Sei arrivato a casa nostra la sera di Halloween, normale che fossi un piccolo diavoletto. Ti avevo desiderato per tanti anni e finalmente eri lì, esistevi per davvero. Mi piacevano i cani dal pelo chiaro, mentre tu eri tutto nero, ma la faccenda non ebbe più importanza nel momento in cui ti presi in braccio per la prima volta: eri un bellissimo cucciolo e saresti diventato il mio cane. Il mio primo cane. Abbiamo scelto per te un nome, Artù, e sei entrato a far parte della nostra famiglia. 

Gli inizi spesso non sono facili, non avremmo mai immaginato, però, che potessero essere così complicati e che un cucciolotto di neanche due mesi potesse farci sentire così in difficoltà. Abbiamo capito subito che eri un cane problematico: pieno di paure, ma dal carattere forte. Appena qualcosa non ti piaceva o ti spaventava ti mettevi a ringhiare e tentavi di risolvere la faccenda usando i tuoi dentini aguzzi. Le passeggiate con te erano un incubo: non andavi d’accordo con quelli della tua specie e abbaiavi minaccioso a quelli della mia, oltre a tentare di mangiare tutto ciò che trovavi per strada. Appena varcato il cancello, mi guardavo intorno circospetta, pronta a cambiare marciapiede nel caso ci fosse stato un altro cane in vista e sperando di incontrare meno gente possibile. Già perché eri proprio bello e molti si avvicinavano a noi sorridenti con l’intenzione di accarezzarti, salvo poi guardarci con un misto di sorpresa, spavento e disappunto nell’istante in cui tu ti mettevi a ringhiare mostrando i denti. Io passavo per l’antipatica che non voleva far accarezzare il suo cane e tu venivi considerato aggressivo. Non ti piacevano le persone che parlavano al cellulare, quelle troppo alte, quelle vestite in modo strano, quelle che indossavano il casco, quelle che gesticolavano troppo. Non ti piacevano le persone. Non sopportavi, salvo rarissime eccezioni, i tuoi simili e più l’altro cane era grosso, più tu gli ringhiavi contro.  

Qualcosa stava andando storto: vedevo in giro cuccioli paciosi che si sedevano sul marciapiede per fare un riposino e cani che andavano incontro festanti alle altre persone ed erano pronti a giocare con i loro simili. Le settimane passavano e le cose non miglioravano. Mi chiedevo perché con te fosse sempre tutto così complicato. Forse ti avevano dato a noi troppo presto, forse il nostro atteggiamento protettivo non ti aiutava. Eri così bello con i tuoi occhi vispi e la coda sottile come un fiammifero che scodinzolava a mille per farci le feste. Sei sempre stato molto affettuoso: ti trascinavi dietro il tuo cuscino per metterti a dormire il più vicino possibile a noi e quando si tornava a casa esplodevi di gioia e ti mettevi a correre come un missile per tutta la casa. Quando ti innervosivi, però, non c’era verso. Non riuscivamo a gestirti, non riuscivamo a capirti.  

A un certo punto abbiamo cominciato a pensare che forse non eri il cane per noi e che noi non eravamo la famiglia per te. Quello è stato uno dei momenti più brutti della mia vita. Ti avevo portato io a casa, tu agitatissimo e io anche. Ci eravamo guardati negli occhi e tu mi avevi leccato il naso. Per me quella leccata significava “per sempre insieme”. E adesso? No, non potevamo arrenderci, non l’avremmo sopportato. 

Così abbiamo chiesto aiuto. Io e te siamo andati a scuola nel parco. Tu finalmente facevi progressi, ma soprattutto li facevamo noi. La prima cosa che abbiamo imparato è che i cani problematici non sono un’eccezione. Chiacchierando con gli altri proprietari si scopriva che il loro adorato frugoletto era sì dolcissimo con tutti, ma aveva già distrutto un divano e due poltrone. Tu non hai mai fatto danni in casa, a parte una ciabatta di mamma che un giorno hai deciso essere di tua proprietà. C’era chi non poteva lasciare il cane in casa da solo nemmeno per un secondo, mentre per te non è mai stato un problema. Insomma ci siamo resi conto che avevi tanti pregi e che sui difetti ci si poteva lavorare un po’ sopra. Mi hanno insegnato a prenderti nel verso giusto, a distinguere quando stavi facendo solo i capricci da quando eri veramente spaventato e a non iniziare una sfida che tanto non avrebbe vinto nessuno. 

