I fossili di una madre e della sua cucciolata sono la testimonianza più antica dei primi antenati di mammiferi comparsi sulla Terra. Trovati in Arizona, risalgono a 184 milioni di anni fa e possono aiutare a capire come si sono evolute la riproduzione e crescita dei moderni mammiferi. Lo spiega sulla rivista Nature il gruppo dell’università del Texas di Austin, guidato da Eva Hoffman.

I mammiferi sono essenzialmente definiti dalle loro strategie riproduttive, in cui quasi tutti danno alla luce luce esseri viventi che poi nutrono con il proprio latte. Una volta sviluppati, crescono sia grazie al forte investimento dei genitori su una prole relativamente poco numerosa, e sia grazie ai cambiamenti subiti dal cranio per ospitare un cervello più grande nei primi stadi di sviluppo. Tuttavia finora non era stato possibile determinare il momento esatto di questa transizione, avendo a disposizione pochi fossili preservati di giovani mammiferi e dei loro antenati.

I ricercatori americani hanno riportato alla luce una ‘cucciolata’ di giovani Kayentatherium (il cui nome significa “bestia di Kayenta”), un genere estinto di cynodonte tritylodontide vissuto nel Giurassico, sepolti insieme ad un adulto, probabilmente la loro madre. Il K. wellesi non è un vero mammifero, ma appartiene ad un gruppo che ha caratteristiche simili. Ben 38 i piccoli trovati – il doppio di quelli che ci si aspetterebbe per qualsiasi mammifero, ma un numero in linea con quelli dei rettili – il cui cranio era simile per forma, se non per dimensione, a quello dell’adulto. Ciò suggerisce, secondo lo studio, che questi animali siano cresciuti come i rettili moderni, senza subire l’allungamento del cranio osservato nei moderni mammiferi quando maturano. Unito alla vasta dimensione della cucciolata con cranio uniforme, questo dato supporta l’idea che sia stata l’evoluzione di cervelli più grandi a guidare i cambiamenti successivi nella riproduzione e nello sviluppo dei mammiferi.

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