«Tesoro, hai dato da mangiare al cane?» No, ci pensa l’IoT. Da quando l’Internet delle cose (IoT, appunto) è entrato nelle nostre case, le abitudini sono cambiate. Le lampade si accendono a distanza, le videocamere ci mostrano il salotto mentre siamo in vacanza a Honolulu e i condizionatori si attivano da soli quando l’afa diventa insopportabile: sono solo alcuni esempi di ciò che possono fare le macchine grazie a questa tecnologia che le connette alla rete. Il problema però sorge se i sistemi falliscono. Come nel caso di PetNet, delle mangiatoie smart che dispensano il cibo al cane o al gatto automaticamente. Basta impostare l’orario e la quantità per far mangiare il cucciolo anche quando non siamo a casa e il bello è che la macchina si connette in rete per ordinare altro cibo quando finisce. Anzi, dovrebbe, perché il pasticcio nasce proprio da qui.

Colpa dei server. A causa di un errore, i server a cui si appoggia il servizio sono andati fuori uso per dieci ore lasciando una marea di cuccioli senza cibo. E l’inconveniente è successo nel momento meno opportuno: nel bel mezzo dell’estate, quando la maggior parte delle persone sono in ferie e contavano proprio sulla mangiatoia «smart» da 130 euro per far vivere bene il quadrupede di casa. Un sistema intelligente, ma non previdente: non è previsto il backup delle informazioni e, se i server saltano, i dati vengono persi. E così i cuccioli sono rimasti a bocca asciutta.

Decine di migliaia. Sul numero non c’è certezza. La casa produttrice ha dichiarato che il 10 per cento delle macchine vendute è andata fuori uso ma, visto che non dichiara le vendite, non si sa precisamente il numero di animali a digiuno forzato. Gli ultimi dati risalgono al 2015, quando veniamo a sapere che Amazon ha ordinato per la quarta volta diecimila PetNet SmartFeeder. Poi ci sono 5mila unità che nello stesso anno erano stati distribuite come test negli Stati Uniti. Questo porterebbe quindi a 4.500 vittime, ma in realtà sono molte di più. Il boom di PetNet infatti si è avuto nel corso di quest’anno ed è quindi lecito pensare che i cuccioli senza cibo siano stati nell’ordine delle decine di migliaia.

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