Ho imparato a osservarti, a cogliere ogni minimo cambiamento nel tuo modo di muovere la coda e le orecchie, ad ascoltare il tono del tuo abbaiare. Ho imparato che il più delle volte la soluzione migliore non era sgridarti, ma tranquillizzarti. Così durante le nostre passeggiate, ogni giorno più piacevoli, passavo il tempo a ripeterti “Va tutto bene, siamo insieme” tra gli sguardi increduli e un po’ scocciati dei passanti che si erano avvicinati un po’ troppo e che tu avevi spaventato. I momenti difficili sono stati sempre di meno e avere un cane è diventata anche per noi un’esperienza straordinaria. Gli aggettivi problematico e aggressivo sono stati sostituiti con vivace, irruente, brontolone a volte, certamente fifone e senza dubbio coccolone, affettuoso e molto goloso di qualunque cibo esistente sul pianeta. Mi sono abituata a gridare “È un maschio?” appena vedo un’altra coppia a sei zampe che si avvicina. Pian piano hai smesso di tirare il guinzaglio come un disperato e hai cominciato a tollerare le persone. Oltre la tolleranza non siamo riusciti ad andare. 

Un esperto di comportamento animale mi ha detto che tu hai chiuso il cerchio: tu, io, mamma e papà. Tutti gli altri non ti interessano e più se ne stanno alla larga meglio è. Abbiamo smesso di considerare la cosa un problema, vedendo la faccenda da un’altra prospettiva: abbiamo qualcuno che vuole bene solo a noi. Non hai mai aggredito nessuno e quando ti porto a fare il passeggino serale o siamo soli in casa non mi dispiace affatto che tu abbia imparato da solo a fare il cane da guardia. Adesso hai dodici anni e non mi sembra vero. Giorno dopo giorno, anno dopo anno sei diventato il mio migliore amico, il mio fratellino a quattro zampe, a tutti gli effetti il quarto membro della nostra famiglia. Non ti porti più in giro il cuscino, non hai nemmeno una cuccia (non ti piaceva nessun modello), in compenso hai letti, divani, tappeti e tappetini che ti permettono di stare con noi in ogni stanza della casa.  

Grazie a te ho imparato il linguaggio dei cani e sono molto più attenta a quello che mi succede intorno. Nessuno come te sa accogliere qualcuno quando torna a casa, facendolo sentire speciale e raddrizzando anche la più storta delle giornate. Il risveglio è sempre una gioia con te che salti sul letto e tra zampate, leccate e codate mi comunichi tutto il tuo entusiasmo. Se qualcosa non ti va non la fai, dopo un paio di lanci di palla sei già stufo di giocare e se prendi un bastoncino è per mordicchiarlo, non certo per riportarmelo, ma nei tuoi occhi si legge l’amore assoluto, quello che non fa nessun tipo di calcolo, quello che non conosce il tradimento. Appena accendo il computer tu vieni a sederti di fianco o sotto la mia sedia, cercando le coccole e rendendo piacevole anche il più noioso dei lavori. Ogni tanto ti osservo e mi chiedo se tu sia veramente felice: non hai mai imparato a relazionarti bene con gli altri cani e forse persone diverse da noi avrebbero gestito meglio le tue paure. Poi ci mettiamo a giocare sul letto, che se qualcuno ci sente da fuori sembra che ci sia un leone feroce, ti diverti a tirarmi le maniche del maglione e quando sei stanco ti sdrai a pancia per aria chiedendo le coccole. Ci guardiamo negli occhi e siamo naso contro naso. Va tutto bene, siamo insieme.  

ELISA G.  

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