gatto, o al proprio cane, un altro animale? E siamo sicuri che facciano bene gli scarti degli scarti degli scarti? Perché la taurina è nel muscolo e il muscolo è un taglio di carne destinato al consumo umano… nelle crocchette mettono i cascami, la pelle, le cartilagini. Più gli additivi e tutte le schifezze degli allevamenti intensivi».  

Nello stabilimento di Vicenza c’è una grande impastatrice che mescola cereali, vitamine, ortaggi liofilizzati. Il risultato sono crocchette a forma di cuore, non pesciolini o sagome di osso. L’educazione alimentare comincia con le piccole cose.  

Al di là del business, e delle opinioni contrarie della quasi totalità di veterinari ed etologi, l’idea di convertire gatti e cani alla dieta vegetariana rappresenta una sfida filosofica. Imporre un’etica alla natura, sconfiggere il male inconsapevole, riscattare le bestie dalla loro condizione ferina è ambizione antica dell’umanità.  

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