Rinvenuto nell’ottobre 2010 in una cava della Valmarecchia, dopo anni di studio e un accurato restauro, la porzione di cranio del Mosasaurus, gigante dei mari di 75 milioni di anni fa, è stato esposto al Museo Geologico Giovanni Capellini di Bologna.
Il fossile, il più grande rettile mai ritrovato in Italia, è stato rinvenuto da Paolo Giordani che alla fine del 2010 si imbatté, in una cava di Secchiano, in un grande blocco da cui spuntavano imponenti denti fossilizzati. Per gli esperti che ci hanno lavorato in questi anni, si tratterebbe addirittura di una nuova specie, una delle più straordinarie scoperte paleontologiche degli ultimi anni. 

Federico Fanti, che insieme ai colleghi ricercatori Andrea Cau e Alessandra Negri del Dipartimento di scienze biologiche, geologiche e ambientali dell’Alma Mater di Bologna ha curato la pubblicazione scientifica di questo ritrovamento nella rivista Cretaceous Research, è intervenuto questa mattina alla trasmissione TEMPO REALE di Radio Icaro e Icaro Tv.

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I dettagli del ritrovamento

È il più grande rettile fossile mai trovato in Italia e dal 18 ottobre 2015, grazie a un accordo tra Soprintendenza Archeologia dell’Emilia-Romagna e Alma Mater Studiorum, è esposto in via definitiva nel Museo Geologico Giovanni Capellini di Bologna, diretto dal Prof. Gian Battista Vai.
A pochi anni della scoperta casuale di questo reperto eccezionale in una cava di Novafeltria, il team di ricercatori dell’Università di Bologna è riuscito a dargli un nome e un’età: si tratta del fossile di un mosasaurus risalente alla fine del periodo Cretaceo, dunque all’incirca a 75 milioni di anni fa.
Il cranio del Mosasaurus sarà esposto in via definitiva nella grande sala del Diplodocus. Per l’occasione il reperto sarà collocato su un’apposita piattaforma con illuminazione dedicata, base rotante e pannellistica per garantirne la fruizione da tutti i visitatori.
La data del 18 ottobre è stata scelta perché coincide con la giornata d’apertura della ‘Settimana del Pianeta Terra’, iniziativa a cui il Museo Capellini partecipa da anni con numerosi eventi destinati al grande pubblico.

Il mosasauro di cui è stato rinvenuta una porzione di cranio a Novafeltria era un animale gigantesco: lungo dalla punta del muso alla fine della coda più di 11 metri e con una testa lunga un metro e mezzo. È il più grande rettile fossile rinvenuto in Italia.
Ciò che cattura l’attenzione sono i denti possenti, lunghi fino a 10 centimetri: quelli del mosasauro di Novafeltria mostrano i segni di usura tipici dei grandi predatori e confermano che questo animale era in grado con il suo morso di provocare profonde ferite e frantumare le ossa delle sue prede.

Per giungere all’identificazione del rettile, il team composto da Federico Fanti, Andrea Cau e Alessandra Negri, ha unito le diverse competenze per capire sia la successione sedimentaria da cui è stato estratto il reperto, sia di che animale si trattasse.
Lo studio dei microfossili contenuti nelle rocce ha permesso ad Alessandra Negri di datare il fossile mentre le analisi di Federico Fanti ed Andrea Cau hanno identificato il reperto come la parte anteriore del cranio di un grosso rettile, per la precisione un mosasauro.
I mosasauri erano grandi rettili marini, lontani parenti dei serpenti e delle lucertole, comparsi 100 milioni di anni fa ed estinti –assieme ai dinosauri– 65 milioni di anni fa. I mosasauri erano “tornati” a vivere in mare, adattando il loro corpo all’ambiente acquatico. Per molti aspetti, il loro stile di vita ricorda quello delle balene e delle orche, e come queste ultime erano feroci predatori armati di denti molto robusti. Dopo i dinosauri, i mosasauri sono i più grandi rettili vissuti sulla Terra, con alcune specie lunghe una dozzina di metri e pesanti fino a 10 tonnellate.

In Italia i resti di mosasauro sono relativamente pochi, rinvenuti per lo più in Veneto.
Il merito della scoperta di Novafeltria va a Paolo Giordani che alla fine del 2010 si imbatté, in una cava in località Secchiano, in un grande blocco da cui spuntavano imponenti denti fossilizzati.
Dopo una prima segnalazione al geologo Loris Bagli e a Maria Luisa Stoppioni, del Museo della Regina di Cattolica, il reperto è stato consegnato alla Soprintendenza Archeologia dell’ Emilia-Romagna, competente per la tutela, che a sua volta lo ha affidato ai ricercatori del Dipartimento di scienze biologiche, geologiche e ambientali dell’Alma Mater di Bologna, Federico Fanti, Andrea Cau e Alessandra Negri che hanno anche curato la pubblicazione scientifica di questo ritrovamento nella rivista Cretaceous Research.

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