Quasi 140 euro. Se ne vanno ogni mese per comprare crocchette e scatolette per nutrire un cane di media taglia (45 euro per un gatto). Il calcolo l’ha fatto Eurispes, sulla media delle famiglie italiane. Sempre più legate ai loro «animali d’affezione».
Troppi soldi, potrebbe suggerire qualcuno. Ma le cose di cui meravigliarsi non finiscono qui: da un report dell’Ats di Brescia emerge che un animale su 23 segue il proprio padrone nelle vacanze all’estero: sono ben 2.269 i «passaporti» rilasciati dal Canile sanitario di Brescia e dai distretti veterinari dell’Agenzia. E il fenomeno non sembra arrestarsi: nei primi sei mesi di quest’anno, i passaporti «per la movimentazione degli animali d’affezione a carattere non commerciale» hanno raggiunto quota 1.092. Per ogni «documento», il proprietario sborsa 20 euro. Ma per avere quel foglio servono «microchip» sottopelle e vaccinazione antirabbica: la nota positiva è che il passaporto è un incentivo a non abbandonare gli animali, sottolineano dall’Ats.

E a guardare bene, quello del randagismo sembra un fenomeno quasi scomparso, in provincia di Brescia, I cani registrati all’anagrafe sono 45 mila, circa 7 mila i gatti, meno di due decine i furetti. Questa è la Banca dati, con nome del proprietario taglia, colore, vaccinazioni. E quelli che escono dalle mura domestiche sono almeno 1.600 l’anno: di questi, il 60-70% viene restituito ai proprietari. I restanti 500 cani (e gatti) di cui non si ha un «microchip» da controllare finiscono al canile: prima in quello sanitario dove si fanno le vaccinazioni (via Orzinuovi, a Brescia), poi nei diversi canili «rifugio», in attesa di un «affido». E la fortuna vuole che veterinari e volontari riescano a trovare una sistemazione a buona parte di questi animali: solo l’ultimo anno, per esempio, 500 dei 592 «amici a quattro zampe» hanno lasciato il canile. Con destinazione una famiglia pronta a trovargli un giaciglio e una ciotola.
Un buon risultato, se è vero che in questo modo si svuotano i tanti canili sparsi nei diversi distretti veterinari della provincia. Un trend in aumento: nel 2014 l’80% è uscito dal canile, l’anno scorso il cosiddetto «affido» ha raggiunto quota 85%.

Ma i problemi vanno risolti alla fonte. Ecco perché il servizio di «sterilizzazione» funziona ogni anno, coinvolgendo una media di 600 tra cani e gatti. Diversi sono senza padrone. E la sterilizzazione appare come una delle strade maestre per contenere il fenomeno. La legge è cambiata nel 2004: da allora, c’è l’obbligo del microchip sottopelle, che identifica in maniera inequivocabile il padrone, anche in termini di responsabilità. E se la maggior parte dei quattro zampe non crea problemi, è pur vero che l’anno scorso i veterinari di Ats hanno ricevuto 120 segnalazioni per cani «morsicatori» (in calo rispetto ai 165 del 2016), che hanno azzannato qualcuno o sono stati coinvolti in una «zuffa» tra animali. Un fenomeno che può essere indice di pericolosità dell’animale: ipotesi vagliata caso per caso, che ha trovato riscontro nel 14% delle denunce. L’Agenzia veterinaria l’anno scorso ha emesso 17 ordinanze «con obbligo di uso congiunto di guinzaglio e museruola al di fuori dell’ambito domestico, obbligo di intervento terapeutico comportamentale, obbligo di acquisire il patentino» oppure di stipulare un’«apposita assicurazione».
C’è poi tutto il capitolo del mondo felino, con il censimento e la successiva georeferenziazione delle «colonie feline». I veterinari di Ats, in collaborazione con i Comuni, registrano le colonie e, anche in questo caso, di vitale importanza è l’opera di «sterilizzazione», che riguarda quasi un migliaio di gatti l’anno.

In parallelo, però, i veterinari si occupano di curare anche i felini «traumatizzati»: 200 quelli accolti nel Canile sanitario l’anno scorso, 98 nei primi sei mesi del 2018. E grazie a un fondo regionale, l’Ats di Brescia ha deciso di ristrutturare uno spazio del canile e di realizzare una struttura per la cura dei gatti. Il «gattile» sarà operativo prima della fine di luglio. Infine, per non farsi mancare nulla, sono stati acquistati «un nuovo strumento radiologico», un «apparecchio anestesiologico», un «ecocardiodoppler». Forse troppi, visti i tagli in sanità di questi anni.

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7 luglio 2018 | 18:59

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